Il focolaio nel centro di accoglienza dei migranti della Croce Rossa. Da lunedì chi è risultato negativo al quarto tampone può uscire, ma in giro non si vede nessuno. Se non curiosi con lo smartphone in mano
JESOLO. Una delle prime a uscire dai cancelli della Croce Rossa è stata di una donna. È sfrecciata via, in sella a una bicicletta con la maschera ben aderente al volto, maglietta colorata, fuseaux, capelli ordinati. Ha varcato l’ingresso principale lunedì mattina dopo la quarantena per andare probabilmente a fare acquisti, magari per comperare quello che l’ente che gestisce la struttura non può assicurare agli ospiti.
Un’uscita passata quasi inosservata. Già, perché, in realtà non c’è un grande via vai dalla sede Cri del lido dopo che è stato dato il sostanziale via libera ai circa 60 migranti risultati negativi al tampone che ora possono uscire in virtù di un accordo con la Prefettura molto chiaro.
Devono tuttavia indossare la mascherina, rispettare le prescrizioni anti contagio come le distanze interpersonali. È un loro diritto uscire ed è stato concesso al di là di discussioni e polemiche che infuriano da giorni.
In via Levantina, arteria parallela al mare che passa davanti all’ospedale e la Croce Rossa per collegare il lido alla zona est e la Pineta l’area sembra rarefatta, come se tutta la struttura e il vasto parco fossero all’interno di una grande bolla pronta a scoppiare da un momento all’altro. La gente che vive da queste parti commenta con disprezzo: «Dovrebbero restare tutti dentro almeno adesso, non mettere a rischio anche la nostra comunità, oltretutto in una città turistica che vive di immagine».
Le riflessioni sono più o meno tutte di questo tenore. Difficile trovare qualcuno che la pensi in modo differente. Diversi passano, osservano e fotografano con lo smartphone, pronti a chiamare le forze dell’ordine per far rispettare le regole: una specie di volontari delle ronde spontanee.
Pochi ricordano che il primo contagio, il caso zero della Croce Rossa, è risultato positivo dopo una visita all’ospedale propedeutica a un intervento ortopedico a una gamba. E che molti migranti lavorano nelle aziende agricole, qualcuno anche nel turismo. Molti sono a Jesolo dal 2016 e quindi si sono positivizzati qui.
«Che li portino via tutti», fa eco un signore che pedala in bicicletta. I pochi turisti stranieri che si intravedono durante la settimana e che passano davanti alla sede della Cri non sanno cosa stia accadendo, e non paiono particolarmente interessati. Da queste parti si vedono ragazze bionde, tedesche e austriache che raggiungono gli hotel e resort. E tanti giovani che vanno verso piazza Milano. Loro pensano alle vacanze, non ai migranti.
Sono il nocciolo duro dei turisti che si vedono a Jesolo per brevi vacanze e che non hanno rinunciato alla settimana di sole nonostante le paure dei contagi in mezzo mondo. Ma al ristorante bar quasi di fronte, il conosciuto Papillon-l’onorevole, il titolare Ennio Cappiotto ne sente di tutti i colori ogni giorno da dietro il bancone: «Non è un mistero che negli hotel della zona ci sono state disdette dei turisti, italiani e anche stranieri. Tutti sono convinti che i migranti debbano restare dentro. Noi ci siamo fatti due mesi di lockdown, non credo sia così terribile restare chiusi dentro per un po’, visto che hanno tutto ciò che gli serve per vivere». Ora all’interno ci sono 58 i migranti che sono risultati negativi ai tamponi, poi i 12 contagiati che devono restare in isolamento. Resta il presidio delle forze di polizia e l’esercito che sbarrano la strada a chi volesse entrare senza autorizzazione. E, infatti, quello che accade adesso tra le mura della sede è un mistero anche per l’amministrazione comunale. Non ci sono comunicati ufficiali della Croce Rossa, non si possono formulare domande. Si può solo osservare dall’esterno e immaginare. Il presidente regionale della Cri, Francesco Bosa, responsabile del centro d Jesolo, non risponde. Anche il sindaco non è più riuscito a parlarci e ne chiede il commissariamento attribuendo alla gestione della Croce Rossa i problemi emersi con i contagi. —
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