ASOLA. È iniziato nei giorni scorsi il cantiere per il secondo e ultimo lotto della bonifica finale dell’ex Flucosit, il complesso chimico che per 40 anni ha inquinato il proprio sito di Castelnuovo di Asola. Il lavoro di disinquinamento dei terreni durerà 30 mesi per concludersi il 15 dicembre del 2022. Saranno allora passati 26 anni dai primi colpi di ruspa delle operazioni di rimozione dei veleni penetrati nei terreni e nelle falde. Nel frattempo, nonostante le ricerche effettuate, la girandola delle proprietà ha fatto sì che non sia stato possibile risalire ad un responsabile al quale accollare i costi dell’inquinamento che sinora sono sommati a circa 60 milioni di euro, tutti a carico della collettività.
La parte finale della bonifica è stata finanziata con 10 milioni dalla Regione. A partecipare alla gara europea, 4 ditte. Vincente è risultata l’Ambienthesis azienda milanese che ha completato la prima fase. La ditta, oltre a presentare soluzioni tecniche innovative, ha offerto uno sconto del 39,03% sull’importo messo a gara di quasi 7,8 milioni (sette milioni e 798mila euro). Il ribasso d’asta ha portato il costo dei puri lavori a poco più di quattro milioni e 750mila euro. Il ribasso, collocato nelle “somme a disposizione” servirà per le future possibili varianti, delle quale una, da 137mila euro è già partita. Si tratta dell’anticipo del disinquinamento delle falde attraverso la tecnica dell’insufflazione di ossigeno. Si è preferito stralciare ed eseguire subito la parte che finirà sotto il futuri cumulo dei terreni lavorati, una collinetta che man mano verrà creata con il secondo lotto dei lavori.
La fase uno, che doveva costare circa 7 milioni di euro, nelle previsioni era destinata a bonificare 27mila metri cubi di terreno. In realtà ne sono stati lavorati quasi 40mila che oggi costituiscono la prima delle due collinette dove saranno confinanti i terreni inquinati, ma non pericolosi. Questo sistema, il tombamento sul posto, è stato adottato per far diminuire i costi, inizialmente stimati in 30 milioni e poi ridotti a 20 in due tranche da dieci.
In questa seconda tranche, al via dal 17 di giugno, la più ampia delle due, si scaveranno 90mila metri quadri con una previsione di trattamento di circa 100mila metri cubi. Gli scavi avranno profondità variabile dai 2 ai 5 metri a seconda della penetrazione dei solventi nel terreno. In questa fase si procederà anche alla demolizione dei fabbricati e delle cisterne fuori terra.
Il vecchio complesso petrolchimico che inizialmente trattava asfalti e poi lavorava il benzolo (derivato del petrolio) nelle torri di frazionamento per produrre composti chimici, fra i quali la naftalina, funzionò per 40 anni a Castelnuovo causando un profondo inquinamento di terreni e falde. A metà degli anni ’90, dopo aver raccolto le segnalazioni dei residenti che lamentavano forte odore di solventi uscire dall’acqua dei rubinetti domestici ed avere eseguito le prime sconcertanti prove sui terreni che classificarono Castelnuovo di Asola fra i dieci siti più inquinati della Lombardia, si avviò una ingente opera di bonifica.
Il primo tentativo fu fatto nel 1996 dalla napoletana Castalia, seguirono altre aziende, come la Daneco, sino all’ultima, l’Ambiethesis che ha chiuso nel 2017 il primo lotto da 10 milioni della bonifica finale. Il secondo lotto doveva partire a inizio 2019, ma è stato rinviato consentendo di far avviare contemporaneamente anche la parziale bonifica delle falde. —
