Alessandro Zelioli
CASTELNOVO MONTI
Stefano Fioroni ha vinto il titolo italiano 2019 Velocità Fuoristrada Gruppo M su un prototipo Suzuki motorizzato con due motori da moto della stessa casa, i TL 1000 R. Un titolo confermato da pochi giorni dalla Csai che ha radunato a Monza, poco prima del Covid, piloti e addetti ai lavori per le premiazioni di rito. E il cardiologo di Costabona di Villa Minozzo, ancora una volta, si è dimostrato il migliore, vincendo il suo quarto titolo italiano. E quel trofeo gli ha dato slancio per combattere poi la battaglia più importante: Fioroni ha combattuto il Covid, prendendo una “sportellata” che ha rischiato di metterlo al tappeto. «La vita è come una corsa in auto – racconta Fioroni, 60 anni compiuti il 21 aprile, in piena lotta contro il Covid – ci sono momenti difficili che occorre superare. Per riuscirci servono una buona scorza e una discreta dose di fortuna. È quello che è successo a me quando ho contratto il virus e anche durante il campionato».
Certamente la prima sfida, è stata la più impegnativa.
«Quando si parla di salute, non ci sono paragoni che reggano. Il campionato che ho vinto è stato duro e faticoso, con componenti di rischio a volte trascurate o non prese in considerazione. Ma in pista si corre ad armi pari, con i sistemi di sicurezza necessari. Il virus no, quello è subdolo. Ti colpisce senza sapere da dove arriva e in che modo puoi batterlo. No, davvero tutta un’altra storia».
Un episodio che si può archiviare?
«Direi di sì, dal momento che sono tornato a esercitare la professione e quindi ora posso parlare al passato. È stata molto dura. Ho avuto paura, ma sono guarito. E ora posso tornare a pensare alle auto».
Si aspettava di vincere quel campionato?
«Ho lottato sin dalla prima corsa per tornare a essere campione (Fioroni era già salito sul gradino più alto tre volte, nel 2012-2015-2016, ndr) ma vincere è sempre molto complicato. Ci sono riuscito e sono davvero felice. Andare a Monza a ritirare il premio mi ha emozionato. Sentire proclamare il proprio nome tra quello di tantissimi campioni, mi ha fatto sentire importante».
Nella sua professione sa gestire le emozioni. Non si sarà mica commosso.
«Beh se commuoversi vuol dire aver versato lacrime di gioia, no. Almeno non visibili all’esterno».
A chi dedica questo titolo?
«Alla mia testardaggine da montanaro vero. Che non molla mai, che cerca sempre il pelo nell’uovo. E alla mia famiglia, senza la quale non sarei riuscito a superare il brutto momento successivo ai festeggiamenti».
Un inizio 2020 da dimenticare, dunque?
«Da marzo in poi, certamente – ride divertito il cardiologo reggiano –. Ma ora, pensiamo a quando inizierà la stagione dove dovrò difendere il titolo». —
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