Il dottor Kahfian è uno dei coordinatori della task force dell’Igiene pubblica Ausl. Si occupa dell’indagine epidemiologica per evitare la diffusione del contagio
MODENA. Oggi in provincia sono circa 680 le persone in isolamento fiduciario nella propria abitazione (o in hotel) perché entrate in contatto con un contagiato. Un numero dieci volte inferiore a quello registrato nel periodo “clou”, dal momento che nella giornata di massimo picco del 3 aprile si è toccata quota 4mila. Se il Covid-19 rende problematico conoscere chi esce di casa senza sapere di essere infetto (perché asintomatico), il contact tracing consente di rintracciare tutte le persone che sono state vicine a un positivo, evitando, così, che diventino “corrieri” inconsapevoli del virus. Ecco come è avvenuto e come avviene il tracciamento dei contatti, spiegato da Zaynalabedin Kahfian, uno dei medici che ha coordinato la task force Covid istituita dall’Ausl presso il dipartimento di Sanità Pubblica di Modena.
Dottore, a Modena come è avvenuto il contact tracing?
«Il contact tracing ha impegnato, presso il dipartimento di Sanità Pubblica, circa 200 persone, tra medici, assistenti sanitari e infermieri. Tutte le mattine riceviamo dal laboratorio le segnalazioni dei casi Covid positivi e, attraverso l’anagrafe sanitaria, risaliamo alla persona. A seconda della situazione contattiamo direttamente il paziente o un suo famigliare stretto e iniziamo l’indagine epidemiologica».
In cosa consiste?
«È una piccola indagine sul cosiddetto “caso indice” attraverso la quale raccogliamo i dati personali, informazioni sul momento in cui sono iniziati ad insorgere i sintomi, quando è iniziato e dove l'eventuale ricovero, il giorno in cui è stato eseguito il tampone ecc. All’inizio, quando ancora i casi giornalieri in città si contavano sulle dita di una mano, la prima cosa da indagare era se la persona positiva era a stretto contatto con un caso Covid già confermato. Il caso, ad esempio, del marito che viveva con la moglie positiva. Poi si chiedeva se nei 14 giorni precedenti all’insorgenza dei sintomi era stata in una delle zone rosse italiane o se era rientrato da uno dei Paesi a rischio indicati dal Ministero come Cina, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud. Si ricostruiva dunque la storia di viaggio del malato. Ora questo passaggio non ha più senso farlo, naturalmente, perché i contagi ormai avvengono sul nostro territorio. A quel punto cominciamo a tracciare i contatti “a rischio” andando a indagare, dalla comparsa della sintomatologia, le 72 ore precedenti».
Come?
«Si comincia dai contatti famigliari stretti per poi passare a quelli lavorativi, contattando un responsabile dell’azienda per capire con quali altri lavoratori la persona ha avuto contatti regolari. Dopodichè si passa ai contatti sociali, quelli ad esempio frequentati durante un’attività di volontariato, piuttosto che in una polisportiva. Si indaga poi il diario degli spostamenti per capire, ad esempio, se questa persona per andare a lavorare ha preso l’autobus da Modena a Formigine o il treno o la macchina sulla quale caricava alcuni colleghi».
E una volta tracciati i contatti cosa succede?
«Per tutti i contatti stretti e regolari scatta un isolamento domiciliare di 14 giorni, a partire dall’ultimo contatto. Nel momento in cui i casi erano diventati tantissimi e il numero di tamponi disponibili era limitato, li facevamo solo ai contatti sintomatici. Ora invece a tutti, sintomatici e asintomatici, con priorità ai primi. Con gli asintomatici procediamo con il tampone alla fine del 14° giorno, prima di sciogliere l’isolamento, che può avvenire solo a seguito di due tamponi, distanziati almeno 24 ore l’uno dall’altro, con esito negativo. Per tutto il periodo siamo impegnati con una sorveglianza attiva giornaliera».
In media, una persona positiva, quante persone “costringeva” all’isolamento?
«Da 3 fino anche a 30, in media 7-8 persone. Nel corso dell’emergenza il “caso tipo” di positivo è cambiato, se prima si trattava soprattutto di persone anziane ospedalizzate o in strutture, ora sono lavoratori, in particolare quelli che vivono all'interno di un contesto abitativo numeroso. Qualora non ci siano le condizioni per poter fare l’isolamento presso il proprio domicilio, attraverso la mediazione della Protezione Civile le persone vengono sistemate nell’ultimo albergo Covid attivo, il Tiby di Modena». —
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