A tre mesi dall’inizio dell’emergenza Covid, un lavoratore su quattro tra quelli per cui è stata chiesta la cassa integrazione o un altro ammortizzatore non ha ancora ricevuto un euro. Un passo avanti, certo, rispetto alla situazione di fine aprile quando più di metà dei potenziali beneficiari era in attesa di un aiuto. Ma intanto è passato altro tempo e 1,8 milioni di persone – soprattutto dipendenti di piccole aziende e lavoratori già “deboli” come quelli degli appalti dei servizi mensa e delle pulizie – restano senza reddito. Mentre più di 800mila autonomi non hanno avuto risposte sul bonus di 600 euro. Una situazione che “può generare tensioni sociali che il Paese non può permettersi”, hanno avvertito i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil Tania Scacchetti, Luigi Sbarra e Ivana Veronese in una lettera alla ministra Nunzia Catalfo e al presidente Inps Pasquale Tridico. Che nel frattempo deve far fronte anche alle domande per il reddito di emergenza e per il bonus baby sitter potenziato e prepararsi a gestire la cassa in deroga finora in mano alle Regioni. A breve, poi, verrà al pettine un altro nodo doloroso: a metà giugno molte imprese avranno finito le prime nove settimane di ammortizzatori per Covid e non potranno chiederne altre fino a settembre.
Per 4,1 milioni cassa anticipata dall’azienda. Da Inps 2 milioni di pagamenti – Dai dati Inps aggiornati al 25 maggio risulta che 1,1 milioni di imprese hanno chiesto sostegno per 7.946.992 lavoratori. Tra loro, 4,1 milioni hanno ricevuto l’ammortizzatore attraverso un anticipo versato dal datore di lavoro che riceverà poi il conguaglio dall’Inps. Mentre l’istituto ha pagato direttamente solo 2 milioni di assegni. L‘anticipo bancario è risultato così complicato da chiedere che ne ha usufruito una decina di lavoratori su 100. Restano scoperte, appunto, 1,8 milioni di persone, anche se l’istituto conteggia ufficialmente tra i “beneficiari da pagare” solo i 778mila per i quali sono state inviate e non sono ancora state evase le richieste di pagamento diretto. Se il lockdown ha colpito le attività delle loro aziende allo stesso modo o quasi, gli ammortizzatori non sono arrivati per tutti di pari passo.
Cassa in deroga solo a metà dei lavoratori – “La cig ordinaria con causale Covid”, per la quale sono state fatte circa 4 milioni di domande, “più o meno è arrivata a destinazione”, spiega a ilfattoquotidiano.it Veronese della Uil. “Al contrario sulla cassa in deroga”, chiesta per 1,38 milioni di lavoratori, “a causa del “tappo” delle Regioni, è arrivata poco”. Sono 674mila i beneficiari pagati: la metà di quanti avrebbero diritto a quei soldi. Infine c’è l’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale (Fis) che copre per esempio i settori commercio, servizi e turismo: chiesto per 2,5 milioni di addetti, è stato versato dall’Inps solo a 409mila persone. Non ci sono dati ufficiali su quante aziende lo abbiano anticipato, ma le proteste di lavoratori di ristorazione, alberghi, mense e scuole da Milano a Roma dimostrano che sono tanti a non aver visto un soldo.
“In attesa quelli che già prima erano più deboli. Serviva riforma degli ammortizzatori” – Chi ancora aspetta, insomma, “sono spesso persone con redditi bassi come le lavoratrici delle mense, o con attività discontinue come le guide turistiche“, commenta la segretaria Uil. “O lavoratori che fuori dall’emergenza non hanno nemmeno diritto ad ammortizzatori in costanza di rapporti. Non ci si può ricordare di alcuni settori solo quando scoppia una crisi come questa. Già lo scorso dicembre avevamo fatto presente alla ministra Catalfo che urgeva una riforma perché troppi restavano scoperti”. Ora, con il decreto Rilancio, “si è modificato il meccanismo della cassa in deroga trasferendo le competenze all’Inps, che dovrebbe anche anticiparne il 40% ai beneficiari. Ma varrà a partire da giugno”. E il meccanismo non è per nulla snello: occorre presentare una domanda a metà mese per l’anticipo e una per il consuntivo con il dettaglio delle ore di cassa effettivamente usate. Se l’anticipo risulta superiore al dovuto, i soldi andranno restituiti.
Il buco di giugno: “I piccoli resteranno senza rete” – Ma proprio a giugno si aprirà un’altra falla in cui rischiano di finire i lavoratori le cui aziende il mese prossimo avranno finito le nove settimane di ammortizzatori per Covid. “Le cinque settimane aggiuntive previste dal decreto Rilancio vanno fruite entro il 31 agosto”, ricorda Vincenzo Silvestri,consigliere nazionale dell’ordine dei Consulenti del lavoro. “Chi ha iniziato la cassa a marzo le finirà entro metà giugno e a quel punto per averne altre quattro dovrà attendere settembre. Nel frattempo fino al 17 agosto c’è il divieto di licenziare. Le aziende come faranno? Quelle ancora ferme dovranno sospenderli o cercare di ottenere ammortizzatori ordinari, che però hanno requisiti più rigidi e non sono accessibili a tutti: i “piccoli” che ora hanno la cig in deroga resteranno senza rete. In attesa che l’Inps calcoli l’effettivo tiraggio della cassa, con la speranza che avanzi qualcosa”. L’altra speranza è che arrivi qualcosa dal fondo europeo Sure che potrebbe essere operativo da luglio. Ma è tardi secondo Antonino Alessi, presidente dei Consulenti del lavoro di Palermo, che avverte: “Se in fase di conversione in legge del Dl Rilancio non sarà inserito un ulteriore periodo di tre mesi di cassa integrazione in deroga, o comunque uno strumento di protezione sociale ed imprenditoriale, in Sicilia decine di migliaia di lavoratori quest’estate non avranno accesso ad alcuna forma di reddito”.
I 600 euro: oltre 800mila domande in attesa – Quanto ad autonomi, cococo e professionisti, l’Inps ha versato l’indennità di 600 euro prevista dal decreto Cura Italia e prorogata dal decreto Rilancio a poco meno di quattro milioni di persone a fronte di 4,8 milioni di domande pervenute. Sono quindi oltre 800mila quelle ancora in istruttoria, che come anticipato dal presidente Pasquale Tridico “per la maggior parte saranno rifiutate”. In 250mila casi il problema è stato l’Iban non corrispondente ai dati del richiedente – l’istituto non esclude tentativi di frode – e altre 500mila persone non avevano i requisiti. Tra loro però ci sono anche molti stagionali le cui domande “sono state respinte per problemi di codifica delle pratiche”, rivela Silvestri. “In pratica all’istituto il loro codice risultava non corrispondente a quello del lavoro stagionale. Ora ci hanno assicurato che rivedranno le richieste in automatico…”. Ma c’è anche chi ha ricevuto il bonus e potrebbe doverlo restituire, anche se l’Inps su questo non ha voluto fornire dati.
Bonus baby sitter a 1.200 euro: richieste bloccate fino a lunedì – Nemmeno sul fronte degli aiuti ai genitori che lavorano tutto è filato liscio. Sono stati erogati 269.328 congedi straordinari, pochissimi se confrontati con gli 1,7 milioni di beneficiari stimati dalla Relazione tecnica del cura Italia. Forse perché sono pagati al 50% e per ottenerli occorre che non ci sia un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito. Le domande di bonus baby sitting da 600 euro – alternativo al congedo – invece sono state 191mila, di cui 154mila in corso di fruizione, in linea con le previsioni. Ma ora gli intoppi informatici e burocratici dell’Inps stanno complicando le cose. Nonostante il decreto Rilancio sia in Gazzetta ufficiale dal 19 maggio, fino a lunedì 1 giugno non sarà possibile fare domanda per i due nuovi bonus per servizi di baby sitting e iscrizione ai centri estivi e servizi integrativi per l’infanzia, raddoppiati a 1.200 euro. “L’Inps ha assicurato che sono in fase di adeguamento le procedure informatiche per consentire entro la prima settimana di giugno la presentazione della domanda”, ha detto la ministra per la Famiglia Elena Bonetti durante il Question Time alla Camera.
Intanto, l’istituto deve anche far fronte a 100mila domande di reddito di emergenza e 44mila per l’indennità di 500 euro riservata ai lavoratori domestici.
L'articolo Coronavirus, il punto sugli aiuti dopo tre mesi di emergenza – Cassa chiesta per 8 milioni di dipendenti: uno su 4 ancora aspetta. Autonomi, 800mila in stand by per il bonus proviene da Il Fatto Quotidiano.