Nel filone dei live-action dei classici Disney, il 2019 è giunto al terzo film: dopo tanti mesi di attesa e commoventi trailer, Il Re Leone è finalmente approdato nelle sale italiane dal 21 agosto, mentre nel mondo (negli Stati Uniti è uscito lo scorso 19 luglio) sta già macinando incassi che superano il miliardo di dollari.

Proprio mentre il suo precedente animato, del 1994, compie 25 anni, arriva il reboot, perché il live-action del Re Leone, di fatto, è una pellicola di animazione: anche se il CGI arriva a livelli talmente realistici da fare sembrare il film un documentario, si tratta pur sempre di grafica d’animazione.

Con le dovute proporzioni, Il Re Leone di Jon Favreau – che aveva compiuto un lavoro eccellente proprio con il live-action de Il Libro della Giungla – è un film complesso, nel senso che è difficile coglierne solo gli aspetti positivi o negativi, esistenti in uguale misura nel bilancio complessivo. Ecco una possibile valutazione.

Il Re Leone, quello che (ci) è piaciuto: i pro

Live-action o documentario?

Quando sono state diffuse le prime immagini e il primo trailer de Il Re Leone, il muso delle leoncino destinato a diventare sovrano della savana aveva commosso più di una persona, esattamente come succede di fronte a qualsiasi cucciolo. Perché? Per il livello altissimo della computer grafica del film, che è tale da rendere il disegno talmente realistico da convincere che gli animali siano reali. L’effetto, che investe anche i paesaggi ma che inevitabilmente è particolarmente accentuato con gli animali, è quello di un documentari, soprattutto perché, a differenza de Il Libro della Giungla, manca un attore in carne e ossa a permettere la distinzione tra grafica e realtà. Da questo punto di vista, chapeu a chi è riuscito a rendere realistico il disegno grafico.

Il Re Leone (2019)

Il Re Leone (2019)

Il Re Leone (2019)
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L’oscurità di Scar

Di tutti i personaggi che dal cartone animato sono stati adattati in CGI, quello che paradossalmente colpisce di più è Scar. Il fratello di Mufasa nonché zio di Simba, tradizionalmente il cattivo del film, nella versione 2019 acquista maggiore intensità. Un po’ grazie alla scelta della grafica, che trasforma anche fisicamente il corpo del personaggio in quello di un leone che riporta i segni di una vita non esattamente lussuosa, ma soprattutto perché è Scar quello meglio caratterizzato: più ambiguo e manipolatore, oscuro senza redenzione e psycho – quasi un Joker in versione leonina. Ben venga l’arrivo della tendenza a tratteggiare cattivi degni di essere chiamati tali anche nelle pellicole “per bambini”, in nome di un realismo che è più apprezzato dal pubblico adulto senza turbare il pubblico più giovane – e, nel contempo, preparandoli a un mondo reale dove i cattivi poi non diventano magicamente buoni.

La colonna sonora con riserve sul doppiaggio

Tra i punti di forza de Il Re Leone del’94 c’erano la musica e la colonna sonora, tanto che il film vinse due Oscar in quelle categorie. La musica c’è anche nel suo reboot del 2019, che nella versione originale ha scomodato nientepopodimeno di Childish Gambino e Beyoncé. Non male anche la versione italiana, perché Marco Mengoni e Elisa sono delle splendide voci che interpretano egregiamente i brani – anche se spesso le traduzioni perdono un po’ rispetto agi originali. È stata buona anche l’idea di far doppiare ai cantanti anche i dialoghi, almeno in teoria: nella pratica – spiace dirlo – forse Mengoni (più di Elisa) avrebbe potuto fare qualcosa in più, poiché il risultato è piuttosto piatto. Bene il resto del cast, anche se i confronto con i doppiatori del’94 è piuttosto forte.

Il Re Leone, quello che non (ci) è piaciuto: i contro

Dov’è finito lo humor?

Dispiace molto dirlo, ma tra le poche cose che il live-action – che dura mezz’ora più del cartone originale – non riesce a ricreare, è quello spirito di leggerezza dato da alcune scene e determinati personaggi particolarmente divertenti. L’uccelletto Zazu perde molto del suo spazio ed è un peccato, perché nella versione originale era un volatile spassoso, così come il duo di amiconi, il facocero Pumbaa e il suricato Timon, pur mantenendo (per fortuna) l’allegria che li contraddistingue, appaiono un po’ sottotono, per cui le loro gag risultano slegate alla narrazione. Perfino i numero di Hakuna Matata, preziosa filosofia (spiccia) per la generazione dei Millennials, in questo film appare fuori posto: il messaggio perde efficacia e appare piuttosto superficiale e poco attuale e non basta il momento cross-over (comunque divertente) con La Bella e La Bestia a sopperire tale mancanza.

Il Re Leone (2019)

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Il Re Leone (2019)
Disney

La mancanza di empatia di (e per) Simba

Il piccolo Simba viene mostrato appena nato e provoca molta tenerezza. Poi comincia ad aprire bocca e diventa uno dei personaggi più insopportabili degli ultimi film di genere. Anche nel cartone originale il leoncino non brillava per simpatia, almeno all’inizio, ma la sua evoluzione in adulto, mitigata anche dai personaggi secondari più divertenti, rendeva più sopportabile la supponenza ottusa che invece rimane inalterata dall’inizio alla fine. Soprattutto a causa del protagonista, Il Re Leone versione 2019 è piuttosto freddo, raggiungendo l’apice dell’anaffettività nella scena della morte di Mufasa, totalmente priva di pathos e di commozione da parte del piccolo leone. A parte le prime immagini del leoncino neonato, Simba rimane un personaggio privo di empatia, che fa quasi sperare nel trionfo di Scar.

E dov’è finita la magia?

Proprio l’incredibile qualità della computer-grafica, che riesce a disegnare gli animali in maniera così realistica da farli sembrare veri, priva però i personaggi di quella umanizzazione che contribuiva alla magia del cartone. Non ci sono più le espressioni buffe dei cuccioli alle prese con la scoperta del mondo e via dicendo: senza emozioni, non si riforma la magia del cartone originale. Questo rafforza la “solita” perplessità sulla necessità di produrre live action dei classici Disney, che finora hanno avuti esiti alterni: per quel che riguarda i titoli dell’anno, Dumbo di Tim Burton è stato divisivo, mentre Aladdin ha divertito. Nel caso de Il Re Leone, però, ci si aspettava qualcosa di più, che però purtroppo non è arrivato. L’unica aggiunta, quella delle leonesse riunite, appare forzata e forzosa, come se la quota “metoo” ormai sia una tassa da pagare senza alcun significato.

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