Bisogna dirla tutta: Ursula è tosta.
E oggi al Parlamento europeo ha steso tutti. Sicura di sé, tailleur perfetto con giacca rosa, sguardo gelido e deciso, ha fatto un discorso ampio, appassionato e fortemente europeista. Se la osservi bene mentre parla senza gesticolare troppo, mentre ripercorre la sua biografia snocciolando uno dopo l’altro i suoi incarichi ministeriali, con la nonchalance con cui noi parliamo dell’ultima apericena, l’invidia sale. Come ha fatto questa donna a fare il medico, crescere 7 figli, fare tre volte il ministro e non avere nulla di scomposto, nemmeno un capello? Noi che con uno o due figli arriviamo a sera stramazzate. Certo, appartenere all’alta e ricca borghesia tedesca aiuta, ma Ursula ha qualcosa in più: determinazione in dosi massicce, sicurezza da vendere. Non sorprende che sia lei la vera e unica delfina di Angela Merkel; quella che tra poco, forse, diventerà la “Cancelliera” d’Europa.
Nel discorso di oggi a Strasburgo, la Von der Leyen ha completamente cambiato registro. Ha spostato il baricentro un po’ più a sinistra e soprattutto verso posizioni decisamente europeiste. E va detto che gli eurodeputati Pd, con i Socialisti, non hanno mai mollato la presa, condizionando il proprio voto a un chiaro spostamento delle posizioni politiche verso istanze molto precise, come una maggiore flessibilità sugli investimenti, cambiamento radicale sui migranti e Pilastro sociale. La von der Leiyen ha risposto e ha preso le distanze dai partiti sovranisti in tre mosse.
Primo. Ha messo sul piatto una lista di politiche sociali che avrebbe fatto impallidire anche un fervente europeista come il Delors degli anni Novanta: salario minimo europeo e condizioni dignitose di lavoro per tutti, Garanzia giovani permanente, Garanzia minori, indennità di disoccupazione a livello europeo; nuovo Fondo di transizione per le categorie più deboli in modo da “non lasciare indietro nessuno”.
Secondo. Ha rovesciato il rapporto tra economia e società. L’economia è al servizio delle persone e non viceversa. La politica fiscale, economica e monetaria non può decidere in ultima istanza delle sorti delle comunità (un ripensamento sulla crisi greca del 2015?). Il richiamo all’economia sociale di mercato, caposaldo della cultura politica tedesca, fatta di concertazione e di dialogo sociale, vuol dire, se abbiamo capito bene, no all’austerità. E vuol dire anche dare una mano non solo alle multinazionali (da tassare senza esitazioni, insiste la VdL), ma soprattutto alle piccole e medie imprese, schiacciate da regole e procedure burocratiche spesso insostenibili.
Terzo. Ha finalmente aperto a una visione di Europa nuova, forte, solidale. Da cambiare con la prima legge europea sul cambiamento climatico, da strattonare sui corridoi umanitari, da rimodellare a misura di donne e bambini. Un’Europa che non deve perdere tempo, come le chiedono i figli, e un’Europa che, come invece le racconta il padre, assomiglia a un matrimonio un po’ ingiallito e a volte stanco, ma in cui l’amore tra i partner è ancora più profondo dell’inizio. Applausi.
Siamo tutti politicamente vaccinati. Sappiamo bene che Ursula oggi ha promesso tutto quello che poteva in cambio di un’elezione così importante; riuscirà a tradurre gli annunci in cose concrete? Il dubbio rimane. Ma il fastidio dimostrato dai sovranisti e in particolare dalla Lega che ora sono in forte imbarazzo, dopo il discorso di oggi, a dare il proprio voto alla candidata di Merkel e Macron e l’aver accolto molte delle istanze dei Democratici, fanno ben sperare.
Se le promesse della VdL, irrobustite dalla presenza di Timmermans come primo vicepresidente dell’esecutivo europeo, e controllate attentamente dal Parlamento guidato da Sassoli, diventeranno anche in parte realtà potrebbe aprirsi una fase nuova per l’Europa e i suoi cittadini. E magari sarà proprio una donna all’origine della svolta.
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