Quando mio padre, che si chiamava Ludovico, partiva per uno dei suoi rari viaggi senza di noi per andare alle terme di Montecatini o a caccia in Jugoslavia – sì, andava a caccia e sì, c’era ancora la Jugoslavia – ci spediva delle cartoline che immancabilmente riportavano lo stesso saluto: Bacioni Vico. Mio padre non ha mai scritto nient’altro sulle cartoline, per tutta la sua non lunghissima vita: Bacioni Vico era la sua forma di saluto, il suo modo di dirci che ci voleva bene, che era contento di quelle piccole fughe rigeneranti e che stava pensando a noi. Un Bacioni Vico bello grosso, grasso, felice, come era lui. Un Bacioni Vico che occupava tutto lo spazio bianco del retro della cartolina. Scritto con la grafia ariosa e tondeggiante che ricordava il suo fisico, quello di un uomo che era stato magrissimo e che dopo la guerra – ne aveva combattute tre – aveva messo su una bella stazza alla Orson Welles, cui somigliava.
Bacioni Vico era il saluto del babbo, quindi per la mia famiglia era Il saluto. Tanto che io e mia sorella ancora oggi – avevo 20 anni quando mio padre è morto – quando ci congediamo usiamo una formula riarrangiata da noi: Bacionivico, o Bacionivik, o Cionivic, o Cvk, a seconda del sapore che vogliamo dare al saluto. Bacionivik è una delle parole del nostro lessico famigliare, un lessico tanto custodito e coltivato che ci ho scritto il mio primo libro, Non vi lascerò orfani. Per via dell’amato Bacioni Vico anch’io ho usato spesso i Bacioni nei saluti, anche senza il suffisso vic che è riservato ai famigliari. Ma da quando il ministro dell’Interno si è impossessato dei Bacioni lo faccio con disagio, o scelgo di non farlo, e mi secca. Rivoglio i miei Bacioni. Rivoglio il mio lessico famigliare. E voglio una politica che non mi parli come mi parlava mio padre, ma con la giusta distanza, una distanza rispettosa, sobria, autorevole. Vi immaginate Berlinguer o Moro che scrivono Bacioni? O Ada Colau, la sindaca di Barcellona? O Zuzana Cˇaputová, la premier slovacca, avvocata europeista? Fatalità (altra parola del lessico famigliare) i politici contemporanei più autorevoli sono donne, come la premier neozelandese e quella danese, per non parlare di Angela Merkel. Per bilanciare aggiungo un maschio: Abiy Ahmed Ali, primo ministro dell’Etiopia. Uno che sta risolvendo un sacco di problemi con autorevolezza e coraggio. Non me lo vedo mandar Bacioni. Né lui né il presidente Mattarella.
Il nostro ministro dell’Interno non ha una gran reputazione internazionale. L’Economist lo ha appena definito «l’uomo più pericoloso d’Europa», ma in Italia piace a molti, ha molti voti e i suoi voti li rispetto: è la democrazia, bellezza. Ma il ministro dell’Interno non è mio padre, non è nostro padre. È un politico, deve far politica, possibilmente con trasparenza. Non mandar Bacioni.