«Ma lei lo fa Instagram? Tutti mi dicono che dovrei farlo, ma non sono capace», dice Ira Fürstenberg, elegantissima in Armani sull’uscio di casa, attico di un palazzo accanto al Quirinale, ma che condivide l’entrata con un hotel. La principessa ha quasi ottant’anni, ma si comporta, si muove, si stupisce come una quindicenne. «Di cono che Instagram funziona se hai un heritage, se hai un Dna, e io credo di averne un po’», ride. Forse, come sostiene Bret Easton Ellis, ognuno rimane cristallizzato all’età di quando ha conosciuto la celebrità, e per lei che è stata testa coronata, modella, attrice, ma soprattutto sposa, i quindici anni corrispondono al primo matrimonio. Sua Altezza Serenissima Virginia Carolina There sa Pancrazia Galdina zu Fürstenberg rappresenta un mischione unico tra agnellismo, teste coronate, Dolce Vita, Cinecittà. Figlia e moglie di principi, nipote dell’Avvocato, a un certo punto attrice. Sposa giovanissima, a 15 anni, del principe Alfonso von Hohenlohe-Langenburg. «Una ragazza che non si sposa è una tragedia, diceva mio padre». Cioè il principe Tassilo von Fürstenberg, leggendaria famiglia del Sacro Romano Impero, quello che per Voltaire non era né sacro né romano né un impero. Ramo cadetto, però. «Mah, cadetto», dice col vocione agnellesco (sembra l’Avvocato, ma con accento nordeuropeo), «però mica così disgraziato. Ramo austriaco. Mio nonno era ambasciatore di Francesco Giuseppe. Poi ha sposato una principessa Festetics, la famiglia più ricca d’Ungheria». Sta tutto nel librone in uscita per HarperCollins, che si chiama giustamente Ira: The Life and Times of a Princess, opera di Nicholas Foulkes, con tante foto memorabili. Il libro, in spagnolo e in inglese, è dedicato «ai miei genitori, che mi hanno sempre lasciato essere me stessa». I suoi genitori erano Clara Agnelli, sorella di Gianni, e Tassilo, principe cadetto un po’ squattrinato. Incontrati a Vienna nel 1938 grazie alla nonna Virginia, quella che girava per Roma con un ghepardo, che forse salvò la città dai nazisti, e che sicuramente «aveva un penchant per la nobiltà, è da lei che è venuta tutta la mania Agnelli per l’aristocrazia, per queste cose», dice lei.
Che si è portata avanti: il suo principe l’ha incontrato a quattordici anni, al castello Fürstenberg (ramo principale) a Donaueschingen, nella Foresta Nera. Alfonso von Hohenlohe-Langenburg, anche lui altezza serenissima, altezza spiantata pure lui. Ha trent’anni, la corteggia, la chiama “Princess Tiger Eyes”, principessa occhi di tigre, poi ha un incidente aereo, sul volo Parigi-Città del Messico, e mentre viene soccorso nella carcassa del suo volo Air France schiantato nei pressi del JFK che non si chiamava ancora così, capisce che la deve chiedere in sposa. La famiglia, invece che denunciarlo per pedofilia, accetta contenta. «Tutti felici, anche mio zio, l’Avvocato». «Questa qui ci darà fastidio, diceva mio padre. Troppo ribelle». Il matrimonio è leggendario. «Nella casa di Venezia viene costruito un teatro. Sedici giorni di festa». La casa è la villa Agnelli, già casa Radetzky, che il Senatore regalò a sua mamma Clara. «Mia zia Cristiana Brandolini ci mise il palazzo a disposizione. Beistegui ci fece una festa». Tiara di famiglia in gondola sul Canal Grande, copertina di Life. «Tutto», ride ancora. Paparazzi arrampicati sui tetti dei canali. Egon Fürstenberg, sfortunato fratello minore, paggetto. «Fu abbastanza pazzesco, sì, e pure mia madre si scatenò. Fu strano. Lei era stata sempre abbastanza shy, riservata, ma organizzare quel matrimonio la divertì, costruire il teatro. In fondo anche io sono un po’ così, mi piace più organizzare che poi farle, le cose”. E però: presenti 48 altezze reali, un po’ di Preghiere Esaudite (anche Arturo López Willshaw, il più grande produttore mondiale di guano, fidanzato con Alexis de Redé). Come alcuni investono in titoli di studio, Ira ha deciso di imparare all’università dell’altare. «Ma sa, sposarsi per me volle dire entrare nel mondo, incontrare persone interessantissime, esperienze che mi hanno cambiato la vita. Mi sono molto divertita». Di sicuro più che a scuola. «In Inghilterra, perché i miei mi avevano fatto andar via dall’Italia, visto che la loro separazione aveva fatto scandalo». Sua madre Clara Agnelli sposerà infatti in seconde nozze Giovanni Nuvoletti, conte un po’ fake mantovano, dandy della Bassa, destando malumori nella famiglia più importante d’Italia. «Alla finishing school a Londra mi insegnavano soprattutto a fare gli inchini, a salire e scendere dalla macchina, a essere carina con le persone. Un po’ mi è servito nella vita». Ride. «Per il resto niente. Io non so nulla, sono ignorantissima». Il matrimonio (il primo) è però istruttivo. «Alfonso era un po’ un avventuriero». Viaggio di nozze non tanto principesco. «Partimmo in macchina da Venezia fino a Parigi, con una enorme Mercedes decappottabile color crema, e poi ci imbarcammo a Le Havre mettendo la Mercedes nella stiva. Arrivammo a New York, e lì tutto, festeggiamenti, party con Gary Cooper e Frank Sinatra, ma poi fino alla California in motel, una scomodità. Da allora amo Los Angeles e odio le macchine». Poi il Messico. Il principe diventa concessionario della Volkswagen. «Poveretto, alla fine le sue cose le ha fatte. Ha lanciato il turismo a Marbella – Alfoso von Hohenlohe inventò infatti letteralmente il turismo nell’isola spagnola, nda –, poi ha fatto un suo vino. Ma era bravo soprattutto con le macchine». Nel libro però ne parla malissimo. «Diciamo che non è stato un gran marito. Molto simpatico, ma non un gran marito. Del resto non è facile trovare un gran marito», dice lei, come delusa. Si stabiliscono a Città del Messico. «All’epoca era una piccola città molto artistica. Frida Kahlo, Diego Rivera. E poi Acapulco». Un giorno una ragazza con la pistola salta fuori da un armadio nella casa di Città del Messico. «Era un’amante di mio suocero, gelosa. Era uno scatenato mio suocero». Anche suo marito era scatenato. «Aveva una storia con Kim Novak, nel frattempo». Poi c’erano delle megere internazionali. «Ci invitavano in questi castelli, da Marie-Hélène de Rothschild a Ferrières, o dai Lambton in Inghilterra, per questi weekend e queste cacce, e siccome io ero piccola, ero la bébé di quel mondo, mettevano mio marito in una camera accanto alla loro, e me a un chilometro di distanza». Il matrimonio con “la bébé” (lo pronuncia con la e stretta) finisce dopo cinque anni, non prima di un tentativo di riconciliazione a Cortina. Marito e moglie si ritrovano a sciare per un po’ di quality time. «Ma Gianni gli dice che vuole affidargli la concessionaria della Fiat in Texas, però se gli interessa devono partire il giorno stesso per l’America». Scherzi crudeli avvocateschi. Lui parte, il matrimonio finisce. «Ma poi chi se le doveva comprare le Fiat in Texas, su. Invece le Volkswagen andavano divinamente, anche oggi. Grazie ad Alfonso. Aveva conosciuto tutti questi delle macchine a caccia. Sempre con gente», prosegue, «avrò pranzato con lui in tête- à-tête tre volte, in cinque anni. Sempre in movimento. Un marito così t’ammazza. Però queste donne non so che se ne fanno di certi mariti. Io lo dicevo anche a Marella, “ma lascialo andare”, invece loro lo vogliono proprio, un marito. Ma che se ne fanno, dico io».
Suona il campanellino. La cameriera. «Aida, please bring me the chocolates» (la principessa è molto golosa). «Sa io non ho vizi, sono completamente astemia. Ma amo mangiare. Assaggi, assaggi questi cioccolatini, me li ha mandati il presidente della Costa d’Avorio. Non sono buonissimi, anzi, fanno un po’ schifo, ma altrimenti li avrei mangiati già tutti. Assaggi questo vino che mi hanno mandato». Tutti le mandano qualcosa. (L’unica altra volta che ero stato a casa sua aveva un pacchettone di cioccolatini Lindt che il padrone della Lindt le aveva mandato, con la corona e Sua Altezza Serenissima sopra). Ha un sacco di ammiratori. Anche cardinali. In fondo è una principessa del Sacro Romano Impero. «Che poi io son stata sempre una ribelle, che ci faccio coi cardinali proprio non so». Che ci fa? «Non lo so. Però loro escono, fanno, girano, sono stati nunzi in giro. Son tipi interessanti. Voglio provare coi cardinali, mi son detta. Sembra un mondo interessante a Roma, almeno così dicono tutte le mie amiche». «Alla mia età, sa la chiamo l’età del caftano, all’età del caftano non c’è molto altro se non i cardinali. Forse il cinema, ecco. Lei lo frequenta Scamarcio?». No principessa. Lei ha fatto tanti film, anche lì causando malumori con le mutue, regia di Luciano Salce (1969). Leggendario film con Alberto Sordi in cui c’è pure il marito di sua madre. Nuvoletti era il chirurgo Azzolini, avidissimo, e lei la sua infermiera. «Siamo andati anche a Mosca insieme a Sordi. Era simpatico Sordi. Sul set però terribile, molto cattivo. “Non capisci niente”, mi sgridava, si irritava subito. Certo io non ero una professional». È stata anche miss Europa. «Ma no, lady Europa, nel 1965. Ne ho fatte di cazzate».
In mezzo, un altro matrimonio, questa volta con un playboy certificato, Baby Pignatari. «Oh no, playboy solo sulla carta. Tutto il contrario. Un vero industriale». Ma aveva lasciato Linda Christian per lei. «Non per me». Comunque, altro marito e altre destinazioni. Brasile. Casa di Niemeyer e giardino di Burle Marx. «Baby era un uomo interessante, sempre circondato da artisti». Finisce anche quello. Poi torna in Europa, a Parigi, «distrutta». A tirarla su ci pensa Diana Vreeland che la fa fotografare da Helmut Newton, Irving Penn, Cecil Beaton. «Ma un sacco di foto le ho perse nei traslochi». Alla fine però torna sempre qui, davanti al Quirinale, più alta però. Una mania di famiglia. «Ah, non ci avevo pensato», dice. «Ma a me la famiglia importa poco, io sono sempre stata una ribelle. Ma che dice, lo devo fare o no questo Instagram?
Vogue Italia, luglio 2019, No. 827, pag. 66