«Il movimento di una gonna indossata da mia madre e il ticchettio dei tacchi della zia. Un fazzoletto con cui giocavo a creare silhouette e i libri di scuola che riempivo di schizzi». Sono tanti, e tutti incredibilmente vividi, i ricordi legati allo stile di Krikor Jabotian, 33enne designer libanese di haute couture. La scelta, nel 2005, di studiare all’Esmod, titolata scuola di moda di Beirut, sembra già scritta, così come il suo arrivo tre anni dopo da Elie Saab, maison che ne influenza per sempre la visione: «Prima odiavo i ricami, lì ne ho compreso il valore», confessa. Quando nel 2009 fonda il suo brand, guarda innanzitutto al suo Dna, libanese e armeno: «Le mie due culture sono sinonimo di artigianato d’alta qualità e di decorazioni intricate, opulente», spiega Jabotian, che tra gli altri ha vestito anche Rania di Giordania. Grazie al supporto di Vogue Talents, nel 2015 sfila alla Vogue Fashion Dubai Experience e lo scorso marzo, a Doha, riceve il premio Evening Wear alla prima edizione del Fashion Trust Arabia. «Oltre al mentoring, mi sono aggiudicato la possibilità di vendere i miei capi da Harrods e su Matches Fashion.com, e di ampliare il mio business al prêt-à-porter». Intanto, la P/E 2019 guarda alle silhouette Romanov, per abiti rosa polvere, bianco impuro e bordeaux impreziositi da ricami gioiello. Sempre alla Russia, ma al balletto classico, si ispira per l’A/I 2019-20, accostando bustier di piume da palcoscenico b/n ai taffetas delle gonne e alle forme fluide del tulle di seta: «Mi piace desaturare i colori con un tocco di grigio per lasciar affiorare un’aria nostalgica e fiabesca».
Vogue Italia, luglio 2019, No. 827, pag. 86