"Erano le 5 di mattina, quando improvvisamente squillò il telefono". Sono passati quasi due anni da quella telefonata che, il 13 agosto 2017, annunciava ai genitori di Niccolò Ciatti l'aggressione in discoteca, che avrebbe provocato la morte del figlio 22enne. E ora, il 17 luglio si terrà l'udienza preliminare del processo."Io e mia moglie eravamo in vacanza in Trentino, stavamo dormendo quando improvvisamente squillò il telefono. Era Simone, amico di mio figlio- racconta il padre di Niccolò al Corriere della Sera- Ci disse che Niccolò aveva subìto un"aggressione in discoteca. E ci disse di partire subito per la Spagna". Il figlio fu decretato ufficialmente morto pochi minuti dopo il loro arrivo.La vicendaNiccolò Ciatti era in vacanza a Lloret de Mar, in Spagna, con alcuni amici. La sera del 12 agosto avevano deciso di passare la serata in discoteca ma, ad un certo punto, fuori dal locale era scoppiata una rissa e un gruppo di ceceni aveva aggredito il 22enne e i suoi amici. Durante la rissa, Ciatti cade a terra in ginocchio e, in quel momento, uno degli aggressori lo colpisce alla tempia con un calcio violentissimo: il ragazzo cade a terra, inerme. Erano le tre di notte. Ciatti morirà il giorno dopo, poco dopo l'arrivo dei genitori all'ospedale di Girona, dove era stato trasportato d'urgenza quella notte.Il processoIl 17 agosto è fissata l'udienza preliminare, che dovrà chiarire chi andrà al processo. La banda che ha aggredito Ciatti, infatti, era composta da tre ceceni, ma due di loro erano stati scarcerati pochi giorni dopo la tragedia. L'unico imputato resta Rassoul Bissoultanov, il ragazzo 26enne che ha sferrato il calcio. Ma, nel video delle telecamere della discoteca, che hanno ripreso l'aggressione, "si capisce come anche gli altri due ceceni siano corresponsabili di quanto accaduto". Fare giustizia per il Niccolò significa "chiarire il ruolo di tutti e tre i ceceni", che a detta dei genitori avrebbero scelto casualmente il figlio come vittima, dato che secondo alcuni testimoni non era la prima volta che la banda agiva in quel modo. A chiedere giustizia per il 22enne è tutto il paesino di Scandicci, dove il giovane viveva: per le strade sono comparsi striscioni e cartelli a sostegno del ragazzo."È inspiegabile il dolore di un padre che perde un figlio- conclude il padre di Niccolò- Sarebbe facile lasciarsi andare alla rabbia e non possiamo farlo, perché se vogliamo continuare a vivere e dare un furo ai nostri figli deve funzionare la civiltà e la giustizia. Noi non vogliamo vendetta, ma che la giustizia funzioni". img src=http://www.ilgiornale.it/sites/default/files/styles/content_foto_node/public/foto/2017/08/14/1502700389-niccolo-ciatti-13193148.jpg.pagespeed.ce.ve3ui0vsmy.jpg /