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L’immobile pagato per anni a una famiglia mafiosa. Una storia italiana di illegalità e silenzi

Riceviamo da Andrea Sessa e volentieri pubblichiamo.

Lo Stato ha pagato per anni a una famiglia mafiosa oltre 100mila euro l’anno per l’affitto di un immobile, destinato al commissariato di polizia, in un Comune sciolto proprio per infiltrazioni mafiose. Sembra un paradosso ma non lo è. Siamo a Vittoria, in provincia di Ragusa (nella foto il commissariato), e questa è la storia di come lo Stato e le forze dell’ordine siano state “gabbate”. Soltanto lo scorso 15 luglio la Guardia di Finanza ha posto l’immobile di via Emanuela Loi – agente di polizia ucciso nella strage di via D’Amelio – sotto sequestro. L’edificio appartiene, al 50%, alla famiglia Luca di Gela. Il proprietario è Rocco Luca, figlio di Salvatore e noto imprenditore di Gela nel settore delle auto di lusso. È finito in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa proprio lo scorso giugno.

L’indagine della Dda di Caltanissetta ha scoperto un pentolone di affari con i clan, compromissioni degli uomini dello Stato e investimenti ingenti nel settore immobiliare. Secondo gli inquirenti negli ultimi 20 anni tutte le attività dei Luca sarebbero state caratterizzate da una contiguità mafiosa. Contiguità che, però, non era stata rilevata dagli organi locali: né la prefettura, né la questura avevano avanzato in maniera ufficiale dubbi in merito sull’opportunità di proseguire o meno con la locazione. I “numeri” dei Luca – famiglia gelese – sono impressionati. Sotto sequestro è finito un patrimonio di 63 milioni di euro, tra cui immobili, aziende e conti correnti. Tra questi proprio il commissariato di Polizia di Vittoria. “Gli accertamenti economico patrimoniali – scrivono gli investigatori – hanno dimostrato che parte dei capitali provenienti dalle attività criminali della famiglia Rinzivillo sono stati investiti in modo organico e stabile nelle aziende della famiglia Luca, permettendo così una compenetrazione dell’economia mafiosa con quella legale”.

Le indagini sono partite dal 2014 ma i sospetti sul patrimonio dei Luca risalgono già alla fine degli anni ‘90 quando esponenti del clan Rinzivillo avrebbero consegnato ai Luca un miliardo di vecchie lire di provenienza illecita, da riciclare attraverso le aziende di famiglia. Grazie a queste somme si sarebbero realizzati sproporzionati investimenti immobiliari e contatti anche con  altri clan catanesi: i Mazzei, i Carateddi e i Santapaola. L’acquisto dell’immobile di via Loi da parte di Rocco Luca è avvenuto nel 2012. Possibile che la questura, la prefettura, il ministero dell’Interno abbiano inconsapevolmente finanziato un imprenditore in odor di mafia adesso arrestato? Subito dopo il sequestro il questore di Ragusa ha dichiarato che già da tempo si stava cercando un’altra sede.

È bene, però, fare un passo indietro per comprendere questa strana storia tutta siciliana. Il comune di Vittoria è stato sciolto per mafia – su decisione del consiglio dei ministri – proprio un anno fa: era il 27 luglio 2018.  Dopo gli arresti – poi annullati dal riesame – dell’ex sindaco Giuseppe Nicosia e del fratello Fabio per voto di scambio politico – mafioso e l’inchiesta che ha toccato anche il successore, eletto nel giugno 2016, Giovanni Moscato per corruzione elettorale la Prefettura ha formulato una proposta di scioglimento. Sono stati passati al setaccio 10 anni di attività amministrativa in maniera minuziosa. Moscato, che non ha a suo carico né frequentazioni né contatti con mafiosi e tantomeno reati di stampo mafioso, aveva nella sua breve esperienze provato a contrastare la mafia subendo minacce regolarmente denunciate e bloccando un affaire milionario proprio di Elio Greco, il padre del conducente dell’auto killer che ha ucciso i cugini Alessio e Simone D’Antonio la scorsa settimana. Eppure nel setaccio della commissione d’indagine che ha vissuto sei mesi a Vittoria né in quello degli inquirenti non sarebbe finito l’immobile affittato dalla polizia di Stato. Uno stesso immobile che ha anche goduto delle “attenzioni” della commissione straordinaria che sostituisce il sindaco e la giunta disciolti. Infatti con una delibera del 20 febbraio 2019 la triade commissariale ha approvato un progetto per gli “interventi di manutenzione presso i locali della Polizia di Stato di Vittoria -Patto per Vittoria sicura- tra la Prefettura di Ragusa ed il Comune di Vittoria”. Così l’immobile di proprietà di Luca, accusato di mafia, ha goduto anche di 4mila euro di fondi pubblici per degli interventi di manutenzione. Quindi appare strano come un immobile che si sta per lasciare goda di interventi con fondi gestiti dal Comune e che vanno a vantaggio esclusivamente del proprietario, un presunto mafioso. Eppure c’era chi aveva cercato una soluzione diversa per spostare il commissariato. Moscato, l’ultimo sindaco eletto di Vittoria, infatti aveva intrapreso un dialogo informale con le istituzioni dove aveva messo a disposizione per gli uffici della Polizia un immobile dentro l’area del Mercato Ortofrutticolo. Proprio quest’ultimo è considerato l’epicento del malaffare vittoriese dove – secondo il prefetto Dispenza, uno dei tre che guida il Comune – “i 74 box in 40 anni non sono mai stati assegnati legittimamente, quindi dobbiamo immaginare che l’assegnazione veniva fatta secondo la spartizione mafiosa del territorio”.

Quindi quale posto avrebbe dovuto godere delle attenzioni della polizia se non il Mercato? Eppure gli agenti hanno continuato a lavorare nell’immobile di Rocco Luca. E nella città commissariata i vittoriesi anche per la richiesta di un suolo pubblico debbono presentare certificato antimafia, attendendo i tempi biblici della prefettura, mentre lo Stato continua a pagare affitti a presunti appartenenti alle cosche. Ma dentro la storiaccia c’è anche parte dell’antimafia militante che durante i convulsi mesi pre-scioglimento interveniva a piè sospinto per denunciare infiltrazioni e zone grigie e che adesso sta in silenzio. La presidente dell’Antiracket cittadino è Eliana Giudice, sorella di Gianni Giudice: il poliziotto coinvolto nell’inchiesta dei Luca. Giudice, che svolgeva servizio nell’anticrimine di Perugia ma per diversi anni a Gela, è accusato di corruzione, accesso abusivo a sistemi informatici in uso alla polizia e rivelazione di segreto d’ufficio. Era la testa di ponte nelle istituzioni: aveva agevolato i Luca già nel 2006 quando un altro sequestro da 60 milioni aveva colpito la famiglia. Così con il solito “mascariamento” Giudice aveva raccolto una denuncia per estorsione dai Luca: una tecnica per passare da “carnefice” a vittima. Tecnica che ha funzionato tanto che il sequestro del 2006 venne poi revocato. Così Giudice sarebbe stato l’uomo dei Luca e avrebbe goduto di diversi benefit: auto, viaggi con carte di credito intestate alla Lucauto, l’azienda di auto di lusso della famiglia, sconti per soggiorni in case vacanze. In cambio il poliziotto avrebbe informato, accedendo nella banca dati delle forze dell’ordine, delle indagini in corso gli imprenditori gelesi. Sulla vicenda un silenzio di tomba ha avvolto la città. Né sul commissariato, né sulla guida dell’antiracket sono stati sollevati dubbi, marce per la legalità, interrogazioni parlamentari. Intanto a Vittoria – comune sciolto per mafia – non si vedono controlli, il personale delle forze dell’ordine non è stato rimpolpato così come promesso e si continua a soffocare nella cappa dell’indifferenza dello Stato.
Domenica si sono celebrati I funerali di Alessio D’Antonio, il primo a morire dopo il terribile impatto con l’auto guidata dal pregiudicato Rosario Greco.  i funerali si è presentato un solo membro della commissione prefettizia. Questore e prefetto assenti. Così come sembra essere lo Stato in questi ultimi mesi a Vittoria.

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