Oggi Sergio Mattarella dovrà decidere che tipo di presidente della Repubblica essere. Perché se è vero che l'interventismo del suo predecessore ha segnato (e condizionato) un intero decennio, anche l'eccessiva benevolenza di queste settimane potrebbe influenzare quello che non solo per l'Italia, ma anche per l'Europa, potrebbe essere un passaggio storico. Un governo formato da partiti fortemente euroscettici come M5s e Lega è infatti un unicum tra i Paesi fondatori dell'Ue, forse il primo passo verso un cambio di paradigma non solo della politica italiana.Uno scenario complesso e delicatissimo. All'interno del quale il Quirinale si è mosso con un'indulgenza indecifrabile nei confronti dei due protagonisti della trattativa, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Ha iniziato a farlo già prima delle elezioni, assecondando comportamenti bizzarri, come la scelta del leader del M5s di presentarsi al Colle per depositare una fantomatica lista di futuri ministri che, come era ovvio, si è dimostrata del tutto aleatoria. Non è stato Mattarella in persona, certo. Ma ha permesso che si prestasse al teatrino a uso e consumo dei media il segretario generale del Quirinale, non proprio l'ultimo degli uscieri. Una leggerezza incomprensibile nonostante il rapporto che da anni lega il numero due del Colle al leader grillino. Un'accondiscendenza andata avanti fino a ieri, prima concedendo al duo Di Maio-Salvini tutto il tempo del mondo, proroghe comprese. Poi permettendogli di presentarsi oggi al Quirinale con una sorta di pacchetto "chiavi in mano", con dentro un programma già scritto e sottoposto ai propri elettori tramite la piattaforma Rousseau e i gazebo, un premier terzo e una lista di ministri bella e pronta. Una cosa che fino a oggi non si era mai vista. Come non ha precedenti il guanto di sfida lanciato da Salvini ieri pomeriggio, a meno di 24 ore dal faccia a faccia con il capo dello Stato."Abbiamo l'accordo sul premier e sulla squadra di governo, speriamo che ora nessuno metta veti", ha mandato a dire senza troppi giri di parole il leader della Lega a Mattarella.Da oggi, la palla torna nelle mani del presidente della Repubblica. Che dovrà decidere se continuare a giocare sulla difensiva, riducendo le sue prerogative costituzionali a quelle di un semplice notaio. Oppure iniziare a battere i pugni sul tavolo. Certo, il fatto che Mattarella sia apparso debole non significa che fin qui lo sia stato davvero. Anche se spesso la forma diventa sostanza. Non è un caso che proprio ieri sia arrivato da Parigi il siluro del ministro dell'Economia Bruno Le Maire, preoccupato che l'Italia possa "mettere a rischio l'Eurozona". Un messaggio non tanto a Di Maio o Salvini, ma proprio al Quirinale. Dal Colle, infatti, sono in molti ad aspettarsi una sorta di controllo di qualità su nomi che i leader di M5s e Lega presenteranno domani. Su quello di Giuseppe Conte, il candidato più quotato a Palazzo Chigi, il Colle avrebbe infatti qualche riserva, anche se fino a ieri non era chiaro fino a che punto. Ed è questo il passaggio chiave della trattativa in corso. Oltre che il momento che segnerà, in un senso o nell'altro, la presidenza di Mattarella. Che dovrà scegliere tra chiedere a Di Maio e Salvini un loro impegno diretto a Palazzo Chigi, così da dare piena legittimazione politica al loro governo.Oppure concedergli il via libera a una premiership debole. Che non solo farà fatica a rappresentarci all'estero ma, di fatto, deresponsabilizzerà i leader di M5s e Lega che avranno l'alibi di non guidare in prima persona il governo e si sentiranno quindi con le mani più libere.