Non saranno 101 ma sempre di 'franchi tiratori' si tratta. Il Pd, anche stando all'opposizione, non riesce a rimanere compatto. Il candidato di bandiera, il turborenziano Roberto Giachetti, non riesce a portare a casa tutti i 111 voti dei colleghi di partito.I dem, a Palazzo Montecitorio, sono 112 ma, per prassi, il presidente si astiene perciò Giachetti non ha potuto "autovotarsi" ma, anziché ricevere 111 voti, si è fermato a 102. Nove voti in meno, di cui uno è andato a Luciano Nobili, deputato renziano alla sua prima legislatura. Uno di quei voti che Giachetti ha annoverato tra i "dispersi". Il capogruppo uscente, Ettore Rosato, per quanto riguarda gli altri 8 voti mancanti, si trincera dietro l'assenza di alcuni deputati. Discorso a parte quello del Senato dove l' ex ministro dell'Istruzione e senatrice Pd, Valeria Fedeli, ha ricevuto 54 voti laddove il gruppo del Pd ne a disposizione solo 51. A questi si sono aggiunti Pier Ferdinando Casini, Riccardo Nencini ed Emma Bonino. Anche qui, però, i conti non tornano alla perfezione perché 2 voti sono andati anche il ministro della Difesa uscente, Roberta Pinotti e uno al capogruppo Luigi Zanda. Si tratta di inezie, è vero, ma tanto basta per smentire la dichiarazione di unità rilasciata dal segretario reggente Maurizio Martina al termine delle votazioni alla Camera. "Il Partito Democratico ha lavorato unito in aula attorno ai suoi candidati Giachetti e Fedeli in coerenza con quello che abbiamo detto subito dopo il 4 marzo. Saremo forza di minoranza e ci prepariamo per essere l'alternativa alla destra e ai cinque stelle nel Paese", ha detto subito dopo la proclamazione di Roberto Fico. Ancora più deciso è stato Matteo Renzi, al Senato che, dopo il voto per l'elezione della presidente Casellati, ha esclamato:"Il Pd ha preso 54 voti su 52, poi ci sono stati dei voti alla Pinotti e a Zanda. Anche su questo c'è stata compattezza". Sarà ma i conti non tornano...