“Il segreto della durata? Beh, servirebbe un libro, non un’intervista”. Così a La Stampa in un confronto a tuttotondo Maurizio Gasparri, che in Parlamento è entrato con il Msi nel ’92, in piena Tangentopoli. C’è una poltrona che avrebbe voluto? “Nel 2001 chiesi di fare il viceministro dell’Interno. L’ipotesi era Franco Frattini al Viminale. Poi ci andò Claudio Scajola e mi diedero le Comunicazioni. Questa è una delle tante lezioni imparate: chiedi di meno, otterrai di più”.
La famosa legge Gasparri: duopolio immodificabile e la tv sotto il giogo della politica. “Eh no, con me l’editore era il Parlamento, e non ci vedo lo scandalo. Renzi invece ha messo la Rai sotto il governo. Una bella differenza. Chi criticava la mia legge l’ha portata alle estreme conseguenze”.
Chi comanda oggi in Italia? “Tatarella fece una nota intervista, denunciando i poteri forti. Io ho imparato che sono indeboliti, ahimè, perché a volte farebbe comodo avere interlocutori forti. È chiaro che l’ad di una grande banca conta più di me, ma non vedo in giro burattinai. Sono più evocati che operativi”.
Giorgia Meloni “dovrebbe guardare al Ppe, come elemento di stabilizzazione. Il dibattito ci fu anche in An. Si è visto su Fitto. Se non fosse stato un moderato e senza l’appoggio di Tajani e Weber le deleghe non sarebbero state tali”. Chi sono gli avversari della premier? “Allo stato non ne ha, ma non va sottovaluto l’avversario. L’ammucchiata la faranno”, prosegue.
Gasparri metterebbe una mano sul fuoco sul fatto che Marina o Pier Silvio Berlusconi non scenderanno in campo. “Sì, perché non ne hanno interesse. Hanno grandi responsabilità e sanno, per l’esperienza del padre, che la politica espone ad attacchi pretestuosi”. In trent’anni di Parlamento ha visto franare la Bicamerale, la riforma Calderoli e quella di Renzi. “Sono prudente su due temi: la Grande riforma e il Ponte sullo stretto. Pur essendo favorevole a entrambi – conclude – ho la prudenza dell’esperto”.
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