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“Non hanno ucciso Charlie Hebdo”. A dieci anni dalla strage numero speciale sul tema “Ridere di Dio”

“Non hanno ucciso Charlie Hebdo”. A dieci anni dalla strage nella redazione del giornale satirico parigino, il 7 gennaio, sarà in edicola un’edizione speciale della rivista di 32 pagine. “La voglia di ridere non scomparirà mai!”, scrive il giornale in vista dell’anniversario della strage perpetrata dai fratelli jihadisti Chérif e Saïd che il 7 gennaio 2015 decimarono una parte della sua redazione in rue Nicolas Appert, nel cuore di Parigi.

Il numero speciale di Charlie Hebdo affronta in particolare il tema “Ridere di Dio”, attraverso una quarantina di vignette e caricature tra centinaia di proposte selezionate nell’ambito di un concorso internazionale. Nell’edizione consultata in anticipo dall’agenzia France Presse, Charlie Hebdo si dice “increvable!”, (”indistruttibile”, “che non può morire”). In prima pagina, un lettore seduto su un fucile d’assalto che legge, rapito, questo numero definito “storico”.

“La satira possiede una virtù che ci ha aiutato ad attraversare questi anni tragici: l’ottimismo. Se abbiamo voglia di ridere, significa che abbiamo voglia di vivere. Le risate, l’ironia, le caricature, sono manifestazioni di ottimismo. Qualsiasi cosa accada di drammatico o felice, la voglia di ridere non scomparirà mai”, scrive il direttore Riss, nell’editoriale in cui ripercorre l’ultimo decennio, segnato a suo avviso dall’’aggravarsi” della “situazione geopolitica”.

Dodici persone, tra cui otto membri della redazione, furono uccise nell’attacco al settimanale da parte dei fratelli Kouachi, francesi di origine algerina che avevano giurato fedeltà ad al Qaida. Dopo due giorni di ricerca, questi ultimi furono uccisi da una squadra d’intervento del Gign, il gruppo d’élite della gendarmeria francese, in una tipografia a Dammartin-en-Goële (Seine-et-Marne), a 45 chilometri di distanza Parigi, dove si erano rifugiati.

Il giornale anarchico e anticlericale, nato nel 1970 dalle ceneri della rivista Hara-Kiri, era stato bersaglio di minacce jihadiste dopo la pubblicazione delle caricature del profeta Maometto nel 2006. I due attentatori, 32 e 34 anni, spararono con i loro kalashnikov all’impazzata mentre era in corso la riunione di redazione, uccidendo ”12 giornalisti che avevano preso in giro l’Islam per vendicare il Profeta” Maometto, come sostenne l’Isis, lo Stato islamico, che li definì due “eroi jihadisti”. Tra le vittime dell’attentato anche il suo direttore che era una figura simbolo della pubblicazione, il fumettista Charb, così come due leggende della caricatura in Francia, Cabu e Wolinski.

Uscendo della redazione, la mattina del 7 gennaio 2015, i fratelli Kouachi urlarono ”Abbiamo ucciso Charlie Hebdo!”. A 10 anni da allora, nonostante il trasferimento della sede della rivista in un luogo segreto e altamente protetto, il caporedattore della rivista, Gerard Biard, afferma che no, “non hanno ucciso Charlie Hebdo” e “noi vogliamo che duri mille anni”.

I due stragisti erano nella “no fly list” americana, la lista nera in cui sono inseriti i sospetti terroristi a cui gli Stati Uniti vietano l’ingresso nel proprio territorio. Il minore dei due fratelli, Cherif, era stato in Siria, condannato a metà degli anni 2000 per crimini collegati al terrorismo, ulteriormente radicalizzato in carcere. I due erano sotto sorveglianza dell’intelligence francese fino al luglio del 2014, poi non più perché considerati “a basso rischio”.

A perdere la vita durante l’assalto sono stati oltre al direttore della rivista Stephane Charbonnier e ai vignettisti Cabu e Georges Wolinski, Honoré, Tignous, la psichiatra e psicoanalista Elsa Cayat, l’economista e consigliere della Banca di Francia Bernard Maris e il correttore di bozze Mustapha Ourrad. Lo scorso ottobre 2024 è morto a 40 anni Simon Fieschi, il primo a essere colpito dai fratelli jihadisti e rimasto gravemente ferito alla colonna vertebrale. A quasi un mese dall’attacco, il 31 gennaio 2015, è stato invece ucciso nel raid di un drone americano sullo Yemen l’imam Harith al-Nazari, leader spirituale di al-Qaeda nella Penisola araba, tra i primi a rivendicare a nome di al-Qaeda, con un file audio, l’attacco contro la sede della rivista satirica.

L’attacco a Charlie Hebdo fu il primo di una serie che segnò anni particolarmente bui per la Francia: attacchi di estremisti islamici costarono poi la vita a una poliziotta il giorno successivo a Montrouge, a sud di Parigi, il 9 gennaio fu invece preso di mira un negozio kosher a Porte de Vincennes dove morirono quattro persone di fede ebraica per mano del terrorista Amedy Coulibaly.

Charlie Hebdo, uscito una settimana dopo la strage il 14 gennaio con una tiratura di 7 milioni di copie e in 16 lingue, sospese le pubblicazioni fino al 25 febbraio successivo. L’attentato fece emergere una solidarietà mondiale e diede origine al famoso slogan: “Je suis Charlie“. L’11 gennaio quattro milioni di persone scesero in piazza in Francia a sostegno della rivista e della libertà di espressione, con numerosi capi di Stato e di governo presenti al corteo a Parigi.

Però dal 2015, dall’attentato a Charlie Hebdo, gli spazi di satira e libera espressione si sono man mano ridotti, invece di aprirsi. Il primo luglio del 2019, ad esempio, il New York Times ha deciso di non pubblicare più vignette satiriche. Restando in Francia, un anno prima, nel giugno del 2018, è stato chiuso Les Guignols de l’info, programma satirico sul canale privato francese Canal+.

Eppure, ”la caricatura è un occhio sociale, il suo ruolo è combattere l’indifferenza”, sottolinea lo scrittore Bihl. “Chi si oppone alle caricature non capisce che la cultura della risata prevede di ridere insieme al prossimo e non di lui”, aggiunge, affermando che “al contrario la cultura del proibizionismo finisce per denunciare il prossimo in modo anonimo su Internet”, da lui definito “il nostro inconscio collettivo”. Il docente riflette anche su altro ostacolo alla “libertà di espressione”, ovvero “un problema a livello economico, con i media che sono molto ricchi e ai quali non possiamo rispondere da pari a pari. I media satirici sono per la maggior parte molto fragili economicamente e questa è l’altra grande minaccia, prima ancora che terroristica, che grava sulle piccole testate”.

L'articolo “Non hanno ucciso Charlie Hebdo”. A dieci anni dalla strage numero speciale sul tema “Ridere di Dio” proviene da Il Fatto Quotidiano.

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