Pavia. Una distesa di pannelli solari in arrivo alle porte di Pavia: dopo i progetti per installare pannelli su campi coltivabili in Lomellina, a Dorno e Mortara), quello nel Pavese, pur più piccolo, sarebbe il terzo grande impianto in provincia. Con la presentazione in Provincia della “istanza per il rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale”, il progetto che avanza è per un parco agrivoltaico da 340mila metri (34 ettari o 500 pertiche) da realizzare tra i Comuni di Battuda e Marcignago per produrre energia elettrica solare da immettere in rete attraverso una cabina di distribuzione che si trova in Comune di Pavia.
Il progetto
L’area interessata dal progetto, oggi coltivata, è estesa sui due lati dell’autostrada A7. A depositare la richiesta è stata la società “Ine Battuda Srl” con sede a Roma, mentre gli elaborati tecnici sono stati predisposti dalla società d’ingegneria “Dquadro” di Borgo San Dalmazzo (Cuneo). Nel progetto l’azienda spiega che «con la realizzazione di un impianto fotovoltaico si intende contribuire a rendere la zona sempre più indipendente dal punto di vista energetico e soprattutto utilizzare una fonte energetica come quella solare completamente rinnovabile». Annualmente l’impianto potrebbe produrre quasi 30 milioni di kilowatt ora di energia elettrica. La durata di utilizzo è stimata in 20-25 anni per arrivare ad una produzione complessiva di oltre 700 milioni di kilowatt ora.
Energia e agricoltura, i nodi
I progetti per la realizzazione di impianti agrivoltaici sono in aumento in provincia di Pavia, un territorio che consuma il 19% dell’energia elettrica di tutta la Lombardia ma che, secondo le stime del Sole 24Ore riportate nell’ultimo dossier sulla qualità della vita è fanalino di coda in regione per la produzione di energia di fonti rinnovabili.
Per questo, e per la grande disponibilità di terreno agricolo pianeggiante, la provincia di Pavia è diventata particolarmente appetibile per le società che realizzano impianti fotovoltaici in campo aperto seguendo le linee guida nazionali ed europee che chiedono un aumento della percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili. Il processo, però, non è del tutto indolore: se è vero infatti che un impianto agrivoltaico non cementifica suolo vergine e consente alcune coltivazioni (ad esempio soia o cereali), è altrettanto vero che ha un impatto sia sulla naturalità dei luoghi, sia sulla loro vocazione agricola d’eccellenza.
Pressing sulla Regione
Per questo la Provincia di Pavia ha avviato con la Regione un dialogo per spingere Palazzo Lombardia (al momento titolare unico delle autorizzazioni per questo tipo di impianti) a stabilire delle linee guida a tutela dei territori più sensibili nei quali la trasformazione di aree naturali in “campi” per la produzione di energia solare sia impedita. Il riferimento in particolare è alle aree con una forte presenza di biodiversità (attorno al parco del Ticino ad esempio, ma anche lungo il corso del Po), ma anche a quelle in cui esiste una produzione agricola ad alto valore aggiunto. Parlando di pianura, dove normalmente si realizzano i parchi agrivoltaici, l’esempio più calzante per la provincia di Pavia sono i territori di produzione del riso Carnaroli classico. Su questo aspetto, l’assessore comunale all’Ambiente, Lorenzo Goppa, commenta: «Premetto che non conosco il caso in esame e che cerco sempre di approcciarmi ai problemi nel modo meno ideologico possibile. Diciamo che, in linea generale, il motivo principale per cui si utilizza energia rinnovabile non dovrebbe essere il business. In caso contrario si cade nella contraddizione per cui, per creare energia pulita, si consuma suolo pregiato. Credo che l’opportunità di creare impianti di questo tipo vada valutata di caso in caso a seconda delle opportunità».
Da Mortara a Dorno, l’invasione contestata dagli ambientalisti
L’impianto agrivoltaico alle porte di Pavia (340mila metri quadrati parti a 34 ettari) è solo l’ultimo di una serie di insediamenti per la produzione di energia elettrica dal sole in via di autorizzazione in provincia di Pavia. Piccoli impianti sono già attivi, ma quelli di cui si sta discutendo sono enormi estensioni di pannelli contro le quali già hanno alzato gli scudi sia molte amministrazioni comunali, sia molte associazioni ambientaliste, a partire da Legambiente.
I progetti più grandi in fase di autorizzazione sono in Lomellina: a Dorno e Mortara. L’impianto proposto a Dorno occuperebbe un’area di oltre due milioni di metri quadrati (215 ettari) con oltre 170mila pannelli, con un investimento privato di oltre 68 milioni di euro proposto dalla “Neoen renewables Italia srl” di Milano. L’obiettivo è immettere energia elettrica “green” nella rete nazionale, con una produzione di oltre 100mila kilowatt, quindi il fabbisogno annuale di circa 25mila famiglie. L’impianto di Mortara dovrebbe sorgere nelle campagne alle spalle dell’abbazia di Sant’Albino e del depuratore: 103.152 pannelli fotovoltaici, a due metri e mezzo d’altezza per consentire la coltivazione di soia e legumi, su un’area di 1,3 milioni di metri quadrati (130 ettari). Il progetto presentato dalla società Green and blue Mortara è già stato bocciato dal sindaco Ettore Gerosa e da altre associazioni tra cui Legambiente.