Nessun rimpasto in vista per il governo, che è solido e intende procedere spedito sui dossier aperti, a partire dalle riforme. A frenare le speculazioni è il capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami, sottolineando che l’esecutivo non ha bisogno di una messa a punto e che un cambio ai ministeri comporterebbe un rallentamento che nessuno vuole. Del resto, gli stessi vertici della coalizione hanno allontanato l’ipotesi, che in questi giorni di scarsità di notizie politiche continua a tenere banco nelle cronache su fragilissime basi: la non sorprendete dichiarazione di Matteo Salvini su una generica nostalgia del Viminale, arrivata dopo l’assoluzione al processo Open Arms, e la dichiarazione del senatore leghista Claudio Borghi che si è detto «sempre favorevole ai rimpasti».
Un rimpasto di governo, ha ricordato Bignami in un’intervista a La Stampa, «significherebbe bloccare una macchina che sta lavorando bene. I rimpasti poi danno sempre una sensazione di fragilità ai cittadini. Sarebbe un errore incrinare l’immagine di questa stabilità, che è anche un elemento centrale per il governo a livello internazionale». Semmai, ha chiarito, potrebbe esserci qualche «integrazione» a livello di sottosegretari e viceministri, che però «non provocherebbero un rallentamento».
Del resto, lui stesso, assumendo il ruolo di capogruppo di FdI alla Camera, dopo la nomina a ministro di Tommaso Foti in sostituzione di Raffaele Fitto, ha lasciato un posto vacante. «Ai Trasporti c’è un viceministro della Lega e un sottosegretario di Forza Italia: manca in effetti un esponente di FdI», ha ricordato Bignami. Quanto a un ipotetico futuro di Salvini al Viminale, l’esponente di FdI non si è prestato a congetture: «Non saprei. So che in questo momento sta lavorando bene al ministero dei Trasporti, dove io ero viceministro fino a poche settimane fa. E sta ottenendo risultati importanti: migliaia di cantieri in corso, decine di dossier di peso sul tavolo. Non avrebbe senso fermare tutto».
Nella stessa intervista Bignami si è soffermato diffusamente anche sul tema dell’Ucraina, altra questione rispetto alla quale le cronache politiche si esercitano molto su presunti distingui nella maggioranza. L’Italia «continuerà a fare la sua parte al fianco di Kiev», ha confermato il capogruppo di FdI alla Camera, ricordando che se oggi si inizia a parlare di un negoziato «è perché gli ucraini stanno ancora resistendo, anche grazie a noi e ai nostri alleati». Rispondendo a una domanda di Federico Capurso, che firma l’intervista, sul fatto che la Lega potrebbe chiedere che il prossimo pacchetto di aiuti sia l’ultimo, Bignami ha chiarito che «nel caso, si troverà come sempre un punto di caduta comune. Ma se l’Ucraina ci chiederà ancora aiuti, l’Italia non si tirerà certo indietro e si coordinerà con i suoi partner europei».
Sul tavolo, del resto, come sempre, ci sono gli atti parlamentari, che indicano compattezza: «Solo dieci giorni fa, nella risoluzione votata da tutta la maggioranza, si parlava dell’esigenza di continuare a sostenere l’Ucraina con aiuti militari, oltre che economici e finanziari, perché l’obiettivo è arrivare a una pace giusta. Penso che si andrà ancora in quella direzione, con coerenza».
Capitolo riforme, a partire dalla giustizia che alla Camera sarà votata al rientro dalle festività. «Abbiamo trovato una sintesi equilibrata in commissione. Se qualcuno vuole contribuire, spazi ce ne sono, ma la maggioranza non penso presenterà emendamenti», ha spiegato Bignami, smontando gli allarmi della sinistra e di settori della magistratura sul rischio di perdita di indipendenza delle procure con la separazione delle carriere. «Questo rischio non esiste. La nostra Costituzione è molto chiara sul rispetto dell’indipendenza della magistratura», ha chiarito Bignami, rispondendo infine anche a una domanda sui centri in Albania. Si va avanti, ha confermato, ricordando che «il Pd diceva che i centri non erano realizzabili, e invece li abbiamo costruiti. Poi hanno chiesto all’Europa di aprire una procedura di infrazione sull’accordo. È chiaro a tutti – ha concluso – chi lavora per l’Italia e chi contro».
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