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Gaza: le lettere dei medici eroi che i potenti non leggeranno mai

Questa lettera-appello non ha ricevuto risposte. Questa lettera-appello va fatta conoscere. Globalist lo fa.

Gentili Onorevoli e Senatori,

scriviamo a voi in qualità di leaders dei principali partiti politici italiani, e agli On. Meloni  e Tajani anche in qualità rispettivamente di Presidente del Consiglio e di Ministro degli Affari Esteri (ci scusiamo per non aver questa volta usato i canali ufficiali del Ministero, già utilizzati in una precedente occasione ma senza alcun riscontro, sperando che un contatto più diretto possa avere migliori risultati; alleghiamo comunque l’appello a loro inviato via PEC in data 24/11 e le firme di associazioni Italiane che lo hanno sostenuto, aggiornate al 28 novembre).

Dallo scorso ottobre la zona nord della Striscia di Gaza è sottoposta a continui attacchi su abitazioni e sui tre presidi ospedalieri; i medici pressantemente chiedono protezione dei malati e del personale e medicine, acqua cibo, ambulanze, missioni mediche e corridoi per malati piu gravi. 

Pressanti appelli arrivano dal Dr.  Hussam Abu Safiya, Direttore dell’Ospedale Kamal Adwan, struttura sottoposta a bombardamenti sia diretti sia in tutta l’area circostante, attacchi di cecchini che hanno colpito numerosi membri del personale sanitario e pazienti. Non ci sono più ambulanze per raccogliere i feriti e molti di questi sono giocoforza lasciati a morire in strada e senza sepoltura; il personale medico è ridotto a pochissime unità senza ricambio e mancano specialità anche d’urgenza; l’unico ortopedico è stato ucciso da un attacco mirato. Situazioni analoghe vengono segnalate anche dagli altri ospedali.

 Vi riportiamo qui di seguito alcuni degli appelli più recenti da diversi ospedali del nord di Gaza, chiedendovi se intendete continuare a giustificare e sostenere Israele anche con aiuti militari, ignorando quello che viene perpetrato al di là di leggi e umanità, oppure cosa ritenete che l’Italia possa fare per fermare questo terribile massacro di civili.

Nella speranza che la lettura di questi appelli possa indurvi a prendere le decisioni giuste vi porgiamo rispettosi saluti

Paola Manduca (Presidente) e Andrea Balduzzi (Segretario), NWRG (New Weapons Resarch Group) ODV. 

Gli eroi in camice bianco

Dr. Hussam Abu Safia, Direttore dell’Ospedale Kamal Adwan

“Ieri è stato uno dei giorni più bui, difficili e sanguinosi all’Ospedale Kamal Adwan. Gli aerei israeliani hanno preso di mira l’ospedale e hanno colpito più di otto edifici nelle vicinanze. Uno di questi edifici era abitato e alcune persone ne sono uscite con i corpi in fiamme, alcune delle quali sono state tragicamente martirizzate. Questo brutale bombardamento ha causato il martirio di otto individui e ci sono ancora bambini intrappolati sotto le macerie carbonizzate. La situazione è diventata critica quando bulldozer e carri armati sono entrati nell’area e hanno iniziato a sparare direttamente all’ospedale da tutte le direzioni.



L’unità di terapia intensiva, situata sul lato occidentale, è stata direttamente presa di mira. I proiettili dei carri armati hanno colpito l’unità di terapia intensiva, innescando un incendio che ci ha costretti a evacuare rapidamente i pazienti. Miracolosamente, siamo riusciti a evacuare le bombole di ossigeno del pronto soccorso.


Sfortunatamente, il reparto di isolamento è stato completamente bruciato.

Grazie a Dio, siamo riusciti a spegnere l’incendio a mani nude, poiché non c’erano estintori disponibili e l’erogazione idrica era interrotta. Abbiamo usato coperte e le nostre mani nude per controllare l’incendio. La scena all’interno della terapia intensiva era come una zona di guerra, con proiettili che perforavano le attrezzature, i muri e le finestre. È incomprensibile il motivo per cui siamo presi di mira in modo così brutale.



Ci rivolgiamo al mondo da oltre 75 giorni, e tuttavia non viene fatto nulla. Questa indifferenza sta consentendo agli occupanti di intensificare la loro violenza e temo che continueranno ad attaccare altri reparti, il che potrebbe portare alla distruzione dell’ospedale sotto gli occhi del mondo. Sfortunatamente, questa è la nostra realtà. Attualmente abbiamo 71 feriti e questa è l’unica terapia intensiva nel nord di Gaza”.

Dott. Hussam Abu Safiya, Direttore dell’Ospedale Kamal Adwan“Giovedì 19 dicembre 2024.
Le bombe continuano a essere lanciate sull’ospedale Kamal Adwan e si sentono esplosioni nei cortili dell’ospedale e ai cancelli.
Da ieri sera abbiamo assistito a numerose esplosioni e alla distruzione di edifici vicini, con schegge che volavano nella nostra direzione.
In questo momento non è consentito l’ingresso di delegazioni mediche o di forniture. Abbiamo urgentemente bisogno di riparazioni relative alle forniture di acqua e ossigeno, ma finora non abbiamo ricevuto nulla. Le forze di occupazione non hanno permesso l’ingresso di risorse essenziali per sostenere il sistema sanitario.
Da ieri abbiamo ricevuto all’ospedale Kamal Adwan feriti provenienti da diverse aree nel nord di Jabalya e Beit Hanoun.


Attualmente stiamo gestendo 85 pazienti con ferite, tra cui dieci casi che richiedono un intervento chirurgico urgente. Purtroppo, non abbiamo le specializzazioni necessarie per trattare la maggior parte di queste ferite, molte delle quali comportano diversi tipi di interventi chirurgici”.
Dott. Marwan Sultan, direttore dell’ospedale indonesiano.
“Enormi danni alla struttura e alle finestre dell’ospedale a causa di un bombardamento robotico nei pressi dell’ospedale.
Un’infermiera e alcuni pazienti sono stati gravemente feriti al volto. Niente cibo, niente carburante, niente acqua
Salvate l’ospedale indonesiano, il team medico e i pazienti”.
Nelle ultime due settimane l’ospedale indonesiano è stato attaccato da carri armati e colpi di arma da fuoco diretti quasi ogni notte.
I carri armati o i quadricotteri si avvicinavano o entravano nel perimetro dell’ospedale e sparavano direttamente contro l’ospedale e le finestre causando ferite al personale e ai pazienti.
All’ospedale indonesiano continua a essere negato l’accesso agli aiuti e alle forniture di cibo e medicinali”.

Dott. Muhammad Saleh, direttore dell’ospedale Al Awda di Gaza Nord

“All’alba di mercoledì mattina [18 dicembre], intorno alle 2.30, l’occupante israeliano ha iniziato a far esplodere dei robot all’interno del perimetro dell’ospedale. Questo ha provocato una distruzione massiccia in diversi reparti dell’ospedale. Sono stati distrutti i serbatoi dell’acqua, le attrezzature mediche e le apparecchiature elettriche. All’interno dell’ospedale sono rimasti feriti 7 operatori sanitari, oltre a un paziente.
Tutte le porte dell’ospedale sono state distrutte, così come le finestre. I veicoli per il trasporto dei pazienti sono stati parzialmente distrutti. La fornitura di acqua è stata interrotta all’ospedale di Al-Awda, oltre alla carenza di carburante, medicinali e forniture mediche dovuta agli oltre 80 giorni di assedio totale sul nord della Striscia di Gaza, che continua ancora oggi”.

Crimini contro l’umanità.

 Negli ultimi 75 giorni nel Governatorato di Gaza Nord sono entrati appena 34 camion Onu che trasportavano cibo e acqua per la popolazione, ma a causa del deliberato ostruzionismo dell’esercito israeliano solo 12 tir sono riusciti a distribuire gli aiuti ai civili. Il contenuto di tre di questi è stato consegnato a sfollati che avevano trovato rifugio in una scuola, poi sgomberata e bombardata nel giro di poche ore.  

È l’ultimo, drammatico aggiornamento di Oxfam, mentre l’emergenza umanitaria si fa ogni giorno più grave.

Al pari di altre agenzie internazionali, Oxfam non ha potuto portare aiuti salvavita alla popolazione civile di Gaza Nord dallo scorso 6 ottobre, quando Israele ha intensificato l’assedio militare di Jabalia, Beit Lahia e Beit Hanoun.  

Al momento si stima che migliaia di persone siano tagliate fuori da qualsiasi tipo di assistenza umanitaria, ma nell’attuale situazione è molto difficile conoscere i numeri esatti. All’inizio di dicembre, le organizzazioni umanitarie che operano a Gaza hanno ricevuto chiamate da persone intrappolate in case e rifugi, che avevano completamente esaurito cibo e acqua.

Gli effetti del blocco degli aiuti nel nord della Striscia

Il mese scorso un convoglio di 11 camion è stato inizialmente bloccato nel punto di raccolta dell’esercito israeliano a Jabalia, dove civili letteralmente affamati sono riusciti a prendere quel che potevano. Dopo aver ricevuto il via libera a procedere verso la destinazione stabilita, i camion sono stati di nuovo trattenuti in un posto di blocco dove l’esercito ha costretto gli autisti a scaricare gli aiuti in una zona militarizzata, inaccessibile alla popolazione civile.

La settimana successiva, Israele ha autorizzato altri 14 camion, ma solo 3 sono riusciti a entrare, per gli altri non sono arrivati i necessari permessi delle autorità israeliane. I beni alimentari – pasti pronti, farina e acqua – sono arrivati nella scuola Mahdia al-Shawa di Beit Hanoun, dove si erano rifugiate famiglie di sfollati. Nel giro di poche ore, mentre gli aiuti venivano distribuiti, la scuola è stata presa d’assalto da esercito e elicotteri, mentre a tutti è stato ordinato di evacuare la zona. Il giorno dopo l’esercito israeliano ha bombardato la scuola.

Il 20 dicembre, Israele ha finalmente permesso ad altri 9 tir delle Nazioni Unite di consegnare cibo e acqua ad un punto di distribuzione a Beit Hanoun, dove sono stati consegnati a civili allo stremo. Alcuni hanno raccontato di essere stati costretti e mangiare foglie per sopravvivere.

Il mese scorso l’analisi svolta secondo la Classificazione Integrata delle Fasi della Sicurezza Alimentare (IPC) ha rivelato l’alta probabilità di carestia nel nord di Gaza, mentre il rischio rimane in tutta la Striscia. Bambini e donne frugano tra cumuli di rifiuti alla ricerca di cibo, a mani nude, senza scarpe, rischiando malattie ed esponendosi alla minaccia di bombe inesplose. Gaza ha oggi il più alto numero di bambini amputati al mondo, con un’assistenza sanitaria praticamente inesistente e scorte ridottissime di medicinali, tra cui gli anestetici.

“Ogni giorno senza cessate il fuoco è una condanna a morte per centinaia di civili”

“La situazione a Gaza è apocalittica, ma nonostante le violazioni del diritto internazionale siano sotto gli occhi di tutti e la fame venga usata come arma di guerra, i leader mondiali continuano a non fare nulla. – ha dichiarato Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – La popolazione civile è abbandonata e in trappola, senza cibo e riparo dal freddo dell’inverno, i servizi pubblici non esistono praticamente più, il sistema umanitario è in ginocchio. Chiediamo alla comunità internazionale di fermare tutto questo perché le persone sono spinte a una disperazione inimmaginabile per sopravvivere. Esistono sia le leve diplomatiche che economiche, per far sì che Israele si fermi. Ogni giorno che passa senza un cessate il fuoco è una condanna a morte per centinaia di civili”.

Continuano i bombardamenti su Gaza Nord

A Gaza Nord continuano i bombardamenti. La Palestinian Civil Defence (PCD) stima che più di 2.700 persone siano state uccise e più di 10.000 ferite dall’inizio dell’assedio. I corpi di metà delle persone uccise non sono stati recuperati.

Al momento circa 130.000 persone sono state sfollate forzatamente nel Governatorato di Gaza Nord, il 70% (circa 91.000) sono donne e ragazze costrette in edifici abbandonati e rifugi sovraffollati a Gaza City. Uno sfollamento di massa che ha complicato ulteriormente la consegna degli aiuti, che già avveniva in condizioni disastrose.

In tutta la Striscia, la distribuzione di aiuti continua a essere deliberatamente ostacolata dall’esercito israeliano. I valichi al confine sono a malapena funzionanti, e solo quello di Erez Ovest (Zikim) rimane costantemente aperto. L’accesso umanitario per la popolazione in questo momento è ridottissimo.

900 mila sfollati impreparati all’arrivo dell’inverno

A peggiorare la situazione si prevede che le condizioni invernali colpiranno più di 1,6 milioni di persone accampati in rifugi di fortuna, tra cui mezzo milione esposte in zone a rischio di inondazioni.

Finora, solo il 23% degli sfollati ha ricevuto gli aiuti necessari per proteggersi da pioggia e freddo, oltre 900.000 sono del tutto impreparati.  

Un uovo è arrivato a costare 6 dollari

A questo si aggiunge l’impennata dei prezzi dei generi alimentari: un uovo è arrivato a costare 6 dollari. La maggior parte della popolazione al massimo può a malapena permettersi di comprare quantità irrisorie di verdure. Anche assicurarsi un pezzo di pane può essere un’impresa insormontabile: con sole 5 panetterie su 19 rimaste aperte in tutta la Striscia, tantissimi sono costretti ad affrontare code interminabili dalla mattina presto.

 L’appello per un immediato cessate il fuoco e la fine del “blocco” degli aiuti

Di fronte a quanto sta accadendo, Oxfam rilancia perciò un appello urgente: per un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente, il rilascio di tutti gli ostaggi e di tutti i palestinesi detenuti illegalmente; perché venga garantita la protezione dei civili e l’ingresso degli aiuti in tutta la Striscia, compreso il Governatorato di Gaza Nord, perché ai palestinesi sia garantita la possibilità di ritornare e ricostruire le loro case, vivere in pace e in dignità, liberi dall’occupazione e dal blocco”.

Richieste minime, che rispondono ai principi basici del diritto internazionale, del diritto umanitario, dei fondamenti dell’umanitarismo. Ma l’umanità è morta a Gaza. 

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