È stato definito un noir atipico o anche un giallo a doppio fondo e un romanzo teologico, “Ribellarsi alla notte” di Mimmo Muolo, vaticanista di Avvenire, uscito di recente per i tipi delle Edizioni Paoline.
E forse ognuna di queste definizioni ha in sé qualcosa di vero, perché il libro del giallo o del noir (se si vuole) ha tutte le caratteristiche. Ma la storia narrata nelle pagine di questo libro va oltre.
Possiede cioè un fascino che trascende il genere letterario e arriva dritto al cuore, invitando – il lettore – a confrontarsi con una indagine ben più difficile di quella condotta dai protagonisti della vicenda narrata.
Lo spunto è semplice. Tratto tra l’altro da un caso di cronaca. Poco dopo Natale, dal presepe allestito in una piazza romana qualcuno sottrae la statuetta di Gesù Bambino. Per il parroco don Eugenio è un atto gravissimo, ma per il commissario Mariotti, che riceve la sua denuncia, è un caso di poco conto.
Per ordini superiori, egli deve comunque dare precedenza al rapimento di Gesù Bambino e così, per ripicca, affida le indagini a quello che considera il meno capace dei suoi agenti.
Quando Rocco Gargiulo si mette al lavoro, molte piste sono aperte, ma nessuna è veramente convincente. Intanto, dalla finestra del proprio appartamento, Antonio, dodici anni, osserva tutto ciò che accade e annota i discorsi che crede di aver colto grazie alla sua capacità di leggere il labiale di quanti si avvicendano nella piazza. Parlando con lui, Gargiulo avrà l’intuizione che gli permetterà di ricostruire la ragnatela dei rapporti tra i diversi personaggi e gli farà scoprire una verità a doppio fondo.
Ecco, la vera indagine, in questo romanzo, la si può cogliere proprio scendendo sotto la superficie e seguendo il filo rosso indicato dall’autore di una ricerca della felicità che coinvolge tutti i personaggi e che si può sintetizzare così: quando Dio scompare dal nostro orizzonte che cosa succede alle nostre vite? Davvero si può essere più felici senza un riferimento trascendente?
Muolo pone la domanda come un sottofondo che attraversa tutti i capitoli, quasi un basso continuo, e lascia che ciascun protagonista dia la sua risposta. Compreso Antonio, il bambino che pagina dopo pagina si conquista il ruolo di “eroe” della vicenda.
Un eroe armato solo del suo sguardo di speranza che finisce per contagiare anche gli altri. È lui in definitiva il primo a ribellarsi alla notte, cioè al dubbio, all’oscuro, alla sfiducia, alla nebbia esistente che avvolge un po’ tutti in una delle scene memorabili del libro. Così questa storia di Natale si candida a diventare una storia universale. Perché a partire da una mangiatoia vuota ci invita a interrogarci sui vuoti esistenziali della nostra vita e a riempirli di senso.
di Antonietta Gnerre
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