Con la capacità che molto spesso i politici hanno, sebbene gli venga poco riconosciuta, il sindaco di Roma il 23 dicembre ha riassunto in poche parole lo spirito con cui la città si avvicina a questo Giubileo: ha detto infatti che l’inaugurazione avvenuta in quelle stesse ore del piccolo nuovo tratto di sottopasso che libera dal traffico la Piazza Pia che si trova all’inizio di Via della Conciliazione è un piccolo miracolo.
Vista la proverbiale inefficienza capitolina forse ha pure ragione, che Roma sia riuscita a concludere una piccola opera viaria in tempo per la sua scadenza è davvero un’impresa insolita. Ma in queste ore di inconsueto gelo urbano il sindaco di Roma, alle porte del Vaticano, parlando della sua impresa tesa a consentire l’opportuna pedonalizzazione del tratto romano tra tra Castel Sant’Angelo e San Pietro, non si è soffermato sui servizi comunali per i sempre numerosi senza tetto, dalle mense ai dormitori pubblici, ai centri per gli anziani non autosufficienti, dei quali certamente la città si sarà arricchita in questi mesi: dunque ha parlato come noi. Questa attenzione all’inusuale e radicale emergenza freddo verso questo popolo sempre più numeroso al quale il papa, a cui evidentemente con questa opera il sindaco dimostra di tenere, ha prestato enorme attenzione e opere senza precedenti, in noi infatti risuona poco.
Così il Comune la avrà anche avuta questa attenzione nel gelo di questo Natale, ma se ne parla poco, non risuona in queste ore di vigilia del Natale. E’ il traffico e la viabilità a farla da padrona nei nostri pensieri, nelle nostre attenzioni. E’ un tempo frettoloso il nostro, che sa prestare poca attenzione a chi è fuori dai nostri confini privati.
L’opera giubilare inaugurata dal sindaco e dalla premier è una piccola estensione del pre-esistente tunnel, ma aiuta ricordare che infondo anche loro, i tunnel, sono come i ponti, strumenti di collegamento, di connessione tra punti distanti, magari disconnessi tra di loro. E i ponti oggi servono molto più dei muri che seguitano a tormentare le nostre geografie culturali, con divisioni e barriere che allontanano invece di unire, avvicinare.
Per questo la Porta Santa più emblematica della sfida giubilare è quella che si aprirà a Rebibbia, il 26 dicembre, quando sarà inaugurata proprio nel carcere romano l’opera realizzata dall’artista Marinella Senatori e dai detenuti, “Io contengo moltitudini”, pensata per essere vista dai detenuti e dai loro familiari. Il prefetto Vaticano del dicastero per la cultura ha detto che l’arte è un ottimo mezzo di trasporto per navigare il mondo, donando così profondità al “piccolo miracolo” del sindaco, che ha dato con la sua isola pedonale ai pellegrini un ottimo mezzo di trasporto per navigare tra le opere d’arte del centro della capitale.
Sarà l’opera di Marinella Senatori a farci capire meglio perché, come dice la bolla giubilare, “la speranza mai delude”, non nel senso dell’ottimismo, ma della consapevolezza che la speranza “ è tutti i giorni, la trovi nei piccoli angoli della tua vita e lì c’è la speranza che ti porta avanti”. Ecco che i senza-tetto che vanno avanti anche in questo inusuale gelo romano e i detenuti che procedono fuori dal nostro perimetro visivo, rimossi dallo spazio urbano, divengono i veri simboli del giubileo dedicato a questa speranza che non delude mai: “Nell’Anno giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto. Propongo ai Governi che nell’Anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza, forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società, percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi”.
La decisione del presidente degli Stati Uniti Biden, proprio in queste ore in cui comincia il Giubileo, che ha commutato in ergastolo la pena di 37 dei 40 condannati a morte a livello federale ha dato una risposta di speranza alla speranza giubilare.
Vivere il Giubileo è dunque una richiesta per tutti, credenti, non credenti, agnostici, credenti in tanti altri modi: imparare insieme ad aprire una porta, nel nome della speranza e non della chiusura, settaria, ideologica, identitaria, impaurita, rancorosa, prevenuta, cioè – in una parola- alla speranza.
L'articolo Il giubileo di speranza: connessione, umanità e arte tra ponti, tunnel e solidarietà per tutti proviene da Globalist.it.