Nessuna sorpresa di fine anno. La Commissione europea, come aveva anticipato nelle settimane scorse, ha dato luce verde all’erogazione degli 8,7 miliardi – 6,9 miliardi di euro in prestiti e 1,8 miliardi di euro in sovvenzioni – che compongono la sesta rata del Pnrr dopo la revisione del 2023 che ha ridotto gli esborsi fino a quest’anno prevedendo poi un recupero dal 2025.
L’esborso dei fondi è arrivato nel giorno in cui le risorse erogate complessivamente ai 27 Paesi membri hanno toccato quota 300 miliardi su un totale di 650. L’Italia è il Paese ad aver ricevuto di gran lunga di più, ovvero 122,2 miliardi. “L’erogazione è frutto di un intenso lavoro, svolto in sinergia anche con la Commissione europea, che ci spinge a proseguire in questa direzione per il benessere” dell’Italia, ha festeggiato via X la premier Giorgia Meloni. La maggioranza come sempre esulta, omettendo che l’Italia è lo Stato che ha ricevuto più soldi anche perché era quello che ne aveva chiesti di gran lunga di più.
“L’Italia si conferma lo Stato membro Ue che ha ricevuto l’importo maggiore di finanziamento, pari a 122 miliardi di euro, corrispondente al 63% della dotazione complessiva del Piano”, ha commentato per esempio il neo ministro per gli Affari europei Tommaso Foti annunciando che c’è “l’impegno del Governo per formalizzare, entro fine anno, anche la richiesta di pagamento della settima rata, pari a 18,3 miliardi di euro”.
La sesta richiesta di pagamento, che ha ricevuto la valutazione preliminare positiva della Commissione lo scorso 26 novembre, includeva 39 tappe e obiettivi riguardanti diversi ambiti: dalla lotta al lavoro sommerso alle riforme nella pubblica amministrazione e nella politica fiscale, fino al sostegno agli anziani non autosufficienti. Tra gli obiettivi conseguiti figurano “la realizzazione di nuove infrastrutture per il trasporto del gas (Linea Adriatica) e per l’autonomia energetica dell’Italia, il rinnovo della flotta per il comando nazionale dei vigili del fuoco, i crediti d’imposta per la transizione ecologica 4.0 e l’attivazione della misura per la transizione ecologica 5.0“, ha spiegato in una nota il governo.
“L’Italia ha ricevuto più soldi semplicemente perché è il Paese che ha chiesto di più”, ha sottolineato Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, rimarcando invece la sfida dell’attuazione del Pnrr: “Sulla spesa la situazione è molto preoccupante visto che 2 progetti su 3 sono a rischio ritardo, le opere completate sono un misero 18%”.
Ma la sfida del Pnrr non è solo italiana. Dalla buona riuscita del Next Generation Ue dipende anche molto del dibattito futuro a Bruxelles sulla messa in campo di modelli simili, per la difesa comune o per rilanciare la competitività del continente. Non a caso Palazzo Berlaymont ha evidenziato il raggiungimento di una quota importante, quello dei 300 miliardi erogati finora ai 27 Paesi membri. Anzi, ventisei, in quanto i fondi per l’Ungheria restano congelati dopo che l’Ue ha fatto sapere a Viktor Orban di non essere per nulla soddisfatta dalle modifiche richiesta su alcune leggi che, per la Commissione, confliggono con lo Stato di diritto. Con la sesta rata all’Italia l’esecutivo comunitario ha esborsato risorse anche a Germania, Repubblica Ceca, Portogallo, Romania.
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