In un clima di tributi, ringraziamenti, onori, la Camera dei deputati ha accettato le dimissioni di Enrico Letta. Con 204 sì, 63 contrari e 1 astenuto l’ex premier può finalmente andare incontro alla sua nuova vita da decano della IE School of Politics, Economics and Global Affairs di Madrid, per la quale a inizio ottobre aveva annunciato che avrebbe rimesso il mandato parlamentare. Al posto di Letta subentra la dem veneta Rosanna Filippin.
Letta ha fatto un bel discorso di commiato. Dopo aver ringraziato tutti e aver mandato “un grande in bocca al lupo” a Elly Schlein che ha preso il suo posto alla guida del Pd, ha lanciato un appello a non inseguire “il peggio che la politica sta da tempo sviluppando nelle nostre democrazie: polemiche e estremismo, disprezzo reciproco, disconoscimento del ruolo degli uni e degli altri, insulti e fake news. Un incubo”. “Se amiamo la democrazia – ha aggiunto – abbiamo bisogno gli uni degli altri, dobbiamo riconoscere che sono importanti i nostri ma senza gli altri non esiste la democrazia parlamentare. In tanti anni in quest’aula sono stato tante volte all’opposizione e in maggioranza, in maggioranza in cui eravamo tutti, e ho capito che dagli altri e con gli altri si impara e si cresce, con gli altri si serve insieme questo straordinario e unico Paese. Averlo servito in questa aula è stato il più grande onore della mia vita”.
Bene, bravo, bis. Anzi, tris. Tra i tanti messaggi di affetto e attestazioni di stima per l’ormai ex deputato, arrivati anche dal presidente di turno Giorgio Mulé di Forza Italia, ce n’è stato uno che, incrociato con le memorie della politica, si è caricato di una certa dose di comicità, presumibilmente involontaria. “Grazie di tutto questo che hai fatto, Enrico. Non ho capito se è un addio definitivo, ma ricordiamoci sempre che non c’è 2 senza 3…”, ha detto Benedetto Della Vedova, tra gli applausi dell’emiciclo. Non è la prima volta che Letta si dimette da deputato a metà mandato: lo stesso avvenne nel 2015, quando l’allora fresco ex premier salutò Montecitorio per assumere il ruolo di preside del prestigioso Institut d’études politiques de Paris-Sciences Po. Anche allora applausi e omaggi per l’uomo che pochi mesi prima Matteo Renzi aveva scalzato da Palazzo Chigi.
Ospite di Corrado Augias su La7, a metà ottobre, dunque pochi giorni dopo aver annunciato le dimissioni accolte oggi dalla Camera, Letta ha spiegato di aver scelto di dimettersi “per due motivi”: “Primo perché credo che chi perde le elezioni debba fare un passo indietro”, ha detto in riferimento al fatto che guidava lui il partito quando ha preso l’indimenticabile mazzata delle politiche del 2022. Secondo, perché “sono fermamente convinto che ciascuno debba avere una professione, al di là dell’attività politica. E la mia mi consente non di smettere, ma di continuare a fare battaglie politiche e lottare con ancora più forza”. E, insomma, la domanda di Della Vedova appare legittima: Letta si ritira in via definitiva o dopo aver curato le ferite della sconfitta lo vedremo tornare per la terza volta a chiedere, ottenere e poi magari nuovamente disattendere il mandato degli elettori per un altro importante incarico professionale?
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