“Tutto quello che le nostre équipe mediche hanno visto sul campo durante questo conflitto è coerente con le descrizioni fornite da un numero crescente di esperti legali e organizzazioni secondo cui a Gaza è in corso un genocidio”. Lo dice chiaramente, per la prima volta, Medici senza frontiere, nel suo ultimo report conflitto in corso nella Striscia da 15 mesi, lanciato da Israele in risposta al massacro del 7 ottobre. Come ha spiegato durante la presentazione del report il segretario generale di Msf Christopher Lockyear, “pur non avendo l’autorità legale per stabilire l’intenzionalità” del massacro di civili palestinesi (oltre 45 mila i morti secondo i dati delle autorità locali che non distinguono tra civili e combattenti), Msf ha ravvisato “innegabili evidenze di pulizia etnica”, tra cui “uccisioni di massa, gravi lesioni fisiche e mentali, sfollamento forzato e condizioni di vita impossibili per i palestinesi sotto assedio e sotto i bombardamenti”.
Finora Msf, come altre organizzazioni internazionali, avevano parlato di massacro, ma il prolungarsi indefinito della guerra a Gaza sta portando molti osservatori a modificare il giudizio in termini peggiorativi. La prima grande organizzazione internazionale a parlare di genocidio a Gaza è stata Amnesty International, in un rapporto del 5 dicembre. Giorni fa, anche l’ong Human Rights Watch a una definizione molto dibattuta nella comunità internazionale a proposito dell’offensiva israeliana sulla Striscia, che è oggetto anche di un causa all’alta Corte delle Nazioni Unite aperta dal Sudafrica a fine 2023 nel tentativo di fermare il conflitto. Israele respinge con forza l’affermazione e accusa di antisemitismo chi usa il termine genocidio per descrivere il massacro in corso.
Il rapporto di Msf dettaglia come l’esercito israeliano negli ultimi 15 mesi abbia impedito l’ingresso nella Striscia di beni essenziali come cibo, acqua e forniture mediche, oltre a bloccare, negare e ritardare l’assistenza umanitaria. Circa 1,9 milioni di persone, ossia il 90% dell’intera popolazione della Striscia, sono state sfollate con la forza, molte costrette a spostarsi più volte.
“Per più di un anno, il nostro personale medico a Gaza è stato testimone di una campagna implacabile da parte delle forze israeliane, caratterizzata da distruzione, devastazione e disumanizzazione di massa”, ha detto Lockyear, che ha visitato Gaza all’inizio di quest’anno. “I palestinesi sono stati uccisi nelle loro case e nei reparti ospedalieri. Sono stati sfollati con la forza più volte in aree che non sono né sicure né salubri”.
Le autorità israeliane hanno ridotto drasticamente la quantità di aiuti essenziali autorizzati ad entrare nel nord e a ottobre 2024, i rifornimenti per la Striscia di Gaza hanno toccato il punto più basso dall’inizio della guerra: a ottobre 2024 sono entrati in media 37 camion di aiuti umanitari al giorno, ben al di sotto dei 500 camion umanitari che entravano prima del 7 ottobre 2023.
Da ottobre 2023 a ottobre 2024, solamente lo staff di Msf ha dovuto evacuare 17 volte le strutture in cui opera e ha subito 41 attacchi e incidenti, tra cui raid aerei, bombardamenti e incursioni militari nelle strutture sanitarie, spari sui rifugi e sui convogli dell’organizzazione, detenzione arbitraria di colleghi da parte delle forze israeliane. Meno della metà dei 36 ospedali di Gaza sono funzionanti, peraltro solo parzialmente.
Le strutture in cui Msf opera stimano di aver effettuato almeno 27.500 visite mediche a feriti di guerra e 7.500 interventi chirurgici. Amputazioni e cure di ustioni, ma anche cure per lesioni cutanee, infezioni respiratorie e diarrea, dovute alle scarse condizioni igieniche in cui vivono gli sfollati. Condizioni che si prevede peggiorerà con l’abbassamento delle temperature invernali. Anche Msf, come altri organismi dell’Onu, hanno osservato un aumento del numero di casi di malnutrizione.
Israele, scrive Msf, ha reso ancora più difficile l’evacuazione medica delle persone con la chiusura del valico di Rafah a maggio 2024. A settembre 2024 le autorità israeliane hanno autorizzato l’evacuazione di soli 229 pazienti, pari all’1,6% dei palestinesi messi in lista.
La situazione umanitaria è particolarmente grave nel nord della Striscia dopo la recente offensiva militare di Israele che ha spopolato vaste aree e, secondo quanto riferito, ucciso quasi 2.000 persone. La parte settentrionale della Striscia, in particolare il campo di Jabalia, è sotto assedio delle forze israeliane dal 6 ottobre 2024.
Msf ribadisce il suo appello per un cessate il fuoco immediato e duraturo. Secondo il rapporto di Msf, anche se l’offensiva militare israeliana su Gaza terminasse oggi, i suoi impatti a lungo termine sarebbero senza precedenti per il livello di distruzione e le enormi sfide per fornire assistenza sanitaria in tutta la Striscia. Rimarrebbero i feriti da curare e le macerie da scavare. L’Onu ha stimato che sotto i detriti lasciati dai bombardamenti si trovino almeno 10 mila cadaveri.
L'articolo “Gaza è una trappola mortale”: nel nuovo rapporto di Medici senza frontiere “chiari segnali di pulizia etnica” nella Striscia proviene da Il Fatto Quotidiano.