Ercole e Minerva scolpiti dalle mani di Antonio Bosa accolgono all’ingresso principale dell’edificio, monitorando dall’alto dei loro piedistalli in pietra l’inizio della visita all’interno di Palazzo Carciotti. Migliaia di metri quadrati per cinque piani di corridoi, stanze comunicanti in cui perdersi tra affreschi intonacati e scatoloni dimenticati in uno dei tanti traslochi. Fino al solaio che sottende l’imponente cupola rivestita in rame, alle statue sferzate dalle raffiche di bora.
Il sindaco Roberto Dipiazza e l’assessore al Patrimonio immobiliare Elisa Lodi danno appuntamento all’entrata dell’edificio su Riva Tre Novembre, fino a trent’anni fa varcata da chi doveva recarsi nelle sale blu della Capitaneria di Porto. La dirigente dell’Ufficio comunale all’Immobiliare Lucia Tomasi apre lo spesso portone in legno e accompagna nell’atrio dell’edificio.
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Mezzo gradino in giù separa il traffico cittadino dal più antico testimone del neoclassicismo triestino, edificato tra il 1798 e il 1805 su progetto di Matteo Pertsch e commissionato dal commerciante greco Demetrio Carciotti. La maestosità dell’esterno si scontra subito con la trascuratezza dei volumi interni: i soffitti appaiono marciti e mangiati dall’umidità, le pareti scrostate, i vetri delle finestre rotti in più punti.
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Il pavimento all’ingresso, eroso da anni di continui allagamenti, è stato spazzato di recente, forse nel tentativo di fare ordine in occasione di uno dei tanti sopralluoghi effettuati negli ultimi mesi da realtà interessate a ridare vita al palazzo.
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È stata infine Generali Real Estate ad aggiudicarsi il Carciotti all’asta con una proposta di 13 milioni e 200 mila euro, il doppio del valore mai offerto prima dalla compagnia.
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Il Leone tornerà così nella sede dove nel 1831 emise il suo primo ruggito, poi abbandonata in favore del vicino Palazzo Geiringer. «Il Carciotti tornerà nel solco della sua storia e i ricavati saranno reinvestiti in altre opere per la città: un investimento importante per tutta Trieste», dicono il sindaco Dipiazza e l’assessore Lodi nella sala centrale del piano terra, ringraziando il personale dell’Immobiliare per il lavoro svolto negli ultimi sei anni.
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L’offerta delle Generali rispecchia, se non il pessimo stato attuale, quanto meno le potenzialità dei 14 mila metri quadrati del palazzo. Il piano del Leone, anticipato al Piccolo dall’amministratore delegato di Generali Real Estate Aldo Mazzocco, prevede un investimento stimabile in 60 milioni e non meno di tre anni e mezzo tra progettazione e cantieri.
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L’unica sezione del Carciotti a mantenere del decoro è quella sul retro, con accesso su via Genova, dove il parquet d’epoca è l’ultima testimonianza di un passato altrimenti sommerso dai ripetuti interventi del Novecento. In questa parte Generali prospetta uno sviluppo residenziale, ristrutturando e frazionando in appartamenti quegli spazi che fino a pochi anni fa ospitavano uffici comunali e della Polizia locale.
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L’ala monumentale, quella affacciata sulle Rive, ospiterà un hub di innovazione progettato dall’architetto Carlo Ratti, oltre ad altri uffici per la compagnia. È la parte di maggior pregio dell’edificio, vincolata dalle Belle arti, ma anche la più degradata. L’entrata presenta pareti erose dalle infiltrazioni, come la parte del piano terra verso la corte interna, che originariamente ospitava le scuderie per i cavalli, una tipografia, dei magazzini.
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L’imponente scala principale accompagna al piano nobile, in passato residenza di Demetrio Carciotti. Facile smarrirsi tra i corridoi affacciati sul mare, tra le stanze vuote in cui sopravvivono ancora le stufe in maiolica, i camini antichi, alcuni bassorilievi. In più punti si vede come la Soprintendenza abbia cercato di far riemergere gli affreschi originari, attribuibili a Giuseppe Bernardino Bison, negli incautamente coperti da passate di intonaco bianco o cipria.
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I piani superiori ebbero negli anni numerose destinazioni. Nel 1831 il Carciotti fu la prima sede delle Generali, in seguito dell’Acegas e dell’Avvocatura, di cui restano ancora cartelli con riportato il nome dei funzionari. Il sottotetto, dov’erano sistemati gli alloggi della Capitaneria, accompagna dunque all’imponente cupola. Rivestita in rame e sormontata dall’aquila napoleonica, in passato fu destinata a studio di pittori e artisti.
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Il pavimento è ricoperto di polvere e pezzi di solaio, in parte crollato sotto i colpi della bora. Da qui il balcone offre infine una vista rara sulle Rive, vegliate dallo sguardo delle sei statue mitologiche che dominano Palazzo Carciotti. —
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