Un vero e proprio “cordone sanitario” con l’obiettivo di isolare le destre estreme. E di stabilizzare il Paese, con un governo di unità nazionale, in uno dei momenti più difficili e delicati della sua recente storia democratica, anche in vista della ripetizione delle elezioni presidenziali.
È questo lo scenario che si sta concretizzando in Romania, nazione ancora sotto choc per l’annullamento delle presidenziali deciso dalla Consulta, che ha evocato possibili maligne influenze dall’estero per portare alla vittoria lo sconosciuto e controverso esponente dell’ultradestra, Calin Georgescu.
A Bucarest mercoledì i maggiori partiti dell’arco costituzionale, pro-Ue e filo-occidentali, hanno rotto gli indugi. E hanno concordato di lavorare insieme per formare una maggioranza escludendo dai giochi le frange più estreme, leggi l’ultradestra: «maggioranza filoeuropeista», è stato annunciato, che dovrebbe comprendere il Partito socialdemocratico (Psd), arrivato primo alle parlamentari con il 22% circa dei voti, il Partito Nazionale Liberale (centrodestra conservatore), terzo tra gli elettori con il 13,2%, e anche l’Unione Salvate la Romania (Usr, liberali) di Elena Lasconi, arrivata seconda alle presidenziali.
Stampella della futura maggioranza il partito Udmr, che rappresenta la folta minoranza magiara, con più deputati di altre minoranze nazionali.
L’accordo di governo – che sarà finalizzato a breve – taglia fuori dai giochi le destre. Destre come l’Aur di George Simion, giunto secondo alle parlamentari con un 18%, ma anche partitini minori come le due nuove formazioni di estrema destra entrate in Parlamento, il partito Sos Romania e il Partito della gioventù (Pot), che un po’ a sorpresa hanno superato la soglia di sbarramento fissata al cinque per cento.
Insieme, il “gruppone” di destra – con tendenze nazionalistiche e venature anti-Ue e anti-Nato – ha raggiunto un buon 32%, ma non sarà sufficiente a governare, almeno in questo giro. Governo che invece avrà un forte indirizzo europeista: e «nei prossimi giorni lavoreremo con i quattro partiti» alla base dell’accordo e rappresentanti in Parlamento «delle minoranze etniche» a un chiaro «programma di governo comune, basato su sviluppo e riforme», hanno assicurato dunque i leader coinvolti nel progetto.
Il progetto, hanno svelato i media di Bucarest, dovrebbe essere gestito da un premier gradito a tutti i partiti. I due nomi che circolano sono al momento quelli del socialdemocratico uscente Marcel Ciolacu o del leader in pectore del Pnl, Ilie Bolojan.
Non è finita. Il cordone anti-ultradestra potrebbe spingersi oltre, concordando un nome comune sul quale puntare per le nuove elezioni presidenziali, in modo da contenere i rischi di un nuovo exploit di un esponente dell’ultradestra filorussa, magari lo stesso Georgescu. Le presidenziali si potrebbero tenere all’inizio dell’ano prossimo - la decisione spetterà al nuovo esecutivo - mentre l’attuale capo di Stato, Klaus Iohannis, ha già annunciato che resterà in carica fino alla scelta di quello che sarà il suo successore.—
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