In Siria è l’ora della resa dei conti e delle vendette contro i fedelissimi del regime di Assad deposto dalla rivolta dei jadhisti. Scattano le esecuzioni sommarie degli aguzzini del rais deposto. Li sono andati a prendere nelle loro case, tirati giù dai nascondigli improvvisati. Sono state decine le esecuzioni sommarie condotte oggi in varie regioni della Siria, in particolare nelle zone di Idlib, Latakia, Hama, Homs e Damasco. Trascinati in strada, a Latakia, porto nord-occidentale siriano per decenni descritto come la roccaforte del potere degli Assad. Membri di quelle che fino a pochi giorni fa erano i terribili servizi di controllo e repressione governativi, sono stati giustiziati con colpi di pistola alla tempia o raffiche di mitra su tutto il corpo. Stessa sorte è toccata ad altri esponenti degli apparati di sicurezza del regime. Uccisi e i loro cadaveri trascinati a lungo per le strade di Idlib, roccaforte dei jihadisti ora al governo a Damasco, mentre la folla inferocita li prendeva a calci.
Almeno 40 cadaveri accatastati con evidenti segni di tortura e con fresche tracce di sangue sono stati ritrovati a Damasco nell’ospedale militare di Harasta. Ma il terzo giorno della “rivoluzione” è anche il giorno in cui continuano a riemergere testimonianze scioccanti delle sevizie compiute per decenni dagli aguzzini del regime nei confronti dei detenuti politici nella prigione di Saydnaya. Nel carcere è stata trovata una delle sale di tortura. Il leader dei miliziani jihadisti Ahmad Sharaa, al Jolani, ex terrorista sul quale pendeva una taglia di 10mila dollari da parte degli Usa, cambia pelle e si presenta all’occidente come un moderato. La comunità internazionale “non ha più nulla da temere dalla Siria dopo il rovesciamento del regime di Bashar al Assad”. Lo ha dichiarato a Sky News, aggiungendo che “i loro timori sono inutili, se Dio viole”. Il leader salafita ex affiliato a Isis e Al Qaeda si presenta al mondo sbarbato, non più col suo nome di battaglia ma con quello anagrafico, Ahmed al-Sharaa. Il giudizio delle cancellerie occidentali è sospeso.
Il leader della rivolta che ha portato alla deposizione di Assad, assicura che ”la Siria verrà ricostruita. Il Paese si sta muovendo verso lo sviluppo e la ricostruzione. Sta andando verso la stabilità. La gente è esausta per la guerra. Quindi il Paese non è pronto per un’altra guerra e non ci entrerà”. In mattinata aveva annunciato l’intenzione di pubblicare una lista dei “nomi degli ufficiali più anziani coinvolti nella tortura del popolo siriano”. “Offriremo ricompense a chiunque fornisca informazioni su alti ufficiali dell’esercito e della sicurezza coinvolti in crimini di guerra”. Resta salvo l’impegno alla tolleranza “verso quanti non hanno le mani macchiate del sangue del popolo siriani. Abbiamo concesso l’amnistia a chi era in servizio obbligatorio. Ma garantiremo giustizia alle vittime e puniremo i colpevoli”.
Il premier incaricato, Muhammad Bashir, ha promesso che il suo nuovo governo “scioglierà i servizi di sicurezza” del dissolto regime. “Il paese vive giorni complessi ed è alla ricerca di un precario equilibrio”, dice il primo ministro ad interim. Intervistato in esclusiva dal Corriere della Sera, assicura che è iniziata la transizione. “Si sono presentati tutti gli ex ministri per cominciare il lavoro. Mancavano soltanto, per ovvie ragioni, quello dell’Interno e della Difesa, ma abbiamo rimediato con i direttori generali. Il clima è stato di collaborazione”, dice. “Sappiamo di ereditare un’amministrazione elefantiaca tormentata dalla corruzione. In fondo il regime si è divorato da solo, ma nel frattempo la gente viveva male”. Il governo di transizione avrà una durata di tre mesi, fino al prossimo marzo.
“Il debito è enorme, la sfida ciclopica, ma abbiamo l’esperienza di Idlib dove abbiamo avuto successo. Ci vorrà tempo, ma ce la faremo”, dice al Bashir. Tre i primi obiettivi: ristabilire la sicurezza e la stabilità in tutte le città della Siria, far tornare i milioni di profughi siriani che sono all’estero e pianificazione strategica. “I siriani non possono vivere nella precarietà di servizi essenziali come l’elettricità, il pane, l’acqua”. Sarà «islamica» la nuova Costituzione? «A Dio piacendo, chiariamo tutti questi dettagli durante il processo costituente».
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