Era stato inserito nell’elenco dell’Ispra degli stabilimenti a rischio incidente rilevante il deposito dell’Eni di Calenzano (Firenze), dove lunedì mattina sono morte 5 persone e 26 sono rimaste ferite, a seguito di una violentissima esplosione.
E di questi siti, il Veneto, è pieno: sono 22 in provincia di Venezia, 20 a Vicenza, 15 a Verona, 12 a Padova, 8 a Treviso e a Rovigo e 2 a Belluno, per un totale di 87 impianti che, in caso di incidente, potrebbero richiedere l’evacuazione immediata del territorio circostante. Di più, 247, ce ne sono solo in Lombardia.
Ed è anche per questo che il sindaco di Calenzano e il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani hanno chiesto il trasferimento dei depositi dove è avvenuto l’incidente.
Ed è per questo che il consigliere di minoranza del Comune di Venezia Gianfranco Bettin, da sempre sensibile ai temi ambientali, ha presentato un’interrogazione al sindaco Luigi Brugnaro, chiedendogli lumi a proposito del passo indietro del Comune e della Regione, sul progetto di dislocazione all’interno della zona industriale di Porto Marghera dello stabilimento San Marco Petroli, che oggi si trova a esattamente 180 metri di distanza dal centro abitato della frazione di Malcontenta.
«Una scelta irresponsabile e miope – l’ha definita Bettin – che inchioda Malcontenta alla vicinanza con impianti, tra i più pericolosi esistenti oggi». Quello di San Marco Petroli è un impianto per lo stoccaggio di combustibili, destinatario di un’ultima ispezione nell’aprile 2022, e il cui trasferimento era previsto nell’ambito del progetto di risanamento e riorganizzazione territoriale “Vallone Moranzani”, poi tramontato.
Ma il destino di questo stabilimento è simile a quello di tanti altri impianti, collocati sul territorio regionale e nazionale.
Nell’elenco redatto dall’Ispra, si alternano impianti chimici, stabilimenti per la produzione di prodotti farmaceutici, per la fabbricazione di sostanze chimiche. E poi siti per lo stoccaggio del gpl, industrie di plastica e gomma, altre per il trattamento dei metalli.
«Sono tutti stabilimenti che, per le loro attività, utilizzano specifiche sostanze pericolose e sono quindi classificati come a “rischio di incidente rilevante”» fanno presente dalla Protezione civile, «Significa che un incidente in questi stabilimenti può determinare un incendio, un'esplosione o una nube tossica con pericolo grave, immediato o differito per la salute umana e per l'ambiente».
Gli effetti possono essere diversi, a seconda della tipologia dell’incidente, delle caratteristiche delle sostanze rilasciate, della loro concentrazione nell’aria o nell’acqua, della durata dell’esposizione e della dose assorbita. «In caso di incendio, ad esempio, gli effetti sulla salute – e quindi ustioni, danni alle vie respiratorie o intossicazione – sono legati principalmente al calore e ai fumi della combustione.
In caso di esplosione, gli effetti sono dovuti alle onde d’urto provocate o dal lancio a distanza di materiale. Mentre, in caso di nube tossica, gli effetti sono procurati da inalazione, ingestione o contatto con la sostanza: malessere, lacrimazione, nausea, difficoltà respiratorie, perdita di conoscenza». Effetti che in parte ripetono quanto visto in questi ultimi giorni a Calenzano.