Oltre duecento ore di didattica frontale, a cui si aggiungono esami, tesi e ricevimenti, per una retribuzione di 12 mila euro lordi l’anno.
Così muore la professione del professore universitario nell’Italia di oggi. È un triste bilancio quello di Francesco Spagna, 62 anni compiuti, docente di Antropologia culturale all’Università di Padova. «La trappola delle docenze a contratto è strutturale», sintetizza.
E dopo tanti anni ha deciso di appellarsi al giudice del lavoro e fare causa dall’ateneo. «Garantiscono la copertura di ampia parte della didattica, vengono poste in essere da un ente che ne ricava un consistente risparmio, a condizioni che le rendono “insindacabili”, fuori da qualsiasi logica di tutela dei diritti e della dignità del lavoro».
Francesco Spagna ha conseguito il dottorato in Antropologia culturale e sociale nel 1997, dopo aver trascorso un periodo nelle tribù indiane del Nord America. Nel 2000 ha avuto contratti di docenza all’Università di Torino, del Piemonte Orientale e di Macerata. E dal 2006 ha iniziato a tenere, continuativamente, docenze a contratto all’Università di Padova.
«Il principio della continuità didattica, unito alle buone valutazioni degli studenti, mi hanno garantito il rinnovo dei contratti anno dopo anno» spiega Spagna. «Sono arrivato a coprire fino a sette diversi contratti. Nel 2020 ho svolto circa 190 ore di didattica per un compenso totale, retribuito in tranche uniche a fine rapporto di poco superiore ai 9 mila euro lordi».
Ha insegnato ai corsi di Laurea di Infermieristica, Psicologia, Sociologia e Scienze della formazione.
«In tutto questo arco temporale ho tenuto decine di corsi, esaminato migliaia di studenti e seguito come relatore centinaia di tesi», evidenzia il professore, che si è affidato all’avvocato Alberto Impellizzeri del foro di Venezia.
Il docente ha voluto mettere in fila i fatti in un lungo memoriale, dove viene raccontato il calvario di una figura professionale che dovrebbe essere di massimo livello e invece viene retribuita con un compenso di 1.800 euro lordi annui per 42 ore di lezione.
«Nell’attesa che qualcosa si sbloccasse, il tentativo in questi anni è stato di puntellare la situazione con altre collaborazioni occasionali» continua Spagna. «Difficile però risalire la china, raggiungere una soglia retributiva accettabile».
Nei suoi scritti sottolinea la sfasatura tra il lavoro effettivamente svolto all’Università da una parte e il mancato riconoscimento dall’altra. Un lavoro comparabile a quello dei colleghi strutturati ma incomparabile sul piano retributivo.
«Il mancato riconoscimento, protratto nel tempo, produce una sensazione di inadeguatezza», ammette Spagna. «A questa sensazione ho cercato di rispondere con una forma di resilienza, facendo al meglio il mio lavoro. Mi sono impegnato al massimo nella didattica, per ottenere un ritorno sul piano psicologico. Un circolo vizioso. E per questo ho continuato a controfirmare le clausole sui contratti di docenza: clausole che impediscono qualunque difesa sindacale».
I contratti di docenza si rivelano così una trappola occupazionale: l’esperienza didattica, anche decennale, non determina alcun punteggio accademico. «Come docente a contratto mi sono trovato in una condizione di sotto precariato, di invisibilità» ragiona l’antropologo. «Per strada incontro spesso studenti che mi salutano. Non sanno che non sono un docente come gli altri. Non si può vivere con un tale paradosso».
Spagna vive sulla propria pelle anche un’altra ingiustizia. Nel 2016, grazie a una campagna per il ritorno dei cervelli in fuga, a Padova arrivò un’antropologa strutturata che venne messa al suo posto, salvo poi abbandonare alla vigilia delle sessioni d’esame. E dopo essere stato “buttato via” Spagna venne ripescato per rattoppare il buco lasciato.
Un percorso professionale sempre a singhiozzo, dall’inizio alla fine. Ma la fine non è ancora stata scritta.
«L’istanza presentata ha messo in evidenza la continuità didattica ventennale con l’Università di Padova, documentando tutto il lavoro svolto e profilando un abuso di contratti precari, e la conseguente perdita di opportunità derivata da una condizione di reiterato sfruttamento lavorativo» dice Spagna. «La prima udienza è stata a maggio del 2024. Nel frattempo, i contratti di docenza a Psicologia non mi sono stati rinnovati: attualmente ho solo un insegnamento al corso di Pedagogia». E sono 1.800 euro lordi in un anno. —