di Ludovico De Lutiis
Le recenti modifiche allo Statuto, al codice etico, all’organizzazione territoriale e all’indirizzo politico del Movimento 5 Stelle seguenti alla consultazione degli iscritti vengono e verranno analizzate dai media soprattutto in relazione al conflitto fra Beppe Grillo e Giuseppe Conte e alla collocazione politica a livello concreto del movimento. Tuttavia esse hanno una notevole rilevanza anche in relazione alla collocazione teorico-politica dei 5 Stelle. Non tanto per il quesito sulla collocazione politica che, a causa delle opzioni presentate, non chiarisce più di tanto la filosofia politica sposata dal movimento: Progressisti indipendenti (che ha vinto con il 36,7%), Forza progressista (22,09%), Forza di sinistra (11,53%) e Nessun posizionamento (26,24%) non sono alternative appartenenti alla medesima scala teorica; sarebbe stato più corretto formulare almeno due differenti quesiti, uno sulla collocazione nello spettro sinistra-destra e uno sulla collocazione nello spettro progressisti-conservatori, lasciando in entrambi i casi l’opzione nessun posizionamento, cara ad una parte della base. In attesa che venga eventualmente chiarito ulteriormente a livello teorico-politico il significato di Progressisti indipendenti, si può, alla luce anche delle dichiarazioni del leader Giuseppe Conte a commento dei risultati, ipotizzare la seguente collocazione politica.
Con le sue parole, progressisti indipendenti significa “radicali nei valori, pragmatici nelle soluzioni”. Ma quali valori e quali soluzioni è il punto per comprendere l’ideologia di una forza politica. Alla luce dei risultati dei quesiti e delle parole di Conte, i valori e le soluzioni risultano entrambi di sinistra.
Di sinistra prima di tutto nel significato classico, alla Bobbio, di forza votata a produrre la maggiore uguaglianza possibile. E nettamente più a sinistra del PD, che dal celeberrimo discorso di Veltroni al Lingotto, ha insistito sulla uguaglianza di opportunità, richiedendo invece i 5 Stelle uguaglianza sostanziale, come rivendicato da Conte che parla di un filo rosso nei referendum: “ l’articolo 3 secondo comma della Costituzione”. Conte nel discorso finale fa riferimento a proposte di sinistra economica, intersecandole anche con proposte che denotano il progressismo morale, riempiendo così quest’ultimo di contenuti. Del primo tipo sono la riduzione dell’orario di lavoro, il reddito minimo legale e la “norma Olivetti” per impedire che un manager possa prendere 500 600 volte lo stipendio di un suo operaio. Del secondo il “reddito di libertà per le donne vittime di violenza” e la parità salariale.
Fra i quesiti sottoposti agli iscritti spicca quello sul “Workers buyout: ingresso dei lavoratori nella proprietà e governance” dove il sì ha vinto con il 92%. I documenti di sintesi sui vari temi come sanità, economia, istruzione, approvati tutti con percentuali bulgare, risultano molto egualitari, redistributivi e favorevoli all’intervento dello Stato in economia, partendo dall’obiettivo di “dare piena attuazione ai principi di progressività e capacità contributiva”. Particolarmente di sinistra è il programma di “riforma del sistema sanitario e tutela della persona”, che prevede centralità della sanità pubblica (che tornerebbe allo Stato con una nuova riforma del titolo V della Costituzione), rafforzamento dei servizi territoriali, tutela della salute mentale, promozione di stili di vita sani ed equità e sostenibilità del sistema, in linea con il welfarismo delle più avanzate socialdemocrazie novecentesche. Un programma realistico alla luce della proposta di Aumento dei “finanziamenti per la sanità pubblica almeno ai livelli della media OCSE in termini di spesa sanitaria/PIL”; nel 2023 in Italia la spesa sanitaria pubblica è stata del 6,2% del PIL, mentre la media OCSE è del 6,9%.
Lo ius scolae presentato come una misura per integrare e quindi anche per prevenire la criminalità di strada descrive bene il tentativo dei 5 Stelle di rendere appetibile un programma palesemente di sinistra anche ad una parte dell’elettorato non di sinistra; “combattere le insicurezze senza alimentare le paure”, nelle parole di Conte. Nondimeno, il riferimento costante alla Costituzione italiana e al bisogno della sua piena attuazione pone il programma, visto lo slittamento a destra dell’asse politico negli ultimi decenni, in un ruolo assolutamente compatibile con l’iscrizione al gruppo parlamentare della sinistra europea, recentemente compiuta. Conte afferma che “essere progressisti significa proteggere i diritti, le conquiste già acquisite, ma battersi anche per nuovi diritti, un nuovo cammino”.
Ciò si concretizza anche in una posizione progressista sui temi morali come la legalizzazione della cannabis, votata dall’84,2% degli iscritti che hanno partecipato al voto. Ciò in linea con una ideologia di fondo illuministica che si manifesta in quesiti come la legge sul fine vita (89,22%) e la carne coltivata (68,86%). Sempre in tema di tutela degli animali non umani, nel documento sulla riconversione ecologica si legge della necessità di un “processo di graduale riconversione del proprio sistema di allevamento” e della progressiva abolizione della caccia. Dunque i 5 Stelle si pongono ancor più che in passato come una forza politica del logos, nella contrapposizione con il mythos, secondo il criterio nel quale Marco Revelli vede uno dei 5 significati di sinistra e destra. Lo dimostra in maniera clamorosa il quesito (con vittoria del sì al 65,34%) sulla progressiva abolizione del contante, che è strenuamente difeso dalla parte della popolazione intuizionista fino a quella antiscientista e che segue teorie complottistiche estreme e che i media erano soliti ascrivere all’elettorato 5 Stelle.
Vi è una tendenza del Movimento, fin dalla sua nascita, che cresce progressivamente, verso la depenalizzazione dei reati senza vittime, appunto in linea con un filone illuministico che ha permeato differenti culture politiche negli ultimi secoli trovando in Italia nella Sinistra indipendente la sua più chiara manifestazione. Il gruppo parlamentare esistito fra il 1968 e il 1992 era costituito da candidati indipendenti nelle liste del PCI, il quale con una generosità unica nella storia delle democrazie metteva a disposizione il 10 – 15 % dei propri seggi a personalità della cultura con idee di sinistra non comunista. Vi erano cattolici, socialisti e azionisti, ma erano uniti proprio dalla fedeltà alla Costituzione e da una visione del mondo illuministica, ponendosi come avanguardia su temi etici e dando forza al PCI su quelli economici. Fra quegli ideali vi era il pacifismo di molti indipendenti di sinistra, che ritroviamo tanto nel discorso di Conte che ricorda l’articolo 11 della Costituzione, per il quale l’Italia ripudia la guerra, quanto nel documento votato su “Politica di pace ed Europa” dove vi è anche lo spazio per la avanzatissima proposta della “educazione alla pace” nel percorso scolastico. In linea con ciò, i 5 Stelle propongono eurobond per non far ricadere sui più deboli la transizione ecologica e si battono per un sistema elettorale senza premi di maggioranza e con preferenze. Eredità dell’humus culturale della Sinistra indipendente è anche la lotta per la legalità, da sinistra, “contro tutte le prepotenze” e “contro i conflitti di interesse”, per usare le parole di Conte; la giustizia come strumento di difesa dei più deboli.
Ma l’eredità pentastellata della collocazione politica della Sinistra indipendente non sarebbe così evidente senza due circostanze. Uno dei membri del pantheon del M5S ricordati da Conte con la fotografia di ciascuno sui maxischermi, quello che riscuote l’applauso maggiore e riceve da Conte le parole più ammirate, fu parlamentare della Sinistra indipendente: Stefano Rodotà. Il suo nome viene evocato per introdurre l’obiettivo di un nuovo umanesimo digitale, incentrato sulla accessibilità della rete e sulla sua neutralità, mentre attualmente, ricorda Conte, i signori del web condizionano le campagne elettorali. Rodotà, come molti ricorderanno, fu il candidato del Movimento 5 Stelle al Quirinale nel 2013 ed aveva i numeri per diventare presidente della Repubblica, essendo stato persino presidente del PDS, divenuto poi DS, membro fondatore del PD.
La seconda circostanza è più tecnica. Il dato più utile di questo nuovo inizio del Movimento 5 Stelle per collocarlo politicamente è il rapporto con la competenza. La vera rivoluzione di Conte, l’unico ambito nel quale è stata necessaria discontinuità con la storia del Movimento per renderlo una forza politica progressista più simile ad un partito novecentesco è l’abolizione del limite dei due mandati, attraverso 7 quesiti che hanno vinto con percentuali fra il 54 e il 79 e che porteranno ora ad una sintesi che Conte ha deciso che verrà nuovamente sottoposta agli iscritti. Infatti la regola dei due mandati rappresenta un approccio teorico-politico votato alla rotazione del potere, ispirato alla democrazia diretta della Grecia antica più che alla sinistra politica, per quanto possa essere considerata una enfasi sul governo delle leggi contrapposto al governo degli individui, uno dei criteri individuati da Revelli per distinguere sinistra e destra. Ma sembra più corretto considerare questo genere di casi all’interno della contrapposizione fra principio di competenza e altre forme di selezione della classe dirigente: da Platone in poi, nella storia del pensiero occidentale si possono distinguere le filosofie politiche che pongono molta enfasi sul ruolo degli intellettuali e, nell’ultimo secolo e mezzo, dei partiti come entità capaci di elevare anche culturalmente la popolazione e quelle che non lo fanno.
I 5 Stelle nascono proprio in contrapposizione al principio di competenza rendendo, per i propri primi anni di esistenza, molto semplice per qualsiasi iscritto poter essere candidato alle cariche elettive. Chiaramente tale novità ha avuto un impatto immaginativo forte su una parte dell’elettorato, ma ha visto essere i 5 Stelle probabilmente il gruppo parlamentare con il più alto numero di defezioni della storia repubblicana: una selezione basata su un video di autopresentazione, un cv e un casellario giudiziale ha permesso a decine e decine di cittadini di farsi eleggere nei 5 Stelle e cambiare gruppo (nella sola legislatura 2018-2022, 173 defezioni, al netto di una vocazione piuttosto marcata alle espulsioni).
Inoltre il Movimento 5 Stelle, come riferito da diversi suoi membri, ha vissuto un percorso di scoperta degli aspetti più tecnici dell’esercizio del potere legislativo e sviluppato un naturale bisogno di ricerca di maggiore competenza possibile: “dobbiamo prepararci bene per rispondere sempre più efficacemente ai bisogni dei cittadini”, per usare ancora le parole di Conte. Questo prepararsi bene riguarda appunto il superamento dei due mandati, che permetterà alle migliori competenze di servire nelle istituzioni più a lungo, e riguarda anche la selezione vera e propria. Sono stati approvati i seguenti quesiti: “Obbligo aver frequentato alcuni corsi della Scuola di formazione”, “Proposte di candidatura rese pubbliche con largo anticipo”, “Aver dimostrato aver svolto percorsi attivismo politico” e, solo con il 51,3%, la draconiana “La prima candidatura solo a livello comunale”. Sono requisiti importanti che Conte commenta con enfasi: “è un messaggio che ci date: volete valorizzare le esperienze e le competenze”.
La scuola di formazione dovrebbe in particolare svolgere un ruolo fondamentale per preparare una classe dirigente preparata e portatrice dei valori del Movimento. Difficile non pensare al ruolo dell’Istituto di studi comunisti di Frattocchie, che formò per decenni la classe dirigente comunista. Il PCI, in linea con il pensiero di Gramsci, Togliatti e Berlinguer sugli intellettuali e sul ruolo del partito e in contrasto con la sinistra operaista, ha sempre tenuto in grandissima considerazione il principio di competenza e la conseguente importanza del partito, portando nelle istituzioni persone preparatissime e motivate, quello che aspira a fare il nuovo Movimento 5 Stelle. Ma lo scarso radicamento sociale e la scarsa egemonia culturale dei 5 Stelle rendono per ora impossibile qualsiasi paragone con il PCI; al contrario, come detto, i pentastellati possono essere presentati come eredi della Sinistra indipendente, avendo anche già portato in parlamento alcune importanti risorse del Paese che 40 anni fa probabilmente lì avremmo trovato, come ad esempio Sergio Costa, Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato, e proponendosi di portarne sempre in maggior numero. In tal modo l’eredità di Rodotà si manifesterà non solamente in ambito digitale, dove pure vi è molto da fare come mostra la vita di Julian Assange, ma in tutti i settori.
Vedremo come proseguirà questo percorso che da una parte rinnova il movimento politico fondato sul concetto “uno vale uno” e sulla richiesta di democrazia diretta, ma dall’altra evolve esattamente nella direzione di una sinistra laica, illuminista e affamata di conoscenza che era già l’humus culturale nel quale si erano sviluppate le 5 stelle che inizialmente rappresentavano acqua pubblica, ambiente, mobilità sostenibile, sviluppo e connettività, ora evolute in beni comuni, ecologia integrale, giustizia sociale, innovazione tecnologica ed economia eco-sociale di mercato, posizioni compatibili con la cultura politica della Sinistra indipendente.
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