Il governo spagnolo, guidato da Pedro Sánchez, ha posto al centro della sua agenda politica i diritti sociali e l’uguaglianza. La proposta di inserire in Costituzione il diritto all’aborto, il matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso e il salario minimo dimostra la volontà di costruire un Paese più ancora più giusto e inclusivo. “Il benessere della maggioranza deve prevalere sulle disuguaglianze” ha affermato il premier spagnolo durante il suo discorso al 41° Congresso del partito a Siviglia.
Quello che Sánchez vuole intraprendere per la Spagna non sarà un percorso privo di ostacoli, la modifica della Carta fondamentale richiede infatti una maggioranza qualificata in Parlamento e, in alcuni casi, la convocazione di un referendum. L’opposizione dei partiti conservatori, in particolare del Partido Popular e di Vox, è già stata esplicitata. Questi ultimi, in particolare, si sono schierati apertamente contro il matrimonio egualitario e l’aborto, promettendo una strenua battaglia parlamentare.
In Europa, la legislazione sull’aborto presenta notevoli differenze: mentre in Spagna e Austria è consentito fino alla quattordicesima settimana di gravidanza, in molti altri Paesi, come l’Italia, il limite è fissato a dodici settimane. Il periodo massimo per interrompere una gravidanza varia ampiamente tra i Paesi membri dell’UE, da un minimo di dieci settimane in Portogallo a un massimo di ventiquattro nei Paesi Bassi. La recente introduzione di ostacoli all’aborto in Bulgaria, dove il limite è di dodici settimane, ha riacceso il dibattito in molti Paesi europei, compresa l’Italia. Al contrario, Malta e Polonia, con forti radici cattoliche, mantengono leggi estremamente restrittive in materia.
Lo scorso 11 aprile, la questione dell’aborto ha diviso il Parlamento europeo con 336 voti a favore, 163 contrari e 39 astensioni. Nonostante la maggioranza a favore, la risoluzione che chiede l’inserimento del diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue ha un valore puramente politico e non è vincolante per gli Stati membri. La legge spagnola sull’aborto, approvata nel 2010, garantisce alle donne il diritto di interrompere la gravidanza entro le prime quattordici settimane. Costituzionalizzare questo diritto significa elevarlo a norma fondamentale, sottraendolo all’arbitrio delle maggioranze politiche e assicurandone la tutela anche in futuro.
La Spagna, negli ultimi anni, si è inoltre distinta in Europa per la sua avanzata legislazione sui diritti LGBTQ+ e sul lavoro. Dal 2005, il matrimonio egualitario è legge, e ora il governo mira a rafforzare ulteriormente questi diritti, inserendoli nella Costituzione. Parallelamente, l’aumento significativo del salario minimo, che ha raggiunto i 1.134 euro lordi mensili nel 2023, dimostra l’impegno del Paese verso una maggiore equità sociale. Il futuro della Spagna è quindi in gioco. Le riforme proposte da Sánchez rappresentano una svolta epocale, ma il loro successo dipenderà dalla capacità di superare le resistenze politiche e di costruire un consenso ampio attorno ai valori di uguaglianza e giustizia sociale.
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