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L’Argentina dopo un anno di “cura Milei”. L’inflazione non corre più ma l’economia soffre, la povertà dilaga e le diseguaglianze aumentano. Mentre il welfare scompare

Quando ha assunto la carica di presidente dell’Argentina, il 10 dicembre 2023, Javier Milei ha affermato che “non c’erano più soldi” e ha promesso “il più grande aggiustamento fiscale nella storia dell’umanità”. L’obiettivo del neo-eletto era ridurre l’inflazione e rilanciare la crescita economica del Paese. Anche la sua campagna elettorale si era concentrata su questi temi: Milei aveva attraversato l’Argentina brandendo una motosega, simbolo dei tagli drastici al bilancio statale che aveva promesso di realizzare una volta al governo.

Appena arrivato alla Casa Rosada, ha ridotto la spesa pubblica di circa un terzo e ha svalutato il peso argentino. Misure drastiche che hanno fatto suonare i primi allarmi: i critici del presidente prevedevano che il leader del partito di destra La Libertad Avanza non sarebbe rimasto in carica fino all’anno successivo e che alla fine del 2024 il Paese sarebbe stato in fiamme come successo nel 2001, quando l’Argentina stava vivendo una delle peggiori crisi economiche e sociali della sua storia.

Un anno dopo l’Argentina non è in fiamme e, contrariamente alle aspettative, alcuni dati macroeconomici sono migliorati. Ad ottobre l’inflazione mensile è stata del 2,7%, il dato mensile più basso negli ultimi tre anni, e, contro ogni previsione iniziale, il 2024 si potrebbe concludere con un avanzo primario del bilancio pubblico. Il rischio Paese (usato per valutare il livello di rischio legato alla possibilità che un Paese non riesca a onorare i propri obblighi finanziari) è migliorato e il peso argentino si è rafforzato.

Questo, insieme a privatizzazioni, liberalizzazioni e deregolamentazioni, ha richiamato l’interesse degli investitori internazionali. In uno dei suoi ultimi discorsi, Milei ha dichiarato che il Paese sta per entrare nel suo momento migliore. In realtà l’Argentina continua ad attraversare una fase drammatica: nei primi sei mesi di governo, secondo l’Istituto nazionale di statistica, 5,5 milioni di persone sono entrate in povertà e oggi il 52,9% della popolazione vive sotto la soglia di indigenza. È il dato più alto degli ultimi vent’anni.

Meno potere d’acquisto – Tra il secondo trimestre del 2023 e lo stesso periodo del 2024, la popolazione ha perso in media circa il 12% del potere d’acquisto. Le disuguaglianze nella distribuzione del reddito sono aumentate, i consumi sono crollati e il prodotto interno lordo è sceso del 3,4% rispetto alla prima metà dell’anno precedente. Sia la Banca Mondiale che il Fondo Monetario Internazionale concordano sul fatto che quest’anno l’Argentina sarà l’economia dell’America Latina con la maggiore contrazione economica.

“Milei non è un politico di professione, ma un outsider. È un populista, perché mantiene una relazione diretta con le masse senza l’intermediazione delle istituzioni, e un tecnocrate perché il suo governo si basa sulla sua conoscenza e gestione dell’economia”, spiega a IlFattoquotidiano.it il politologo e sociologo argentino Andrés Malamud. Nonostante la sua popolarità abbia subito un calo, la base elettorale che lo aveva scelto continua a dargli supporto. “Milei può contare su un sostegno equivalente al voto che aveva ottenuto al ballottaggio. Questo è dovuto in particolare alla riduzione dell’inflazione. Oggi Milei si presenta come un faro della libertà mondiale e il predicatore globale del libero mercato”.

Ricette neoliberiste – Lo smantellamento dello Stato è tra gli elementi identitari delle politiche economiche adottate dal presidente, che si definisce un “anarco-capitalista”. Nel 2024 ha chiuso 13 ministeri, mandando a casa circa 30mila dipendenti statali che sono stati licenziati o a cui non è stato rinnovato il contratto di lavoro. Ha tagliato i fondi per l’istruzione, la sanità e la cultura. “In Argentina una certa classe politica e molti economisti avevano convinto i cittadini che lo Stato potesse spendere più del necessario, e che la Banca Centrale dell’Argentina potesse finanziare lo Stato continuando a emettere moneta. Milei ha deciso che questo doveva finire e che lo Stato sarebbe stato amministrato in modo austero, come un’attività privata. Il calo dell’inflazione e del ‘rischio Paese’, registrati nell’ultimo periodo, si basano su questo pilastro”, commenta Aldo Abram, economista e direttore della Fundacion Libertad y Progreso.

Una delle prime misure adottate da Milei è stata la riduzione della quantità di moneta in circolazione. Inoltre, il presidente ha effettuato una svalutazione controllata del peso, portando il tasso di cambio ufficiale più vicino al valore di mercato. L’intervento sulla valuta ha causato un aumento immediato dell’inflazione, contribuendo a correggere il divario tra il tasso di cambio ufficiale e quello del mercato nero (il “dolar blue”).

“L’altra questione centrale riguarda il debito con il Fondo Monetario Internazionale. Nella storia dell’Argentina l’aumento del debito è una costante: abbiamo avuto nove sospensioni e ristrutturazioni dei pagamenti perché lo Stato non riusciva a pagare. Ora sta diminuendo e non è un caso che accada nel momento in cui non si spende più di quanto si incassa. Quindi, man mano che l’economia si riprende, prevediamo che il debito diminuirà e che ciò garantirà la solvibilità del nostro Paese nel tempo”, prosegue Abram sottolineando che “Milei sta portando avanti una riforma dello Stato. Il prossimo passo sarà intervenire sulla pressione fiscale, diminuendo le tasse”.

Tra celebrazione e speculazione – Non tutti però sono d’accordo, come l’economista e giornalista Alejandro Rebossio. “I risultati di Milei sono una ‘celebrazione finanziaria’ ma rimangono diverse preoccupazioni. Il maxi condono fiscale, insieme alla politica del ‘deficit zero’, hanno entusiasmato gli investitori portando a un apprezzamento del peso. La maggiore incognita è che si tratti di pura speculazione e che un giorno gli investitori possano ritirarsi, soprattutto perché l’apprezzamento del peso finirebbe per scoraggiare l’attività economica in settori come l’industria, l’agricoltura, la produzione audiovisiva e la produzione di software”, spiega. Inoltre se si vedono alcuni miglioramenti nella congiuntura macroeconomica, lo stesso non si osserva nell’economia reale.

Industria, edilizia e turismo interno in crisi – I settori che coinvolgono un maggiore numero di persone, imprenditori e dipendenti, continuano a soffrire. L’industria e l’edilizia, dove sono impiegati quasi cinque lavoratori su dieci, stanno vivendo un arretramento storico che colpisce anche il turismo interno. “Il rischio ora è la crescita della disoccupazione”, prosegue Rebossio. “C’è un altro problema: con l’aumento delle tariffe dei servizi pubblici, luce, gas, acqua e trasporti, rispetto al passato oggi la gente destina una parte maggiore del proprio stipendio per pagarli. Anche se qualcuno dice che i salari si stanno riprendendo, non è del tutto vero. La gente sente che non riesce ad arrivare alla fine del mese e spende meno, per esempio al supermercato, perché deve destinare più soldi per pagare le bollette”.

Choc neoliberista – La perdita del potere di acquisto non è stata omogenea tra le differenti fasce di reddito della popolazione e ha colpito, in particolare, il 20% più povero. La disconnessione tra le differenti classi sociali è così sempre più evidente. “Il governo di Milei ha generato uno choc neoliberista. I cosiddetti successi si basano su politiche insostenibili, come la deregulation e il congelamento dei salari. La riduzione dell’inflazione è dovuta principalmente alla caduta della domanda interna, con un conseguente blocco dei consumi e una stagnazione economica”, commenta l’economista e sociologa Lucy Cavallero.

“Il modello, fondato sull’apertura alle importazioni, non è sostenibile e condurrà a una crisi economica che si sta posticipando solo grazie a nuovi prestiti da parte di organismi internazionali. Inoltre stiamo assistendo a una deriva autoritaria che mina i valori storici della società argentina, come il rispetto dei diritti umani”.

Meno diritti sociali – Milei ha infatti eliminato il ministero dello Sviluppo sociale e il ministero delle Donne con un conseguente depotenziamento dei programmi a sostegno delle classi vulnerabili, comprese le vittime di violenza di genere, nonostante l’elevato numero di femminicidi che si registrano nel Paese. Si è detto contrario all’aborto e ha vietato l’uso del linguaggio inclusivo negli uffici pubblici, prima obbligatorio. In un anno la sua amministrazione ha ridotto i programmi di welfare, inclusi quelli per l’infanzia nonostante oggi sette bambini su dieci siano poveri, congelato le pensioni e bloccato i finanziamenti per la ricerca universitaria e scientifica.

Soffre l’accademia – “La crisi economica ha avuto un impatto negativo sul sistema accademico, con un aumento dell’abbandono degli studi. L’incremento dei costi e degli affitti non è stato compensato da borse di studio adeguate che potessero favorire l’accesso e la permanenza all’università”, dice Piera Fernández de Piccoli, presidente della Federación Universitaria Argentina. Nel 2024 gli studenti, insieme al personale degli atenei, hanno organizzato proteste e manifestazioni in tutto il Paese in difesa dell’educazione pubblica, gratuita e di qualità. Insieme ai pensionati, sono stati il principale fronte di opposizione al governo. “Molti progetti di ricerca, tra cui quelli dedicati alla scienza e alla tecnologia, non si sono svolti a causa della mancanza di fondi. Non sono state più realizzate molte attività extracurriculari come partecipazione a congressi o uscite sul campo. La situazione è stata aggravata dal malcontento per la condizione salariale di docenti e amministrativi, che ha subìto una forte perdita del potere d’acquisto, creando un clima di incertezza che ha ulteriormente influenzato il regolare svolgimento dei percorsi accademici”.

Tagli a mense e integrazione sociale – L’ajuste di Milei ha colpito anche i comedores populares, le mense che offrono pasti gratuiti a persone in difficoltà, nonostante l’aumento dei fruitori del servizio nel 2024, in particolare anziani e pensionati. Nell’economia popolare che unisce lavoratori informali, “è scomparso il supporto dello Stato per coloro che – come i lavoratori tessili, i cartoneros (che si occupano di raccogliere e rivendere materiale riciclato come cartone, plastica, metallo che trovano nei rifiuti, ndr) e i lavoratori del settore assistenziale – cercano di sopravvivere. Le politiche pubbliche che garantivano loro un minimo livello di dignità sono state distrutte”, commenta Nicolas Caropresi, rappresentante del Movimento Trabajoders Excluidos.

“Nei quartieri popolari il governo ha interrotto ogni tipo di progetto di integrazione sociale. La disoccupazione è aumentata con gravi ripercussioni sulla salute mentale come l’incremento della depressione, dei suicidi e del consumo di droghe. Il narcotraffico ha preso piede con un controllo sempre maggiore del territorio. Un fenomeno che sarà difficile invertire. Questa politica sembra essere il risultato di una chiara ideologia: lasciare che il mercato agisca come unico ordinatore sociale, senza intervento statale, dove la logica comunitaria è sostituita dal ‘si salvi chi può’. È il peggior governo dalla dittatura”.

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