Politicamente l’amore tra i due è grande, quasi travolgente. Eppure le ricette economiche di Donald Trump rischiano di diventare davvero indigeste per Javier Milei e la “sua” Argentina. Non solo e non tanto perché le barriere commerciali colpirebbero anche l’import di prodotti del paese sudamericano ma, soprattutto, per le conseguenze che le politiche protezionistiche decantate dal presidente-eletto avranno sul dollaro e sul rapporto con le altre valute.
Il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman ha pubblicato un articolato post in cui spiega come l’introduzione dei dazi sia destinata a rafforzare il dollaro. Semplificando molto: “Se l’import diventa più costoso (e questo viene trasferito sui prezzi dei beni al consumo), il dollaro si apprezza per compensare l’inflazione e ristabilire la parità di potere d’acquisto con gli altri stati”.
In quanto valuta di riferimento globale, ciò che accade al dollaro ha pesanti implicazioni ben oltre i confini statunitensi. Come accade ogni volta che il biglietto verde si apprezza, a soffrire di più sono i paesi che emettono cospicue quantità di obbligazioni in dollari. Ciò è tipico tra i paesi emergenti che, ancorando il loro debito ad una valuta pregiata, hanno più facilità nell’attirare capitali esteri. Se però il dollaro si rafforza (e i debitori fanno ricavi nella valuta del loro paese) pagare gli interessi, e rimborsare i titoli che giungono a scadenza, diventa più oneroso.
I paesi sudamericani hanno una lunga tradizione di obbligazioni emesse in dollari. Sono circa il 17% del totale, a fronte di una quota del 3% che caratterizza le nazioni asiatiche. Colombia ed Argentina svettano come i paesi con le quote più cospicue di bond denominati nella valuta statunitense, rispettivamente del 30 e di ben il 55%. L’Argentina è quindi forse il paese al mondo destinato a risentire di più di un rafforzamento del dollaro. Ciò non dipende però solo dalla quota di obbligazioni ma anche dai dollari che le aziende riescono ad incassare esportando i loro prodotti. Ma se le barriere doganali diventano più impervie anche questo flusso di introiti potrebbe assottigliarsi.
Infine, l’apprezzamento del dollaro produce pure un altro effetto pericoloso per i paesi emergenti. Ha l’effetto di “risucchiare” denaro verso gli Stati Uniti. Gli investitori internazionali scelgono paesi più rischiosi perché offrono rendimenti maggiori. Ma se il valore degli asset statunitensi, ovviamente in dollari, sale, diventa meno conveniente scegliere titoli argentini, boliviani o vietnamiti, etc. In passato i bruschi e massicci movimenti di quello che viene definito “hot money”, che esce da un paese con la stessa velocità con cui ci è entrato, hanno messo in ginocchio le finanze di diversi stato.
L'articolo Tra Milei e Trump è grande amore, ma l’Argentina rischia di pagare carissimo le politiche del futuro presidente proviene da Il Fatto Quotidiano.