IVREA. Ci sono le risate, gli scherzi, le prese in giro, ma c’è tanta storia, tanta cultura e soprattutto tanta “scuola di vita”, nel docufilm sui cent’anni di vita dell’Associazione universitari canavesani, presentato domenica al Giacosa, in una serata condotta da Alberto Bolzoni e accompagnata dalla canzoni del coro La Serra.
Una storia, quella dell’Auc, iniziata non sotto i migliori auspici: proprio nel 1924, anno di fondazione dell’ordine goliardico cittadino, il regime sciolse tutte queste organizzazioni per dare spazio ai Guf (Gruppi universitari fascisti), una decisione che non spense l’entusiasmo degli studenti eporediesi, almeno fino alla guerra, quando la goliardia si vide costretta ad “andare in sonno”, fino alla fine del conflitto. L’emozione della rinascita, nel documentario, è affidata alle parole di Diego Sabolo, nato come l’Auc nel 1924 e scomparso solo pochi mesi fa, dopo aver festeggiato il secolo di vita e aver partecipato a molte iniziative organizzate dall’ordine per il centenario: «C’era voglia di fare festa, dopo anni durissimi e nel Carnevale trovammo il nostro spazio, divertendoci, ma anche dando vita a nuove iniziative, come la fiaccolata del sabato sera, nata proprio per iniziativa di noi goliardi nel 1947 per accompagnare la Mugnaia Gertrude Olivetti dalla sua abitazione sulla collina di Montenavale sino al centro città, scortata con le fiaccole che avevamo preso alla stazione ferroviaria».
La goliardia ha subito molte evoluzioni legate al cambiare dei tempi. Una delle tradizioni più rimpiante è quella della “liberatio” degli studenti delle scuole superiori cittadine. Un momento citato con rimpianto in diversi punti del documentario: «Ricordo in particolare la liberazione al Moreno – racconta Laura Aluffi -: la madre superiora cercava di opporsi, ma regolarmente capitolava non appena gli studenti minacciavano di intonare le “canzonacce” davanti alle allieve».
Roberto Ricci, invece, ricorda uno degli episodi più eclatanti della storia goliardica eporediese: «Il Botta tradizionalmente osteggiava la liberazione, così un anno decidemmo di agire in maniera preventiva: mi procurai una betoniera, una buona scorta di mattoni e nottetempo murammo l’ingresso del liceo. Se ci impedivano di far uscire gli studenti, noi abbiamo fatto in modo che non potessero entrare». Di quell’episodio, ancora se ne parla.
Particolarmente apprezzato dalla platea, domenica, l’intervento del sindaco Matteo Chiantore: «La goliardia rappresenta la storia della nostra città e ci insegna a non prendere la vita troppo sul serio, ma non è questa la ragione per cui abbiamo concesso il teatro per questo evento. Per la mia generazione restano indelebili i ricordi della liberazione, ma non è per questo che vi abbiamo concesso il teatro. Questo documentario contribuirà al patrimonio culturale della nostra città, ma non è per questo che vi ho concesso il teatro. Ve l’ho concesso solo per dare fastidio al consigliere Cantoni». Risate e applausi. Per chi non fosse addentro alle questioni amministrative e goliardiche della città, Andrea Cantoni è un pugnace e combattivo consigliere comunale di opposizione, ma anche il Principe del Soas, l’ordine goliardico rivale dell’Auc.
Nel documentario si susseguono immagini e testimonianze, dai “vecchi” sino agli ultimi prefetti, compreso l’attuale reggente dell’ordine, Mario Moro che ha avuto l’onore di guidare l’Auc in questo anno indimenticabile per la goliardia, che è una vera scuola di vita, come è stato sottolineato in diversi interventi e che, soprattutto in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, «diventa la lente dell’ironia, quella che può salvarti da qualsiasi cosa». —