«A partire dal 1° gennaio 2025, per tutti i servizi in rame, in corso di erogazione è applicato un incremento dei prezzi pari al 10 per cento, del valore complessivo». Si legge così al comma 11 dell’articolo 76-bis che, firmato dal deputato di Fratelli d’Italia Carmine Fabio Raimondo, vorrebbe emendare la legge di bilancio. Si tratta di quella che, ormai, viene conosciuta come la Proposta emendativa 76.07, che – nelle intenzioni – punta a favorire lo switch-off delle connessioni dal rame alla fibra, ma che – in questo modo – se approvato andrebbe a incrementare del 10% i costi dei servizi in rame (come l’ADSL), pur in presenza di una road map che prevede che il passaggio completo alla fibra dovrebbe avvenire entro il 2030. Sappiamo bene che il passaggio alla fibra è un punto fondamentale della transizione digitale e che su questa azione infrastrutturale si stanno concentrando gli sforzi del governo, anche perché si tratta di un requisito fondamentale (per il quale è stata prevista una fetta molto ampia di PNRR) per poter andare avanti anche sull’ammodernamento di altri servizi. Ma tentare di accelerare lo switch-off aumentando i costi dei servizi in rame sembra proprio voler individuare una sorta di tassa sull’ADSL che, inevitabilmente, andrà a ricadere sui cittadini.
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Come si è detto in apertura, l’emendamento prevede esclusivamente un incremento dei prezzi per i servizi in rame pari al 10%. Non è chiaro su chi debba pesare questo aumento, se sulle società che assicurano i servizi di connessione o direttamente sul cittadino. Fatto sta che quest’ultimo, insieme alle imprese, potrebbe anche essere bersaglio indiretto di questo aumento: se i costi dovessero aumentare per le società di servizi, è molto facile che queste ultime possano prevedere direttamente degli aumenti sul canone di fornitura. Dunque, da qualsiasi punto di osservazione si voglia analizzare la situazione, il problema per i cittadini ancora non raggiunti dalla rete in fibra o per quelli che hanno – allo stato attuale – un servizio di connessione basato sul rame sembrerebbe evidente. Ovviamente, se si deciderà di andare avanti con l’emendamento.
Come si vedrà in maniera approfondita in un secondo articolo del nostro monografico di oggi, questo aumento sarebbe funzionale alla costituzione di un fondo per lo switch-off necessario per coprire «gli oneri di tutti gli operatori per la migrazione degli utenti verso le reti a banda ultra larga ad altissima capacità». Una sorta di ulteriore aiuto di Stato, insomma, per raggiungere un obiettivo auspicabile, ma che dovrebbe essere strutturale al sistema Paese e non certo gravare sulle spalle dei cittadini.
La lunga marcia per dotare l’Italia intera della fibra e della connessione alla banda ultralarga è sempre stato un tallone d’Achille dell’innovazione tecnologica del nostro territorio. Non è un problema soltanto di copertura della rete, ma anche delle utenze che si collegano a questo servizio: a fine 2023, infatti, erano tre milioni le abitazioni raggiunte dalla rete in fibra, ma quelle potenzialmente collegabili erano oltre 14 milioni. Un divario che – adesso – potrebbe essere incoraggiato da questo aumento dei prezzi per il rame. Anche se non è chiaro quello che succederà, invece, in quelle aree (cosiddette aree bianche) che non sono ancora raggiunte dalla fibra e che non lo saranno nemmeno nei prossimi mesi.
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