«Ottantaquattro naufraghi da salvare e tra loro una mamma che stringeva al petto il suo bimbo di appena due mesi, talmente forte da non riuscire più a muovere le braccia per ore. La cosa più difficile è stata sfilarglielo dalle mani per portarlo in salvo».
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Sono passati quasi sei mesi dal salvataggio della motonave di linea Audace, che il 12 giugno scorso ha rischiato di colare a picco nel Golfo di Trieste vicino a Grado. Ma il vigile del fuoco Ezio Rojc ha ancora davanti agli occhi quella mamma terrorizzata e il suo piccolo.
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È stato uno degli interventi più toccanti della sua lunga carriera in divisa. «Adesso mi permetto le lacrime – dice con la voce rotta dall’emozione e le lacrime agli occhi, azzurri come il “suo” mare –. Sono genitore anch’io e quella scena mi ha davvero stretto il cuore. Sotto la divisa c’è un essere umano e una volta passata l’emergenza affiora l’impatto emotivo, soprattutto in casi del genere». Rojc, coordinatore regionale dei sommozzatori dei vigili del fuoco, quel giorno era a bordo di una delle motovedette intervenute in soccorso del traghetto di linea dell’Apt di Gorizia sulla linea Grado-Trieste. L’imbarcazione ha rischiato di affondare a 5 miglia dalla costa. Quel salvataggio gli è rimasto nel cuore: «È andata di lusso perché non si è fatto male nessuno – ricorda –. Tutti i passeggeri e l’equipaggio sono stati portati a riva incolumi. Il rischio che qualcuno si ferisse o cadesse in acqua era altissimo perché il mare era agitato e tra i passeggeri, quasi tutti turisti stranieri, c’erano persone fragili: anziani con difficoltà motorie e bambini».
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È il suo collega Alessandro Sancin, vice comandante provinciale di Trieste a ripercorrere l’emergenza: «Siamo stati allertati a metà mattina dalla Capitaneria di Porto della Guardia costiera. Avevano appena ricevuto il MayDay dalla motonave che imbarcava acqua. Le nostre squadre di nautici e sommozzatori erano già in mare, impegnati nella ricerca di un disperso. Siamo arrivati in pochi minuti».
Nel frattempo il comandante aveva evacuato il traghetto trasferendo i passeggeri nelle zattere di emergenza, in balìa del mare mosso. Due operatori sono saliti a bordo e hanno tranquillizzato subito le persone, in attesa dell’arrivo dei colleghi e della Guardia costiera, che ha coordinato le operazioni. «Poi abbiamo provveduto al trasbordo dei naufraghi su un rimorchiatore – riprende Rojc – e alla messa in sicurezza della motonave per evitare che andasse alla deriva». Un intervento complesso, che ha richiesto ore di lavoro e di coordinamento con le altre forze intervenute.
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«Dal punto di vista operativo è stata come un’esercitazione ben riuscita – concludono i due vigili del fuoco – ma se pensiamo che era tutto reale, il risultato è ancora più importante».
Del resto è questa, da sempre, la vocazione dei pompieri: salvare vite, prendersi cura di chi è in difficoltà. La festa di Santa Barbara, celebrata ieri, è stata l’occasione per ribadirlo ancora una volta. E per lasciare spazio ai sentimenti nascosti sotto la divisa. «Sentirmi utile vale più di qualsiasi stipendio» conclude Rojc, che da 32 anni veste l’uniforme che sognava di indossare fin da bambino. Proprio i bambini ieri pomeriggio sono stati protagonisti di Pompieropoli al comando di via D’Alviano, sperimentando in un percorso ludico-educativo le attività degli operatori. —
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