In un’atmosfera rovente, degna dei momenti decisivi della storia repubblicana francese, Marine Le Pen, leader del Rassemblement national, ha scagliato nell’assemblea nazionale la sua arringa contro il governo di Michel Barnier, ormai sull’orlo del baratro. «Siamo giunti al momento della verità, che pone fine a un governo effimero», ha dichiarato con toni che sembrano già scolpiti per i manuali di storia. All’estremità opposta dell’emiciclo, Eric Coquerel, deputato de La France insoumise di Mélenchon, rincarava la dose: «Michel Barnier cadrà nel disonore».
Con mozioni di sfiducia già pronte da ore, come un colpo in canna pronto ad esplodere, il destino del governo macroniano pare essere già segnato. Marine Le Pen, non ha esitato a puntare il dito anche contro presidente Emmanuel Macron. «È tra le sue fila che l’intransigenza, il settarismo e il dogmatismo hanno impedito al primo ministro qualsiasi concessione che avrebbe evitato questo epilogo».
La giornata, già definita storica dai commentatori politici, potrebbe rappresentare un punto di svolta mai visto dal 1962. Michel Barnier, a soli 91 giorni dal suo insediamento, rischia di diventare il premier più effimero della Quinta Repubblica. La leader del Rn ha affondato il colpo su un bilancio definito «tecnocratico, privo di direzione e visione». Per Le Pen, il governo ha scelto di ignorare il totem dell’immigrazione incontrollata, uno dei temi più caldi nel panorama politico francese. «Il bilancio che respingiamo oggi non si limita a rinnegare le vostre promesse. Continua a scivolare verso il basso, ignorando i veri problemi come l’immigrazione incontrollata».
Marine Le Pen ha poi rivolto il suo ultimatum a Macron, sottolineando che «è alla sua coscienza decidere se può sacrificare l’azione pubblica e il destino della Francia al suo orgoglio». Parole che echeggiano come un ultimatum. «Se decide di restare, sarà costretto a constatare di essere il presidente di una Repubblica che, a causa sua, non è più del tutto la Quinta», sentenzia Marine.
Non bastano gli attacchi di Laurent Wauquiez, leader dei repubblicani, che accusa il Rn di una sorta di «allenanza» con la gauche radicale. Ma Le Pen non accetta critiche e come aveva già detto: «Utilizzare il Nouveau front populaire come un semplice strumento non è un’alleanza, ma una necessità politica imposta dall’intransigenza di questo governo».
La sfiducia, secondo i membri del Rn, non è una scelta ma un obbligo morale. Julien Odoul, deputato del partito, ha confermato: «L’intero gruppo voterà la sfiducia». Il messaggio è chiaro: abbattere un governo considerato disconnesso dalle preoccupazioni reali dei francesi. «I francesi non si aspettano miracoli, ma che facciamo un lavoro utile» ha concluso Marine Le Pen.
Intanto, il presidente francese è di ritorno questa sera dalla visita di stato in Arabia Saudita troverà uno scenario tutt’altro che sereno. La sua priorità, dicono stretti collaboratori citati da Bfm, è «non apparire senza un governo davanti a Trump, che sarà a Parigi nel weekend per la riapertura di Notre-Dame». Secondo la fonte, «è una questione di credibilità per la Francia».
Ma chi potrebbe sostituire Barnier? I nomi sul tavolo spaziano da François Baroin a François Bayrou, passando per Bernard Cazeneuve. Nessuno, però, sembra in grado di placare le tensioni che lacerano l’Assemblea. Sullo sfondo, lo spettro delle elezioni anticipate si fa sempre più concreto.
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