PAVIA. Non solo un procedimento penale: sul caso della chat sessista alla Canottieri Ticino c’è anche un’inchiesta della Procura federale. Alcuni soci, tra quelli che si erano scambiati messaggi e foto su tre giovani donne che frequentavano il centro, sono infatti tesserati Fit, la Federazione italiana tennis. La stessa società, la Canottieri Ticino, è affiliata alla Fit.
La Procura federale valuta quindi anche il comportamento della società, attraverso l’organo che la rappresenta, cioè il Consiglio, e verifica se ci sono gli estremi per sanzionarla. Al momento, da quanto si è saputo, tre dei soci coinvolti nella chat avrebbero raggiunto un accordo per chiudere la propria posizione con una multa e un periodo di sospensione di tre mesi (una sorta di patteggiamento), mentre per un quarto (che è anche consigliere) il procedimento va avanti. La Procura federale ha il compito di accertare eventuali irregolarità, sul piano della correttezza sportiva ed etico, o di violazione delle norme del regolamento.
L’inchiesta penale
Sono valutazioni diverse rispetto ai risultati dell’inchiesta giudiziaria: le indagini per diffamazione condotte dalla Pm Valentina Terrile, infatti, si erano chiuse con la conferma dell’accusa per i quattro soci, mentre per tre era stata chiesta l’archiviazione. Il procedimento penale per loro deve ancora essere definito. Anche in questo caso potrebbero scattare sanzioni attraverso decreti penali di condanna (non si andrebbe quindi a processo).
Il caso era esploso un anno fa, a settembre, dopo la denuncia di tre giovani donne, che avevano scoperto una chat di WhatsApp (“Polemici 2023”) in cui alcuni soci si scambiavano foto e commenti volgari su di loro e altre frequentatrici del centro. Le tre donne avevano saputo dell’esistenza della chat da un “pentito”, che non condividendo il contenuto dei messaggi aveva deciso di spifferare tutto.
Da qui l’esposto, sia al collegio dei probiviri (poi dimissionario) che in procura, per l’ipotesi di diffamazione. La società, dal suo canto, ha nominato un legale per tutelare la sua immagine.
Secondo gli accertamenti della pm (che aveva sentito diversi testimoni) avrebbero commesso diffamazione solo alcuni partecipanti alla chat: il socio consigliere, che per questa vicenda fu sospeso dal collegio dei probiviri per tre mesi, e altri tre soci. Altri tre indagati, che erano presenti nella chat, avrebbero avuto un ruolo solo marginale e per loro è stata chiesta l’archiviazione.
L’esposto di tre giovani
Sia l’indagine penale che quella della Procura federale erano partite dall’esposto presentato dalle tre giovani donne. Sarebbe stato un partecipante al gruppo, che non condivideva il tenore delle conversazioni, a mettere al corrente le giovani di alcuni messaggi e foto che i partecipanti alla chat si scambiavano tra di loro.
Il contenuto della chat che finisce nelle mani delle giovani sembra non lasciare spazio ad equivoci: i messaggi che i partecipanti si scambiano sono commenti su particolari fisici delle tre donne ma ci sono anche allusioni a presunte relazioni di alcune ragazze con altri soci. Il tutto condito con pesanti battute a sfondo sessuale e insulti. L’accusa ipotizzata, cioè la diffamazione, riguarda i casi in cui qualcuno, «comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione» e prevede la reclusione fino a un anno o la multa fino a 1.032 euro. —