«Ci siamo trovati nel mezzo della rissa, non abbiamo fatto niente».
Adnan Ramadani e Imer Imeri, al momento dell’arresto, hanno tentato di smarcarsi dalle responsabilità più pesanti. I due uomini di origini macedoni fermati lunedì sera dopo l’accoltellamento dei fratelli Van e Alfred Koxha hanno parlato d’impulso, prima ancora di consultarsi con gli avvocati che sono stati assegnati loro d’ufficio, ed è quindi possibile che davanti al giudice per le indagini preliminari, quando le loro parole avranno quindi tutto un altro peso, scelgano una diversa linea, che potrebbe essere anche quella di una scena muta.
Ramadani, 30 anni esatti, è stato bloccato dai militari del reggimento Serenissima con un coltello tra le mani e, per questo, per lui l’accusa è di omicidio; Imeri, classe 1975, quando è stato raggiunto dai soldati era disarmato, quindi dovrà rispondere della partecipazione alla rissa - non un reato da poco, comunque, visto che la legge prevede uno scatto di pena sensibile quando lo scontro si risolve nella morte di uno dei coinvolti.
E Van Koxha - 41 anni, passaporto albanese - si è spento in ospedale, ucciso dalle pugnalate che l’hanno raggiunto al petto e alla schiena.
Il pubblico ministero Giovanni Zorzi entro oggi dovrà mandare avanti le carte agli uffici della giudice Carlotta Franceschetti, che avrà altre 48 ore per convalidare l’arresto dopo aver ascoltato i due macedoni: tempi stretti, in realtà, scanditi dal codice di procedura penale e che, se non venissero rispettati, renderebbero inefficace il fermo (comunque solo dopo la valutazione a riguardo del giudice).
Ramadani e Imeri, che non risulterebbero stabili sul territorio veneziano, presenterebbero due profili per cui una misura cautelare restrittiva sarebbe comunque molto probabile, anche solo per scongiurare il rischio di fuga, ma solamente il gip potrà decidere a riguardo.
Ci sono anche motivi d’indagine che giustificherebbero la scelta di trattenere in carcere i due macedoni anche dopo le quattro giornate previste come massimo: alla rissa consumatasi lunedì sera tra viale Paolucci e via Rizzardi avrebbero partecipato anche altre persone: la ricostruzione delle primissime ore voleva almeno quattro albanesi contro altrettanti uomini originari della Macedonia, ma non è affatto detto che il numero sia confermato, anche questo aspetto sta venendo approfondito in queste ore, con gli investigatori della squadra Mobile della questura di Venezia impegnati a scandagliare i filmati di tutte le telecamere presenti in piazzale Giovannacci e dintorni.
Non è l’unica verifica in corso, ovviamente: la caccia agli altri responsabili dello scontro avviene anche grazie ai cellulari dei quattro volti ormai noti alle forze dell’ordine - i due arrestati, la vittima e il fratello ferito - subito sequestrati dall’autorità giudiziaria e ora passati al setaccio dagli esperti informatici che, però, devono anche affidarsi all’aiuto degli interpreti per poter leggere a fondo le conversazioni presenti nelle chat, le mail, le ricerche e le diciture delle rubriche, dove si possono individuare i nomi dei contatti abituali.
E poi c’è il fronte d’indagine più “tradizionale”, quello che parte proprio dalle testimonianze: non solo gli interrogatori di Ramadani e Imeri, ma anche le dichiarazioni di Alfred Koxha, dimesso dall’ospedale dell’Angelo nella mattina di martedì e quindi ascoltato negli uffici di Santa Chiara per ottenere un’altra versione dei fatti. Lo scontro è stato da subito collegato all’ambiente degli “scatolettisti”, i truffatori specializzati nella variante veneziana del gioco delle tre carte, ma non è chiaro se quello che ha avuto luogo a Marghera sia stato un regolamento di conti tra due diverse bande o tra due frange dello stesso gruppo, per la suddivisione dei profitti o del territorio.
Infine, l’ultimo punto di domanda riguarda l’arma del delitto: c’è il coltello strappato dalle mani del 30enne, ma è possibile che nella rissa sia spuntata più di una lama. In questo caso saranno gli specialisti della scientifica a fare chiarezza, partendo proprio dal pugnale già in loro possesso.