I “casoni” dei pescatori, le loro inconfondibili “batele”, i ferri del mestiere gettati in acqua per assicurare la cena alle proprie famiglie, l’incedere della dura quotidianità dei tempi andati, l’antico spirito della vita in laguna, l’orgoglio identitario di un’intera comunità.
Si appresta a sbarcare a Roma la testimonianza di com’era - e, almeno in parte, di com’è ancora - la vita sull’Isola d’Oro. Siamo infatti al conto alla rovescia che porterà, sabato 7 dicembre, all’inaugurazione del presepe monumentale di Grado, scelto da Papa Francesco, attraverso il suo staff, per accompagnare l’atmosfera di Natale in piazza San Pietro fino al 12 gennaio.
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Per l’orgoglio di un territorio sì, ma anche per un ritorno d’immagine “fuori stagione” senza precedenti. Due anni fa l’onore era toccato ai cugini friulani di Sutrio, uno dei luoghi-simbolo dei presepi in Fvg.
Ora la scena se la prende l’Isola d’Oro, che a sua volta vanta una lunga tradizione in materia. Proprio giovedì mattina i volontari che si stanno occupando dell’operazione sono partiti da Grado alla volta della capitale con i pezzi (minuziosamente catalogati) del presepe, costruito in questi mesi in gran segreto (il Vaticano vuole sia svelato solo in loco) e che provvederanno poi a rimontare in piazza San Pietro.
L’inedito convoglio annovera due camion, con un paio di container ciascuno, e un terzo mezzo telonato. Dentro ci sta la grande opera, di ben 14 metri per 30, che verrà installata vicino all’obelisco, ai piedi della basilica.
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Il materiale, una volta assemblato, ricreerà l’ambiente lagunare dell’isola nei primi del Novecento, rievocando - oltre che la Navitità, chiaramente - i luoghi abitati a quei tempi da centinaia di gradesi.
Ecco allora la “mota”, l’isoletta sopra la quale troverà posto il grande “casone”, i capanni di servizio, il lungo argine di un centinaio di metri, che i volontari hanno trasformato, modellandolo, da semplice polistirolo in roccia, e le “batele” (ce ne saranno due), le barchette a fondo piatto per girare fra i bassi canali della laguna. Ed ecco poi la ventina di statue, pregne di quel fango che caratterizza gli ambienti lagunari, realizzate da Lorenzo Boemo e dalla figlia Francesca, l’erba, le piante, gli uccelli e altro ancora, che solamente il 7 dicembre potrà essere scoperto. Tutto fatto a mano, e tutto chiaramente smontabile e rimontabile, a moduli, per consentire un trasloco così imponente da Grado fino a Roma e ritorno.
È il compimento di una storia che parte da lontano, su iniziativa di Antonio Boemo, storico corrispondente del Piccolo, che è anche il curatore dell’iniziativa. Da allora il progetto è stato visto e rivisto, forte dell’appoggio e del coinvolgimento diretto di una serie di associazioni attive sul territorio e dei rapporti allacciati con la Regione e il Comune di Grado, che sostengono l’operazione, oltre che, naturalmente, con l’Arcidiocesi di Gorizia e la Parrocchia arcipretale di Grado.
Fondamentale, e ci mancherebbe, il lavoro di squadra onorato dai volontari gradesi, artisti, professionisti ed esperti nelle rispettive competenze per le quali sono stati chiamati a collaborare. Per la realizzazione materiale dell’opera ci sono poi voluti circa due anni. Ora l’atto finale. Il più atteso.
Lo scarico dei primi materiali in piazza San Pietro e il loro rimontaggio inizierà venerdì, a nove giorni dall’inaugurazione prevista nel pomeriggio del 7 dicembre, che sarà preceduta al mattino dall’udienza della delegazione gradese in Sala Nervi davanti a Bergoglio.—