False esenzioni vaccinali: a processo un medico e due commercianti. Il dottor Luca Favero, veneziano, iscritto all’Ordine dei Medici di Padova, insieme a Gianantonio Montagner e Mery Pegolo sono imputati di falso ideologico in certificati commesso da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.
Favero era medico di base e guardia medica a Livinallongo del Col di Lana e nel mirino c’è il rilascio delle esenzioni contro il Covid-19, eseguite tramite la vecchia procedura.
Dall’8 febbraio 2022 il medico avrebbe dovuto fare le esenzioni online, usando un Qrcode e una password personale. I casi specifici riguardano il 10 dello stesso mese, e il cambiamento del procedimento era stato comunicato a tutti i camici bianchi con una mail che potrebbe anche non essere stata visionata. In discussione c’è inoltre la congruità delle esenzioni fatte a due pazienti.
Il sanitario è difeso di fiducia dall’avvocato Paolo Zornitta, mentre dei due coimputati si occupano Giorgio Azzalini e Jenny Fioraso. Nell’udienza predibattimentale di ieri mattina gli avvocati hanno chiesto il proscioglimento, mentre il pubblico ministero Sandra Rossi ha ottenuto il dibattimento dal giudice Luca Berletti. La prima udienza è già stata fissata per il 15 maggio dell’anno prossimo.
Nel dicembre 2021, Favero era stato sospeso dall’Usl 3 Serenissima di Venezia che non aveva riconosciuto l’esenzione con cui motivava di non essersi sottoposto a vaccinazione.
Successivamente, osservato l’obbligo ma ancora in attesa di essere reintegrato dall’Ordine dei Medici di Padova, aveva continuato a svolgere l’attività professionale.
Secondo lui, Montagner e Pegolo avevano tutti i requisiti necessari a chiedere la dispensa dal siero, ma la Procura della Repubblica di Belluno non la pensa alla stessa maniera, e perciò all’epoca dei fatti ha disposto una perquisizione dei suoi due ambulatori montani, dove sono stati sequestrati telefono e computer.
I carabinieri sono andati anche nel negozio dei due coimputati, mettendo sotto sequestro i documenti. Entrambi sono di fuori provincia e, in Alto Agordino, svolgevano un servizio soltanto di carattere stagionale.
I tre imputati sostengono di non aver fatto niente di irregolare e penalmente rilevante, mentre per la pubblica accusa sono colpevoli di un reato, che è punito con una pena fino a un anno di reclusione.