PAVIA. Ci sono altri carabinieri che accusano Maurizio Pappalardo, 61 anni, l’ufficiale dei carabinieri in congedo ed ex comandante del Nucleo informativo agli arresti domiciliari per le accuse di corruzione e stalking. I verbali degli interrogatori di questi militari, che hanno lavorato per anni con lui, sono stati prodotti ieri dalla procura nell’udienza al tribunale del Riesame di Milano, al quale la difesa di Pappalardo ha presentato ricorso contro gli arresti domiciliari. All’udienza era presente l’avvocato difensore Franz Sarno e i due sostituti procuratori Andrea Zanoncelli e Alberto Palermo, titolari insieme ai colleghi Chiara Giuiusa e Stefano Civardi dell’inchiesta denominata “Clean 2”.
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Il Riesame non si è pronunciato (ha diedi giorni di tempo per farlo), ma l’udienza di ieri ha portato alla luce altri atti di indagine. I colleghi di Pappalardo, sentiti dagli inquirenti, hanno detto che l’ufficiale «faceva favori a tutti e chiedeva a sua volta favori». Qualcuno si è soffermato sulla personalità dell’indagato, che «si sentiva potente», citando anche episodi specifici. Nel faldone depositato dalla procura ci sono anche alcune conversazioni telefoniche di Pappalardo.
I motivi del ricorso
L’avvocato Sarno ha presentato ricorso ritenendo che le esigenze cautelari non ci siano, perché Pappalardo non ha più un incarico nell’Arma (si è congedato l’anno scorso ad aprile) e quindi non può reiterare i reati (avrebbe abusato del suo ruolo per commettere una serie di atti di corruzione e di persecuzioni ai danni dell’ex fidanzata).
«Ho posto la questione dell’opportunità della custodia cautelare in assenza dei presupposti – si limita a dichiarare Sarno –. La custodia deve basarsi su fatti concreti e non supposizioni. Attendo l’esito del Riesame e poi valuterò il dà farsi».
L’avvocato cita poi l’articolo della Costituzione sul principio di non colpevolezza e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo sulla presunzione di innocenza: «Nessuno è colpevole fino a che non c’è una sentenza che lo dice».
Il faldone dei pm
Per i magistrati della procura di Pavia, invece, i presupposti per l’arresto ci sono tutti: a parte i gravi indizi di colpevolezza, per la procura ci sono sia il pericolo che Pappalardo reiteri il reato sia che inquini le prove durante una fase ancora delicata delle indagini, per via delle sue conoscenze e della rete di contatti.
Ieri sono stati depositati i verbali di alcuni carabinieri che lavoravano con Pappalardo, ma tante persone che hanno avuto legami con l’indagato, professionali e personali, devono infatti ancora essere sentite.
Si indaga su alcuni fascicoli
Uno dei fronti ancora da approfondire riguarda anche il possibile condizionamento dell’attività della polizia giudiziaria, in relazione ad alcuni fascicoli di indagine, a causa della rete di interessi privati e scambio di favori. Pappalardo, infatti, è accusato di corruzione proprio per avere ottenuto, secondo la procura, informazioni riservate dal carabiniere forestale Antonio Scoppetta (anche lui accusato di corruzione e stalking e ora in carcere a Opera) relative a procedimenti penali, tra il 2015 e il 2019, in cambio di favori, regali e altri servizi.
Un carabiniere, sentito già a maggio, ha raccontato che anche dopo il 2019 «Pappalardo era di casa negli uffici, veniva e faceva quello che voleva, gli venivano dati fascicoli in mano da visionare, non so perché. Io non chiedevo nulla, non contavo nulla, perché non ero del giro». Il testimone cita invece altri colleghi della polizia giudiziaria, che sarebbero stati coinvolti nel meccanismo di ingerenze da parte di Pappalardo e di favori.
Perquisite le abitazioni dei familiari di alcuni indagati
Si allarga l’indagine sui controlli nei cantieri, denominata dagli inquirenti “Clean 3”. Nell’inchiesta, che vede cinque persone indagate, sono state finora eseguite 19 perquisizioni, anche nell’abitazione dei familiari di alcuni indagati. L’indagine, assegnata ai magistrati Valentina De Stefano e Alberto Palermo, riguarda i controlli in cantieri edili e ristoranti da parte di alcuni componenti del Nil, il Nucleo dei carabinieri dell’Ispettorato del lavoro. Controlli - questa è l’ipotesi - che potrebbero essere stati addomesticati in cambio di denaro o altri servizi. E a caccia di soldi sono andati i finanzieri nelle perquisizioni eseguite, nella mattinata del 13 novembre, in Sardegna, negli alloggi di alcuni familiari del brigadiere del Nil, Daniele Ziri, indagato in questo procedimento insieme ai colleghi Sergio Buccellato, anche lui al Nil, a Maurizio Pappalardo, al militare Alessandro Calvi e a Fernando Di Fiore, all’epoca dei fatti al Nil e oggi dirigente di Ats Pavia. Questo procedimento nasce dall’operazione “Clean 1”, scattata il 27 novembre 2023, che riguardava i lavori alla scuola di San Genesio: un controllo al cantiere, gestito da Ziri, è finito sotto la lente degli inquirenti. Ziri e Pappalardo sono indagati per corruzione in relazione ad alcuni controlli in ristoranti che si sarebbero conclusi con sanzioni ridotte: la destinazione dei soldi è ancora al centro degli accertamenti, perché in alcuni casi il denaro delle multe non sarebbe arrivato all’Ispettorato del lavoro. Almeno in un caso, poi, è stato anche scovato un modello F23 (di quelli usati per pagare le sanzioni) contraffatto. Per Buccellato c’è invece un’ipotesi di falso in relazione a un verbale. Nell’ambito di questo fascicolo sono state eseguite diverse perquisizioni, anche a carico di costruttori e professionisti che non risultano però indagati.