Il consiglio di amministrazione di Banco Bpm ha respinto l’offerta pubblica di scambio (Ops) da 10,1 miliardi di euro presentata ieri da Unicredit, giudicando la proposta non vantaggiosa per i propri azionisti e ritenendo che le condizioni offerte non rispecchino adeguatamente il valore e le potenzialità dell’istituto. La decisione è stata comunicata in una nota diffusa dalla banca di piazza Meda nella tarda mattinata, in cui si specifica che l’offerta non è stata concordata previamente. Contemporaneamente si infiamma il fronte politico mettendo anche a rischio la solidità della maggioranza: da una parte c’è la Lega che con attraverso Matteo Salvini si oppone vigorosamente all’operazione sostenendo che Unicredit, visto il suo azionariato dove spiccano Blackrock e Allianz deve essere considerata una banca straniera. Dall’altra parte c’è Flavio Tosi che respinge la dichiarazione del segretario leghista sostenendo che il governo non può mettere alcun veto in quanto Unicredit è a tutti gli effetti una banca nazionale avendo sede a Milano e pagando le tasse al fisco italiano. La scelta di far intervenire Tosi non è certamente casuale: si tratta dell’ex sindaco di Verona e nella città scaligera c’è la sede legale di Banco Bpm. Il suo intervento sembra quasi una benedizione dell’operazione.
Dunque su questa partita si sta aprendo un doppio fronte: politico con nuove tensioni che attraversano i partiti che sostengono il governo e finanziario seguendo le mosse dei diversi protagonisti.
Secondo il cda di Banco Bpm, l’offerta, interamente in azioni, prevede un premio di solo lo 0,5% rispetto al prezzo ufficiale del titolo del 22 novembre, ma implica uno sconto del 7,6% rispetto al prezzo di ieri visto il calo delle quotazioni di Unicredit. Una situazione assolutamente inusuale per operazioni di questa tipologia. Il cda ha anche espresso preoccupazione per le ricadute occupazionali e sociali derivanti dalle sinergie di costo stimate da Unicredit, pari a 900 milioni di euro. Nonostante la promessa di sinergie, la banca afferma che queste non sono sufficientemente valorizzate nelle condizioni dell’offerta.
Un altro punto sollevato riguarda l’adozione della passivity rule, che limiterebbe la flessibilità strategica di Banco Bpm. Questo aspetto potrebbe interferire con altre operazioni in corso, come l’offerta pubblica di acquisto su Anima, e compromettere la posizione del gruppo in altre iniziative strategiche, come l'investimento in Banca Monte dei Paschi di Siena (Mps). La passivity rule ridurrebbe la libertà d’azione del management, già impegnato in un piano di crescita organica che ha visto importanti successi, come l’integrazione tra Bpm e Banco Popolare.
Nel contesto dell’offerta di Unicredit su Banco Bpm, sono emerse anche preoccupazioni legate alla posizione di Amundi, il principale asset manager europeo, che ha visto un calo del 4,5% del suo titolo a Parigi, dopo il downgrade da parte di JPMorgan. Gli analisti della banca statunitense hanno sottolineato che l'incertezza riguardante l'accordo di distribuzione tra Unicredit e Amundi potrebbe pesare negativamente sugli utili del gestore francese, in particolare in Italia, dove Unicredit è uno dei principali partner di Amundi. Se la fusione tra Unicredit e Banco Bpm dovesse andare a buon fine, potrebbero esserci ripercussioni sulle commissioni di distribuzione e potenzialmente dei deflussi di capitali, con un impatto stimato del 12% sui risultati di Amundi nel 2027.
Intanto, Banco Bpm continua a portare avanti la sua offerta su Anima, con la presentazione dei documenti ufficiali prevista per oggi. Nonostante le turbolenze derivanti dalla proposta di Unicredit, la banca rimane concentrata sull'attuazione delle sue strategie e nel perseguire il suo obiettivo di crescita, rimanendo in attesa di ulteriori sviluppi.