Si è conclusa con risultati incoraggianti la ventinovesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (Cop29), un appuntamento cruciale per il futuro del pianeta. A Baku si sono riuniti rappresentanti di oltre 190 paesi, esperti climatici, ONG e attivisti, impegnati a definire insieme soluzioni concrete per contrastare il riscaldamento globale. La Cop29 è stata caratterizzata da un duplice obiettivo: consolidare gli obiettivi internazionali per contenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e definire strategie per una transizione ecologica ed energetica più inclusiva e giusta.
Uno dei temi centrali è stato il ruolo della finanza climatica, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Cop della finanza per il clima”. Al termine di lunghe negoziazioni, è stato concordato lo stanziamento di 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035, destinati ai paesi in via di sviluppo per progetti di mitigazione e adattamento. La struttura di queste risorse rappresenta una svolta significativa: non si tratta di un fondo unico gestito centralmente, bensì di capitali provenienti sia da finanziamenti pubblici sia da investimenti privati. La priorità sarà data a iniziative mirate, come progetti di riforestazione, sistemi di difesa contro gli eventi climatici estremi e programmi di decarbonizzazione.
L’attuazione dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi ha inoltre stabilito regole più chiare per il funzionamento dei mercati del carbonio. Ogni paese potrà generare crediti di emissione attraverso progetti di riduzione delle emissioni, creando una rete internazionale in cui collaborazione e innovazione diventino pilastri fondamentali.
Il cambiamento climatico non è soltanto una questione ambientale, ma anche sociale. La Cop29 ha posto l’accento sulle disuguaglianze che la crisi climatica amplifica, colpendo in modo sproporzionato le popolazioni più vulnerabili. In questo contesto, l’Italia ha ribadito il proprio impegno verso un approccio pragmatico e bilanciato, caratterizzato dal principio della neutralità tecnologica. Un aspetto particolarmente importante è stato il riconoscimento della necessità di una transizione energetica che tenga conto delle peculiarità sociali ed economiche dei diversi sistemi produttivi globali. Come dichiarato anche dal Presidente Meloni, è necessario procedere con realismo, senza cedere a estremismi ideologici, valutando ogni opzione ad oggi disponibile.
Un altro elemento centrale emerso durante i lavori è stato il coinvolgimento attivo della società civile. I delegati hanno sottolineato che il successo della transizione ecologica dipenderà dalla partecipazione delle persone, resa possibile attraverso tre parole chiave: discussione, istruzione e consultazione. Educare i cittadini sui temi climatici, coinvolgerli in processi decisionali e promuovere il dialogo tra istituzioni e comunità locali sono stati identificati come strumenti essenziali per costruire consenso attorno alle politiche ambientali. Nonostante i risultati raggiunti, alcune criticità rimangono. I 300 miliardi di dollari annui previsti per il 2035 rappresentano un passo avanti, ma non soddisfano pienamente le richieste iniziali dei paesi in via di sviluppo, che puntavano a una cifra superiore e a un accesso più diretto ai finanziamenti a fondo perduto. Inoltre, il percorso verso la neutralità carbonica richiederà ulteriori sforzi per garantire che le emissioni globali inizino a diminuire rapidamente già entro il prossimo decennio.
La Cop29, nonostante le difficoltà, rappresenta un nuovo punto di partenza. Gli occhi del mondo sono ora puntati sulla prossima conferenza, la Cop30, che si terrà nel 2025 a Belém, in Brasile. Una scelta simbolica che riflette l’importanza cruciale delle foreste tropicali nel contrastare il cambiamento climatico e proteggerne la biodiversità. In questo contesto, il messaggio che emerge è chiaro: indietro non si torna. La strada verso un futuro sostenibile è tracciata, ma richiede determinazione, impegno e collaborazione da parte di tutti.
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