Da piazza Ponterosso a piazza Hortis per dire basta alla violenza di genere. È il percorso della manifestazione transfemminista “Ci vogliamo viv3 e liber3, disarmiamo il patriarcato” organizzata da Non Una di Meno a Trieste che ha visto la partecipazione di un migliaio di persone, secondo le organizzatrici, e di circa seicento secondo la Questura. Poco prima di partire tutti i presenti sono stati invitati a sedersi a terra per osservare un minuto di silenzio in memoria delle 104 vittime del 2024 (dato all’8 novembre dell’osservatorio di Non una di meno) per poi rialzarsi lanciando un grido fortissimo all’unisono: «Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce».
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Un corteo, durato un paio d’ore, al quale lungo il percorso si sono aggiunti altri partecipanti: dai circa 300 iniziali si è passati ad almeno il doppio all’arrivo in piazza Hortis. «Quella di questa sera è una manifestazione molto importante per rivendicare qualcosa che dovrebbe essere naturale e normale – hanno detto le organizzatrici –, ma non è né naturale né normale perché la discriminazione è sistemica e attraversa i tempi e gli spazi. Semplicemente, almeno se ne parla un po’ di più. Finalmente. Per noi è molto importante costruire comunità e quando noi diciamo “non mi difende la polizia, mi difendono le mie amiche”, intendiamo proprio questo, costruire una collettività che abbia cura delle singole persone e un’educazione che abbia cura del rispetto e della parità fra i generi. Perché non è la repressione che risolve i problemi, ma l’educazione e un modo diverso di fare società».
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Lungo il percorso il corteo non ha mai smesso di esprimere il dolore e la rabbia per le donne uccise. L’ha fatto in una sorta di percorso a tappe intervallato dagli slogan urlati a gran voce, quello più ripetuto “Insieme siam partite, insieme torneremo: non una, non una, non una di meno”. Poi, momenti di riflessione su molti temi come il lungo racconto del caso della francese Gisele Picot, accompagnato dalla considerazione che «non sono le vittime che si devono vergognare, restare in silenzio e nascondersi ma gli stupratori. Lo stupratore non è malato ma figlio sano del patriarcato». Hanno parlato di salute, consultori accessibili, Ddl sicurezza, per passare al progetto dell’Ovovia e agli scuolabus della Nazario Sauro di Roiano. Un momento è stato dedicato alla Palestina con l’urlo di tutto il corteo “Le donne lo sanno da che parte stare: Palestina libera dal fiume fino al mare”.
Infine il corteo è stato accolto in piazza Hortis da un gruppo di donne davanti all’installazione dei fazzoletti fucsia che ricordano le vittime di femminicidio. Gli ultimi atti della manifestazione sono stati la lettura dei nomi delle vittime del 2024, un momento dove ognuno ha potuto portare la sua testimonianza, e la performance del gruppo Danza Resistenti. —