La Lega va sempre più a destra. C'è il generale Vannacci e ci sono le esternazioni di Matteo Salvini, ad esempio sulle «zecche rosse».
A Fabio Fazio, che gli ha chiesto se questa sia la strada giusta, il presidente del Veneto Luca Zaia, ospite a Che Tempo Che Fa, ha risposto: «Dovremo ritarare molte scelte. L’identità va di pari passo con il consenso. E io sono anche convinto che la partita identitaria sia fondamentale. Il mondo guarda alla moderazione, bisogna essere progressisti sui temi etici», ha risposto il presidente del Veneto, sottolineando che ci sia una Lega della politica e una Lega degli amministratori. E che vada quindi fatto un distinguo.
Parole molto chiare, insomma, su ciò che dovrebbe fare il Carroccio per invertire la tendenza che lo vuole sempre più in difficoltà. Anche rispetto alle altre compagini della maggioranza.
Sulle mire dei due alleati di governo, che punterebbero a prendersi la sua regione, Zaia si è limitato a qualche battuta. Mettendo in chiaro che per circa un altro anno lui resterà alla guida. E su quanto avverrà dopo, la partita è lontana dall’essere chiusa: «I sindaci e i presidenti di regione sono le due cariche che non possono essere rinnovate. Con la legge attuale io non posso essere rieletto. Negli anni io credo che questa legge cambierà, perché il blocco del terzo mandato è un’anomalia. Su quello che farò io se non potrò ricandidarmi, non lo so. Per 11 mesi ho ancora la regione e penserò a questo».
Sul fronte dell’Autonomia, invece, il punto di partenza è stato chiaramente la battuta d’arresto ai negoziati imposta dai rilievi dei giudici costituzionali: «Evitiamo le mistificazioni rispetto alla sentenza della Corte. La Consulta ha fatto delle osservazioni, ad esempio dicendo che il Parlamento deve potere emendare le intese tra governo e regioni, non solo approvarle. Poi ha parlato dei Lep, che finalmente sono stati resi obbligatori da questo governo. I Lep non nascono per l’Autonomia, nascono per risolvere dei problemi di diseguaglianza in questo Paese», ha sottolineato Zaia.
Per poi insistere sul fatto che la riforma non spaccherà il Paese, come dicono le opposizioni, lasciando indietro le regioni meno abbienti: “Dobbiamo puntare alla virtuosità ed evitare che qualcuno resti indietro. Ma non si può andare avanti sempre con il freno a mano tirato. Non possiamo pensare che se qualcuno è più in difficoltà, allora vada abbassata l’asticella”.
Sui timori, espressi sempre dal centrosinistra, che dietro alla legge Calderoli si nascondano ancora le vecchie aspirazioni secessioniste del suo partito, Zaia ha detto: “La secessione è stata una provocazione. Bossi con le provocazioni lanciò una questione rocambolesca e illegale, il referendum sulla secessione. Non è stata una fase semplice nemmeno per me, che in quel momento ero amministratore in provincia di Treviso. Io ho giurato sulla Costituzione da ministro. Comunque Bossi una cosa la ottenne, cioè la riforma del Titolo V”.
Infine, Zaia ha commentato le parole del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valdiatara, che hanno attirato non poche polemiche in questi giorni: “Gino Cecchettin è un grande uomo. Su temi come questi non ci vorrebbe polemiche. Immagino che il ministro Valditara non volesse essere inopportuno con le sue frasi, ma stiamo parlando di una ragazza uccisa da un ragazzo italianissimo. Siamo davanti a un bollettino di guerra, il 60 per cento delle violenze avviene da parte degli italiani, in famiglie. È un problema culturale”.