«Paura da Londra a Varsavia: niente difese per abbattere i nuovi missili di Putin». Titolava così, ieri, Repubblica, tracciando un quadro che sembrava gettare l’Europa in uno stato di impotenza di fronte alle nuove minacce balistiche russe. Ma è davvero così? E soprattutto, l’Italia è in grado di difendersi da una simile minaccia, nell’ambito del sistema Nato?
Il Generale Giuseppe Morabito, esperto di difesa e geopolitica, offre una visione alternativa, smontando l’allarmismo del quotidiano. Generale di Brigata (aus.) dell’Esercito italiano, senior fellow del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli e membro del Direttorato della Nato Defence College Foundation, Morabito analizza le reali capacità italiane e le prospettive della difesa europea.
Generale, Repubblica parla di un’Europa inerme di fronte alla minaccia balistica russa. Può chiarire quali sistemi difensivi occidentali sono già operativi o in fase avanzata di sviluppo? L’Oreshnik rappresenta davvero una minaccia senza contromisure?
«L’Oreshnik è un missile balistico ipersonico a medio raggio, capace di colpire obiettivi in tutta Europa e di eludere le difese aeree con una velocità dieci volte superiore a quella del suono. La vera minaccia è la tecnologia MIRV (Multiple Independently Targetable Reentry Vehicle), che consente al missile di rilasciare testate multiple e indipendenti, capaci di colpire bersagli diversi. Questa tecnologia, finora associata esclusivamente ai missili nucleari, è particolarmente insidiosa perché riesce a superare le difese antimissile: anche intercettando alcune testate, altre potrebbero comunque raggiungere gli obiettivi.
Ad oggi, l’Europa non dispone di una difesa integrata contro simili minacce. Ogni attacco richiederebbe il coordinamento tra più Paesi, con sistemi distribuiti lungo le frontiere esterne, terrestri e navali, supportati da una rete di allerta precoce con una forte componente spaziale. Per realizzare tutto questo, è indispensabile un sistema centralizzato di comando e controllo. Oggi, purtroppo, l’Europa sarebbe impreparata.»
La collaborazione tra Leonardo e Rheinmetall e il rapporto Draghi puntano all’autonomia europea nella difesa. Quali risultati concreti sono stati raggiunti?
«La joint venture tra Leonardo e Rheinmetall è un passo deciso verso l’indipendenza europea, con lo sviluppo di veicoli militari da combattimento. Ma resta il nodo dei finanziamenti: solo dieci Stati Ue rispettano l’obiettivo Nato del 2% del Pil per la Difesa, contro un quadro americano molto più solido e sempre pronto ad innovarsi.
L’Ue investe poco anche nel settore spaziale: 13,87 miliardi di euro nel 2023, contro i 73 miliardi degli Stati Uniti. Per costruire un’autonomia reale, tutti gli Stati membri devono rispettare gli impegni di spesa e puntare su tecnologie emergenti. Infatti, il rapporto presentato da Mario Draghi evidenzia la necessità di cambiamenti radicali, che includono anche sicurezza e posizionamento strategico.
Dunque, la sicurezza europea passa da investimenti coordinati e strategie condivise.»
La frammentazione tra il sistema di difesa antimissile Arrow e il Samp/T italo-francese è davvero uno spreco oppure questa diversificazione può rafforzare la difesa europea?
«Non è uno spreco, ma una sfida politica e industriale. Italia e Francia puntano sul Samp/T, prodotto da Eurosam, come simbolo di indipendenza tecnologica europea. La Germania, invece, si affida a Patriot americani e sistemi israeliani nell’ambito dell’European Sky Shield Initiative.
L’Italia ha già investito 3 miliardi per dieci sistemi Samp/T di nuova generazione, con consegne previste entro il 2026. La vera sfida è integrare le diverse soluzioni nazionali in una rete comune. Solo così l’Europa potrà proteggere i propri cieli senza dipendere da fornitori extra-UE.»
Repubblica sottovaluta il peso industriale e tecnologico dell’Europa nella difesa. Come si collocano i consorzi europei come Mbda e le collaborazioni internazionali nella costruzione di un arsenale credibile e competitivo contro quello russo?
«L’Europa ha un peso industriale significativo, ma soffre di una frammentazione che ne riduce l’efficacia. Una maggiore sinergia tra Nato e Ue rappresenterebbe un vantaggio reciproco. In questo contesto, un rafforzamento delle capacità europee nelle questioni di difesa risulterebbe vantaggioso per l’Alleanza Atlantica.
Un passo cruciale sarebbe l’avvio di un programma industriale europeo per la difesa, mirato a rafforzare la competitività e ridurre la frammentazione esistente. Creare un mercato unico della difesa, superando le barriere protezionistiche dei singoli Stati, è essenziale per garantire all’UE una maggiore capacità di risposta alle minacce.
La cooperazione tra Stati Membri, Ue e Nato deve essere intensificata, con uno scambio di informazioni mirato a definire le reali esigenze di difesa.
L’introduzione di bond congiunti per finanziare il settore, insieme a un aumento dei fondi del Fondo europeo di difesa (oggi a 8,5 miliardi di euro), rappresenterebbe una soluzione efficace per liberare risorse strategiche.
Sul fronte del confronto con Mosca, l’adozione di una legge spaziale europea potrebbe consolidare un mercato unico del settore spaziale, rafforzandone l’autonomia strategica. Infine, è fondamentale sbloccare i fondi già stanziati per la difesa e superare le attuali limitazioni protezionistiche, per costruire una capacità comune realmente integrata.
L'articolo L’intervista. Il Generale Morabito: “L’Europa può difendersi, ma serve più sinergia per proteggere il continente” sembra essere il primo su Secolo d'Italia.