L’ultimo caso si è abbattuto come un fulmine a ciel sereno la scorsa settimana. Chiuderà il Fondaco dei Tedeschi, il polo del lusso di Rialto, lasciando a casa 340 persone tra dipendenti diretti (226) e indotto.
Quella della Speedline di Santa Maria di Sala è una vertenza che si trascina da quasi tre anni, precipitata per la crisi dell’automotive.
Nel mezzo tante altre situazioni difficili, dalla Superjet di Tessera all’Unitrans di Pianiga fino alla Lafert di San Donà, dove oltre settecento persone stanno facendo cassa integrazione.
Nel complesso, oltre 1.500 lavoratori veneziani vivono con il fiato sospeso, tra chi rischia di trovarsi senza lavoro e chi sta affrontando la cassa integrazione.
Crisi aziendali molto diverse, ma in cui è possibile ravvisare un minimo comune denominatore: una proprietà straniera oppure riconducibile a grandi gruppi multinazionali.
Tanto da riaccendere i dubbi di chi guarda con sospetto alle proprietà arrivate da lontano che, a differenza dell’imprenditoria locale, sembrano non avvertire un senso di responsabilità verso il territorio in cui operano.
Il caso più eclatante è quello del Fondaco dei Tedeschi, la cui proprietà è del gruppo francese Lmvh, il polo del lusso che ha aperto a Rialto nel 2016. Poco più di una settimana fa Dfs, la società che lo gestisce, ha annunciato la chiusura a settembre.
Il problema occupazionale riguarda 226 dipendenti, a cui si aggiungono più di un centinaio di addetti nell’indotto. Per un totale di oltre 340 persone a rischio. Dfs fa parte del gruppo francese Lvmh, multinazionale con sede a Parigi e riconducibile al magnate Bernard Arnault.
Fiato sospeso anche per il futuro dei 120 lavoratori di Superjet, l’azienda aeronautica di Tessera nata come joint venture controllata da capitali italiani e russi. Lo scoppio della guerra in Ucraina e le sanzioni contro Putin hanno portato al congelamento delle azioni russe.
Il piano di rilancio prevede l’ingresso del fondo MarkAb Capital degli Emirati Arabi, disposto a rilevare le quote russe. Ma è trascorsa la scadenza del 31 ottobre, indicata come cruciale per l’azienda, e la partecipazione degli emiratini non si è sbloccata. Superjet ha fatto sapere di avere liquidità fino a fine anno. Fanno sperare i segnali di apertura arrivati dal Comitato di sicurezza finanziaria, senza il cui via libera l’operazione non può concludersi.
È corsa contro il tempo per la Speedline di Santa Maria di Sala, che produce cerchioni per auto. Lo scorso ottobre il Tribunale ha dichiarato lo stato di insolvenza dell’azienda, passaggio propedeutico all’avvio della procedura di amministrazione straordinaria. Commissario è stato nominato l’ex parlamentare Maurizio Castro.
Adesso si attende la presentazione di un piano industriale, indispensabile per dare continuità all’attività. La relazione sullo stato dell’azienda è già stata inviata nei giorni scorsi per conoscenza al Comune e alle parti sociali. In ansia per il loro futuro ci sono 270 lavoratori.
La crisi di Speedline è iniziata nel dicembre 2021, quando il fondo svizzero Ronal annunciò la dismissione dello stabilimento salese. Nel 2023 l’azienda è passata al fondo tedesco Callista.
È riconducibile a una proprietà lussemburghese, invece, la Unitrans, marchio storico che da oltre mezzo secolo produce furgoni frigo.
L’azienda sta vivendo una crisi anomala, legata soprattutto alla disponibilità della sede operativa di Pianiga. Nel frattempo un creditore ha presentato istanza di fallimento. Il 28 novembre è atteso un pronunciamento del Tribunale. Sono 50 i lavoratori che rischiano di perdere il posto.
Molto diversa la situazione della Lafert, azienda di San Donà che realizza motori elettrici. L’azienda, che fa parte del gruppo giapponese Sumitomo, sta subendo un rallentamento della produzione (nei mesi scorsi il calo degli ordini è stato del 33%), per la crisi del mercato tedesco e italiano.
L’azienda sta ricorrendo alla cassa integrazione, in maniera parziale e flessibile, per i 750 dipendenti. Lafert confida in una ripresa dal secondo semestre del 2025. In provincia preoccupano pure le sorti dell’ex Mira Lanza, dopo le voci sull’ipotesi che Reckitt Benckiser possa vendere alcuni segmenti aziendali. Senza dimenticare il boom di richieste di cassa integrazione nel distretto calzaturiero della Riviera del Brenta, che lavora per i marchi del lusso francese.