PAVIA. Un assistente sociale che possa essere presente nel pronto soccorso degli ospedali di Pavia, Voghera, Vigevano e Broni-Stradella per stare accanto con la giusta delicatezza alla donna che giunge dopo avere subito violenza. E una formazione sempre più mirata agli operatori delle strutture sanitarie ma anche di tutte le altre che hanno a che fare a vario titolo con le vittime.
Rete antiviolenza
Alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 novembre, a Palazzo Mezzabarba si è riunita ieri la Rete Interistituzionale Territoriale Antiviolenza di Pavia (con il Comune capofila), che coinvolge enti e istituzioni pubbliche, presidi ospedalieri e sanitari, forze dell'ordine, centri antiviolenza, sindacati, ordini professionali e collegi.
L'occasione è stata presentare il progetto "Noi ci siamo: ritroviamoci nelle differenze", finanziato da Regione Lombardia con Asst capofila e che ha gli obiettivi di sensibilizzazione, informazione e intervento a supporto delle donne vittime di violenza. «La nostra rete di cooperazione è un modello virtuoso che tanti ci invidiano – ha sottolineato l'assessora regionale Elena Lucchini– nella nostra Regione sono state prese in carico dai centri antiviolenza 5.810 donne nel 2024. Per loro abbiamo finanziato su scala regionale undici progetti di autonomia abitativa e lavorativa». La difficoltà principale che emerge a livello pavese, ma non solo, come ha sottolineato l'assessora alle pari opportunità Alessandra Fuccillo, è quella di raccordare tra loro i vari enti in maniera da far confluire la donna ai centri antiviolenza sparsi sul territorio.
Collegamenti da stabilire
A Liberamente, ad esempio, quasi mai accedono donne inviate direttamente dal pronto soccorso. Magari arrivano solo dopo le dimissioni e in forma personale, non mandate da alcuno. O più probabilmente arriveranno solo dopo reiterate violenze subite, visto che i dati di Liberamente mostrano come le donne si presentino a loro dopo almeno cinque anni di botte incassate in silenzio. Urgente quindi far emergere tutto quel sommerso che ancora non riesce a venire in superficie. «La violenza esiste, bisogna imparare a riconoscerla e a farla riconoscere -ha commentato Paola Tavazzi, di Liberamente- le donne faticano ancora molto a chiederci aiuto».
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La voce dei dirigenti
«Il primo punto in cui è necessaria la formazione adeguata è il pronto soccorso - ha spiegato il direttore generale di Asst Andrea Frignani- bisogna formare medici e infermieri e lavorare sui nostri giovani». Ecco allora la necessità di inserire la figura dell'assistente sociale in pronto soccorso, presente spesso ma comunque reperibile sempre.
«Stiamo già procedendo ai colloqui per le assunzioni – ha fatto presente Giuseppina Grugnetti, dirigente delle professioni sanitarie al San Matteo – che ha anche ricordato come al San Matteo da due anni sia attivo un fil-rouge che collega pronto soccorso, pronto soccorso ostetrico e pronto soccorso pediatrico». I tempi dunque per l'introduzione dell'assistente sociale saranno molto brevi, probabile già la disponibilità dall'inizio del 2025.
Interessante anche il coinvolgimento nel progetto dell'Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna), del Serd e del Cps. «Noi ci sentiamo coinvolti perché abbiamo più di una situazione relativa a donne vittima di violenza – ha ribadito Paola Fontana, responsabile dell'Uepe di Pavia – certamente subire maltrattamenti in famiglia per anni può anche portare a commettere un reato. Così come può portare a fare uso di sostanze stupefacenti o alcol, per cercare di affrontare il trauma. Ciò che si deve sapere è che intorno ad ogni caso c'è tutto un mondo che è fondamentale conoscere».