Con Matteo Berrettini che ha vinto quattro volte su quattro con Van de Zandschulp e con Jannik Sinner che ha vinto cinque su cinque con Griekspoor (anche se diverse partite sono state assai combattute…Jannik non vi sembra migliorato ultimamente?) mi sembra proprio difficile che all’Italia possa sfuggire la seconda Coppa Davis consecutiva, la terza della sua storia dopo quella jurassica del 1976 a Santiago del Cile.
Eppure negli ultimi 10 anni l’hanno vinta 10 nazioni diverse. E l’ultima ad aver realizzato la doppietta è stata la Repubblica Ceca, nel 2012 e nel 2013, contando sul duo Berdych e Stepanek, forti in singolare e pure in doppio. Allora si giocava ancora con il format tradizionale, quattro singolari e un doppio e lasciatemi dire che allo stato attuale delle cose se si ritornasse a quella formula l’Italia sarebbe la grande favorita, tutt’al più insieme agli Stati Uniti, di tutte le prossime edizioni della Coppa Davis per diversi anni. Non dimentichiamo che Sinner ha compiuto 23 anni il 16 agosto e che attorno a lui, salvo il ventottenne Berrettini, sono in tanti gli under 24 compres.
Con questa formula invece, dando ormai per quasi scontata l’invincibilità presente e futura (almeno per un po’, siete d’accordo?) di Sinner che pare davvero essere di un’altra categoria di fronte a quasi tutti gli altri top-players – uniche possibili eccezioni Carlos Alcaraz e, quando non evapora, il miglior Sasha Zverev- il rischio che il nostro n. 2 (sia esso Musetti, Berrettini, Cobolli, Arnaldi o Darderi) possa perdere e che quindi sia il doppio a decidere le sorti della Davis, purtroppo sussisterà spesso. E il doppio è una specialità “ballerina” che emette i suoi verdetti su pochi punti, talvolta anche piuttosto casuali.
Così noi italiani si è tirato tutti un bel sospiro di sollievo quando nel duello fra i n. 2, Berrettini e Kokkinakis, Matteo è riuscito a conquistare il punto che ha evitato a noi, e per primo forse anche a lui, di dover mettere a repentaglio la vittoria nel doppio che non dovrebbe assolutamente valere il 33% dei punti. Questa è la vera stortura della formula attuale, al di là del fatto che tanto in singolare come in doppio la distanza dei due set su tre non sempre dice la verità, a differenza del match tre set su cinque.
Il match che Berrettini ha vinto, per la verità con pieno merito, è stato incerto – più che equilibrato – per 2 ore e 35 minuti, fino cioè al 5 pari del terzo set.
In quel frangente è arrivato quel colpo miracoloso che – ha raccontato Matteo strappando un momento di ilarità che non avremmo certamente vissuto più tardi nella moscia, moscissima, quasi triste conferenza stampa che ha fatto seguito alla vittoria di Sinner su de Minaur …sembrava quasi, ascoltando sia Sinner sia Volandri che non fossimo arrivati in finale, davvero zero entusiasmo, zero allegria – “Vincenzo Santopadre mi diceva che era il dritto di Castrichella! E che mi ricordo di aver fatto un’altra volta contro Gaston a Kitzbuhel, un colpo che capita di giocare sulla terra battuta quando sei lontano dalla palla dalla parte del dritto…”.
Beh è stato davvero il colpo del match, una rasoiata con taglio sotto la palla che è partita incrociata bucando l’aria con un angolo incredibile e una velocità impressionante, sfiorando il nastro e lasciando di sasso, attonito, l’incredulo Kokkinakis. Un vero colpo del k.o. L’australiano ha guardato Hewitt come per dirgli: “Ma hai visto? Come è possibile fare un colpo così?”.
Beh, quel colpo ha avuto un impatto devastante sulla sua psiche. Kokkinakis ha commesso due errori gratuiti di seguito e perso tre punti di fila e il servizio. In pratica la partita. Il tennis è anche questo. Basta un nonnulla, una magia, e la testa si perde, non connette più, come sconquassata.
Insomma un colpo alla…Castrichella (!) – chi lo intervista domani? – ha deciso un match che, avevo sottolineato poco sopra, essere stato di equilibrio relativo. Infatti c’è stato il primo set perduto da Berrettini nonostante i tre setpoint all’attivo per i quali – va anche detto- se non li ha saputi sfruttare un po’ è colpa sua e un po’ ovviamente anche merito di Kokkinakis. In particolare per quel passante di rovescio lungolinea che ha tirato fuori dal cilindro a seguito di un attacco un tantino timido di Berrettini sul secondo setpoint (ma il primo del tiebreak, sul 6 punti a 4 per Matteo). Non potevo disporre del replay, a bordo campo e dalla parte opposta, ma ho come avuto la sensazione che Matteo ci potesse arrivare e d’istinto l’abba giudicata fuori e lasciata andare.
Però dal 2-1 in poi del secondo set Mateo ha letteralmente dominato ben otto game di servizio su nove.
Par giusto ricordare che Matteo si era trovato a dover salvare una preoccupante pallabreak nel terzo game del secondo set e lo ha fatto grazie a un servizio vincente a 218 km orari. Chissà che sarebbe potuto succedere se quella battuta non gli fosse entrata.
Ma poi in quel set ha tenuto tre game di battuta a zero. E, vinto il secondo set per 6-3, Matteo ha subito avuto 2 pallebreak nel primo game del terzo set. Non è riuscito a brekkare Kokkinakis fino al 5 pari, però ha perso solo quattro punti in quattro turni di battuta e soltanto in un altro – sul 3-2 per l’australiano – gli ha permesso di raggiungere il 40 pari, ma senza concedere alcuna palla break.
Infatti Kokkinakis, rimproverandosi scarso “focus” sul 4-3 per Berrettini nel secondo set quando ha avuto la palla del 4 pari, ha spiegato con grande onestà: “Dopo Berrettini non mi ha più dato neppure una chance. Ha servito un incredibile 89% di prime palle nel terzo set! Rimpiango solo quel break subito nel secondo set…ho perso la concentrazione per un attimo…Poi lui ha fatto quel colpo incredibile sul 5-5 15-0 per me…un colpo che gli può riuscire una volta su 100. Lì dopo ho fatto un paio di errori…”
Matteo è stato davvero bravo a non perdersi d’animo dopo quel primo set perso a quel modo. Tre setpoint mancati sapendo che su almeno due avrebbe potuto far decisamente meglio. Il primo perso dopo uno scambio di una dozzina di colpi un po’ troppo prudenti, conservativi, il secondo già descritto. Solo per il terzo l’australiano ha servito bene e Matteo non poteva aver rimpianti. Proprio nulla da rimproverarsi. Però psicologicamente poteva essere un brutto colpo.
“Mi ha aiutato la fiducia della squadra, mi dicevano tutti che giocavo meglio di lui, che se fossi arrivato al terzo set avrei vinto io il match. Il fatto che lo pensassero tutti mi ha fatto bene…”
Quella è stata – come si era anticipato in tutte le salse – una vittoria decisiva per l’Italia e la conquista della seconda finale. Ma è una vittoria molto importante anche per Matteo singolo tennista che non ha avuto tante occasioni – fra un infortunio e l’altro e anche diversi sorteggi sfortunati – di giocare tante partite. Di crescere in fiducia, di salire in classifica. Si era dato l’obiettivo di conquistare un posto tra i primi 32 del ranking ATP per poter essere testa di serie all’Australian Open ed evitare qualche altro sorteggio maligno. Ne è rimasto fuori di poco, n. 35. E non si sa se potrà prima del primo Slam conquistare la posizione desiderata. Potrebbe anche mancare qualcuno all’appuntamento di Melbourne, però. Matteo lo spera. Le sue dichiarazioni le abbiamo pubblicate pochissimi minuti dopo che le ha rese. Spero proprio che i lettori si rendano conto della assoluta tempestività con le quale sia a Torino sia qui a Malaga …- e lungo tutto l’anno – riusciamo a darvi subito conto di quel che dicono i giocatori. Se potete fatelo sapere ai vostri amici che ancora non conoscono Ubitennis. L’efficace lavoro della nostra redazione ne verrebbe gratificato. Abbiamo avuto spesso più di 250.000 lettori al giorno nell’ultimo periodo, non pochi… – effetto Sinner ma non solo – ma mi stupisco che ancora ci siano grandi appassionati che ho incontrato qui a Malaga e ancora non ci conoscono. Voi potete aiutarci ad allargare il nostro bacino d’utenza. Non facciamo clic-baite, ma contiamo sul passaparola. Per la verità alcuni mi hanno detto di essersi iscritti al canale di Ubitennis su YouTube, per ricevere le notifiche dei miei video. Anche quelli di solito vengono pubblicati nei cinque minuti successivi alla conclusione di una partita.
Mentre seguivo il match di Matteo Berrettini ho notato, e lo avrebbe rilevato anche lo stesso Kokkinakis, che il rovescio slice di Matteo gli dava particolarmente noia se la palla gli arrivava sul dritto. Matteo ha raccontato, vedi sua intervista, come e perché ha cominciato a praticare quel colpo da bambino e anche dopo. Kokkinakis si è stupito però dei suoi errori: “Di solito con il dritto mi trovo proprio bene sui colpi slice”. Non oggi.
Quel rovescio slice è una delle armi più efficaci di Matteo sull’erba. Dove,a cominciare dalla finale di Wimbledon e di successi al Queen’s e a Stoccarda, ha colto i risultati pi brillanti. Ma ha funzionato molto bene anche qui sul cemento del Martin Carpena di Malaga. La differenza con lo slice di Musetti sta nella diversa velocità, la palla non si ferma come quella di Lorenzo. Inoltre Matteo lo utilizza in maniera più aggressiva. E non passa quasi mai alto sopra la rete. Spesso dà anzi la sensazione che la palla possa non passare. E talvolta lo segue anche a rete.
Della partita di Sinner avrete letto la cronaca. Jannik ha detto di essersi sentito meglio oggi rispetto a giovedì contro Baez, anche se il punteggio non sembra averlo rilevato. Ma va detto che de Minaur ha giocato molto meglio di altre volte. Molto più aggressivo e intraprendente. Si vedeva che ci teneva molto a non deludere Hewitt che lo aveva scelto nonostante gli otto precedenti negativi, sebbene molti pensassero che avrebbe potuto scegliere Popyrin. Quando ha sbagliato l’ultima palla de Minaur ha scagliato per terra la racchetta con una rabbia e una violenza che non gli avevo mai visto mostrare. Per Jannik questa volta è stata tutt’altro che una passeggiata.
Perché poi nella conferenza stampa, che avrebbe potuto essere gioiosa e celebrativa, l’atmosfera non fosse per nulla allegra, non so spiegare.
Forse dovremo abituarci. Perché ormai le vittorie di Jannik vengono date per scontate. E anche se lui dice sempre che la partita è stata difficile, nessuno ha più l’aria di crederlo. Chissà magari domani sarà diverso. Con l’Olanda l’Italia ha perso una sola volta su 10, la primissima, nel 1923. Non credo che perderà questa domenica con questa squadra che pure ha già fatto il miracolo di eliminare la Spagna e anche la Germania senza dover ricorrere al doppio che con Krawitz e Puetz sarebbe stato difficile portare a casa anche se Koolhof sa giocare da fenomeno…Chiedere informazioni a Alcaraz e Granollers!
Un aspetto curioso è che l’Olanda è riuscita conquistare la sua prima finale dopo 107 anni dalla sua prima partecipazione alla Coppa Davis. E un’altra curiosità sta nel fatto che se Van de Zandschulp e Koolhof non avessero vinto a Bologna il doppio contro Vavassori e Bolelli sul 2-0 per l’Italia l’Olanda sarebbe stata eliminata. Insomma gli olandesi devono all’Italia se sono arrivati fin qui.
Ma che dopo nove sconfitte in nove incontri di singolare fra i loro due tennisti e i nostri domani accada qualcosa di opposto, mi sembrerebbe davvero inverosimile.